Verso il referendum e oltre

A Casteldaccia (PA) si discute attorno ai quesiti del referendum dell’8-9 giugno 2025
Si è tenuto il 3 giugno 2025, a Casteldaccia, un momento di confronto sul prossimo referendum abrogativo su lavoro e cittadinanza. Presenti, oltre a me Giuseppe Canale, socio della scuola di formazione etico-politica "Giovanni Falcone", Nino Amato, segretario del circolo PD locale, e Dario Fazzese della Camera del Lavoro CGIL di Bagheria.
Sottolineata, da tutte e tre le parti, l’importanza del referendum che ci chiama a esprimere direttamente su disposizioni legislative che toccano nodi vitali della nostra coesistenza civile, come il diritto al reintegro per i lavoratori licenziati ingiustamente, la tutela nelle piccole imprese, il contenimento della precarietà contrattuale, la sicurezza negli appalti e, non da ultimo, l’accesso alla cittadinanza per chi vive stabilmente nel nostro Paese, rappresenta uno dei rari momenti in cui la sovranità popolare, quella vera, si manifesta senza intermediazioni.
È a partire da questo orizzonte comune che il mio intervento ha desiderato orientare criticamente verso il senso della possibilità che il voto referendario ci offre in quanto espressione pienamente democratica.
- Casteldaccia, 3 giugno 2025 - Referendum-Sì
Ho ritenuto opportuno, considerate anche le recenti affermazioni riecheggiate in questi ultimi giorni circa l’invito a non andare a votare, proporre una lettura differente, altra: mi si ripresentò alla memoria - illuminato da un presente buio - un testo non proprio recente ma sempre attuale di Gustavo Zagrebelsky dal titolo Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini (Laterza, 2014). Lo stesso Zagrebelsky parte dal presupposto che è sempre più visibile, e oggi più di ieri ne siamo tristemente testimoni, una de-generazione della democrazia. Da questo, ancor prima dei quesiti referendari, anch’essi certamente fondamentali, ho voluto che si iniziasse a dialogare. Senza una solida base democratica che, purtroppo, via via sembra perdere la (sua) capacità apprensiva e di coinvolgimento, perché non alimentata o, peggio, perché volutamente abbandonata a se stessa, i cittadini stenteranno a credere come fondamentale la propria espressione libera (e liberante) di voto davanti ai cinque quesiti proposti. Infatti, se manca la sostanza, la forma diviene priva di contenuti: è ciò che progressivamente sta accadendo alla nostra democrazia che è base strutturale e strutturante del nostro fare politico. Un fare che diviene s-fare a causa di una classe politica pessima paralizzata nella rappresentanza, incapace di progettazione, manchevole di significato nei programmi politici e stupidamente predominante di una visione (solo) tecnica ed esecutiva che uccide la forza/le forze della cittadinanza che, per vocazione, è partecipazione e coinvolgimento - nella pluralità - dell’unità.
Ecco, infine, la necessità, scomodando sempre il caro Zagrebelsky, di un discorso sui fini. Questa proposta referendaria, così come ho voluto sottolineare a conclusione del mio intervento, ci offre la possibilità di fare i conti con ciò che effettivamente un fine oggi pare non averlo più: il lavoro e la cittadinanza. È una occasione, indipendentemente dalla scelta, che non va assolutamente offuscata da affermazioni e ideologismi che mortificano questa nostra amata Repubblica che, come ricordato qualche giorno fa in occasione della sua Festa, ha la sua origine proprio da una scelta democratica.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -