Una rete ospedaliera “ospedalcentrica”

Un sistema, diciamo come stanno realmente le cose, che non garantisce più l’universalità con crescenti diseguaglianze e non pochi squilibri territoriali...

di Luigi Boggio - giovedì 12 luglio 2018 - 8249 letture

La nuova rete ospedaliera di Razza-Musumeci, bellissima quanto mai, nell’impostazione segue con qualche variante nei numeri dei primariati e dei posti letto quella del precedente governo, anche nelle attenzioni verso le sfere d’influenza politico-clientelari. Che è uno dei nodi cronici del sistema sanitario “ovunque” insieme alle lunghe liste d’attesa e la corruzione.

Un sistema che pur essendo prevalentemente pubblico è già da tempo un sistema “misto” con un ruolo del privato sempre più espansivo nell’erogazione dei servizi sanitari e delle cure.

Nell’ultimo rapporto Censis è venuto fuori che gli italiani per curarsi hanno pagato di tasca propria 39,7 miliardi di euro. Un fenomeno in costante crescita in direzione pure dei fondi sanitari integrativi con circa 7 milioni di assistiti e una raccolta premi di 550 milioni di euro. Secondo il rapporto il costo maggiore ricade soprattutto sui più deboli: il 58% delle cure acquistate privatamente riguarda i cronici, il 15% le persone con patologie acute e oltre il 12% i non autosufficienti.

E’ stato valutato che il costo pro-capite sostenuto dagli anziani si aggira su 1356 euro annui. Una situazione drammatica tenendo presente anche tutte quelle persone che rinunciano alle cure.

Un sistema, diciamo come stanno realmente le cose, che non garantisce più l’universalità con crescenti diseguaglianze e non pochi squilibri territoriali. Quando si preparano i piani anche quello che si muove nel privato e nel mondo assicurativo andrebbe tenuto presente per tenere i vari fili insieme e per evitare la marginalità della presenza pubblica.

Il limite della nuova rete ospedaliera è nella stessa impostazione metodologica “ospedalecentrica” in quanto non affronta il rapporto con il territorio e la presenza del privato nelle realtà al fine d’avere un quadro d’insieme completo.

Un quadro utile e necessario per capire meglio i servizi che si offrono nei vari territori in rapporto ai bisogni della popolazione, alle criticità da superare e alla quantificazione dei costi dei servizi erogati. Una questione quest’ultima essenziale al fine di una migliore utilizzazione delle risorse finanziarie per evitare altri tagli che poi ricadono sempre sulla qualità dei servizi e sui ceti meno abbienti.

Sull’ospedale di Lentini nulla di nuovo come la volta precedente ci hanno lasciati in mezzo al guado pur avendo tutte i presupposti di un possibile salto da ospedale di base a quello di 1 livello. Gira voce che bisogna accontentarsi. Non sarà mai perchè attendiamo ancora delle risposte sul completamento degli organici e una migliore organizzazione e funzionalità del distretto. Riprendere l’idea, che si era affacciata la volta precedente, dell’integrazione degli ospedali di Augusta e di Lentini non sarebbe sbagliata anche per superare il decreto Balduzzi sulla popolazione e avviare un cammino diverso.

Restando le due strutture in mezzo al guado i rischi d’essere trascinati dalle correnti bisogna tenerlo sempre presente. Dalle nostre parti l’abbiamo capito, spetterebbe anche ad altri capirlo.



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