Venezia impacchettata e regalata ai super ricchi per le nozze “No limits” di Bezos

Mercato immobiliare, turismo di massa e una amministrazione comunale compiacente hanno impacchettato la città e la sua scenografia come fosse un prodotto, ancora purtroppo fastidiosamente frequentato da qualche migliaio di ragazzi che non si rassegnano a fare da comparse in una delle capitali mondiali del teatro e della sua storia. Toni Jop (Strisciarossa).
Forse, da qualche parte, questo intenso contatto tra uno degli uomini più ricchi e potenti del globo e Venezia, il palcoscenico più sontuoso e insieme malioso della terra, fornirà elementi utili per capire soprattutto ciò che sta accadendo all’intera umanità e cosa prometta il futuro, che terreni di conflitto imporrà il potere, cosa vorrà da ciascuno di noi e in cambio di non-si-sa-che.
La gran festa per il matrimonio (che sta già saturando il voyeurismo delle centrali del “fashion”) decolla in queste ore. E già la vaghezza dei tempi d’avvio dice bene come da parte degli organizzatori si sia provveduto ad accampare più piani di sviluppo alternativi per l’evento, ben oltre la lettera “B”. Nessuna certezza, o quasi, a proposito di dove come e quando, tanto per non programmare nei fatti momenti di crisi e di tensione con la massa dei giovani veneziani e di molte sigle ambientaliste che contestano non tanto il contatto tra i due soggetti, Bezos e Venezia quanto piuttosto i modi di questa relazione, ciò che il fatto davvero rende esplicito e cioè che se hai soldi puoi comprare la città, l’intera città e usarla come fondale del tuo senso del potere.
Jet privati, gondole, yacht
Poi ci sono nomi e cifre, a corollario. Un’ottantina di jet privati in aeroporto, mentre dal mare scivoleranno in laguna una decina di superyacht. Doveva esserci anche Koru il super-veliero del “padron di casa”, Bezos, ma pare che non ci sarà, glielo avranno sconsigliato. Così non arriverà nemmeno quell’altra barca comunque lunga decine di metri (in pratica fa da “tender” al veliero padronale) che, nonostante la sua modestia, è un po’ la notizia: questa seconda imbarcazione serve solo da scalo per elicotteri e da contenitore delle auto che eventualmente il bravo Bezos oppure la gentile consorte, l’ex giornalista Lauren Sanchez, sull’onda della gioiosa unione, avranno voglia di guidare una volta scesi a terra. Soldi ben spesi, senza ironia: se esiste un modo per girare il mondo incrementando la confortevolezza garantita dalla terraferma, ci siamo, i nuovi ricchi hanno imparato presto.
L’infornata di vip
Una quarantina di taxi d’acqua sempre a disposizione, giorno notte, tappe a San Giorgio, nel verde, all’Abbazia della Misericordia (antichi solenni mattoni), gli spazi dell’Arsenale (frammenti di crociate), duecento invitati, molti ricchi in un modo esagerato, da Bill Gates e Mark Zuckerberg in poi, e una pioggia di bei nomi, da Leonardo Di Caprio a Ophra Winfrey, da Lady Gaga a Elton John e tanti altri. Tutto bene, annettendo nell’arco di tre -quattro giorni, anche una bella serie di feste che illumineranno i davanzali in genere tristemente bui di un po’ di palazzi sul Canal Grande. Eppure, non è un re, non è un maharaja, non è un personaggio strettamente politico e le sue nozze non sono nozze di Stato, non è il presidente cinese che è venuto a sposarsi in laguna.
Venezia è bene avvezza a queste ricorrenze istituzionali, da un po’ di secoli, tra l’altro, per cui è quasi impossibile attribuire all’onda contestatrice che sta accompagnando con costanza il parto di questo evento una vena provinciale intinta in un mediocre campanilismo. E’ un imprenditore, ma capace di accumulare capitali con una velocità mai verificata prima, in grado anche da solo di mostrare oggi quanto siano tremendamente distanti i livelli di potere almeno nella società occidentale.
Greenpeace e le tasse non pagate da Bezos
Pare che per un certo tempo sarà impossibile prenotare con urgenza un passaggio dal parrucchiere attorno a San Marco. La grande festa eccita il bulbo, altra cosa da tenere a mente. Bezos è un imprenditore che a quanto pare tratta piuttosto male i suoi dipendenti, non “scuce” volentieri, e questo è brutto, se intanto ti porti appresso uno yacht solo per gli elicotteri e le Ferrari. Non c’è stile in questo, come nel cercare di non pagare tutte le tasse che devi, tutto questo sa di vecchia broda più che di scintillante aria dei tempi nuovi. Greenpeace, tra le sigle che sostengono la protesta, giusto ieri ha detto a Bezos qualcosa di simile, in Piazza San Marco, con un enorme lenzuolo che recitava “Se puoi affittare Venezia per il tuo matrimonio, allora puoi pagare più tasse”.
Intanto, lui con le sue nozze “no limits”, con il suo sterminato parterre di ricchi e famosi, con la sua capacità di usare tutto ciò che a lui di Venezia interessa, semplicemente pagando per averla a disposizione come mai era avvenuto prima, può rendere visivamente espliciti alcuni tratti dei tempi nuovi. A cominciare dall’avvenuto scivolamento del potere dal piano istituzionale a quello finanziario: se oggi esiste qualcuno che può aspirare all’ “impero” non è più una testa coronata ma uno che fa anche consegne a domicilio mentre opera nei mercati finanziari al computer e pare fregarsene di razze e nazioni, il suo interesse vola alto su questo ben piantato scenario.
Sulle orme di Trump
Messa così, tutta l’avventura di Bezos sembra un positivo passo nell’emancipazione delle “classi inferiori” dell’umanità. Di più: i celebri tempi nuovi, per altro verso, sembrano discretamente maturi, o desiderosi di maturità, almeno da quando Trump, un giocatore d’azzardo più che un imprenditore, è riuscito a conquistare non una ma due volte la Casa Bianca con il caldo conforto di Putin che ora ha un suo uomo in un posto di ottima visibilità, centrale certamente per l’intero Occidente. Soprattutto iterando la vittoria, Trump ha lasciato intendere a chi fa affari globali che la sua forza attrattiva oltre che elettorale può stabilizzare un sistema, un suo ordine in cui la sola cosa chiara è che i ricchi molto ricchi governeranno il pianeta, o quel che ne resterà, mentre i peones sono inchiodati al ruolo di peones, poiché qualcuno deve pur farlo ed è inutile chiedere volontari.
Se si vuole dividere l’immensità del nuovo potere che avanza, basta stare vicino a lui, Trump. E Bezos ha capito, come tanti altri, come tutti gli altri figli di questa nuova fase del capitalismo cresciuti nella Silicon Valley. Lui che aveva inizialmente schierato il “suo” Washington Post contro il presidente che quantomeno ha accettato l’assalto al Campidoglio, si è convertito alla nuova religione e ora, abbracciato l’amico Donald, veleggia nella storia del mondo con la sufficienza e la strafottenza di un dio – vedi come si è mosso a Venezia -, o, nella versione più laica, uno dei pochi “prescelti”.
Il liberal pentito
Ma, in fondo, che dovrebbe pensare di sé stesso un tipo che maneggia più soldi e potere di uno Stato di buone finanze? Deve pensare che questo è il mondo nuovo, che nessuno lo fermerà, che nessuna stanca assemblea elettiva, residuo dell’era costituzionalista delle democrazie occidentali, potrà mai batterlo o costringerlo ad altro ruolo, diverso da quello che gli ha fatto balenare Trump per convincerlo ad amarlo: stiamo formando la nuova classe dirigente non degli Stati Uniti, ma dell’Occidente e noi ne saremo gli interpreti principali, noi ricchi fuori-targa, noi i cui affari si allargano sul globo, noi i padroni del futuro.
La conversione ha un prezzo che evidentemente si può pagare: il blocco trumpiano non vuol sentir parlare di clima, di sanità pubblica, di diritti civili, di accoglienza, di sostegno verso chi non ha nulla. E Bezos, che pure all’inizio della sua avventura sembrava un liberal molto sensibile ai diritti civili, ha “pagato”; in cambio, fin qui, ha ottenuto la presenza annunciata ai suoi festeggiamenti matrimoniali di due figli di Trump, Ivanka con la sua famiglia e Donald junior probabilmente in segno di affettuosa riconoscenza.
Ecco chi è Bezos e forse anche perché la sua venuta in laguna è stata salutata da un coro combattivo – “No space for Bezos” – e non disposto a cedere la palla. Tutto ciò che rappresenta fa a pugni con la civiltà di un sogno – la democrazia progressiva – che ha nutrito miliardi di esseri umani e ha dato senso e dignità alle loro esistenze. Se, come i veneziani ridotti a meno di cinquantamila, sei già sofferente, e in larga misura proprio in virtù di un capitalismo senza controllo che sfrutta e cancella i territori, avverti meglio la potenza devastante del messaggio che origina da queste nozze.
Mercato immobiliare, turismo di massa e una amministrazione comunale compiacente hanno impacchettato la città e la sua scenografia come fosse un prodotto, ancora purtroppo fastidiosamente frequentato da qualche migliaio di ragazzi che non si rassegnano a fare da comparse in una delle capitali mondiali del teatro e della sua storia. Vogliono far vedere al mondo che hanno capito il gioco e che non ci stanno, che non ci staranno, nessuna violenza, pura, ragionevole, dura e ferma resistenza. Gratis.
Questo articolo di Toni Jop è stato diffuso da StrisciaRossa.
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