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Un poeta in ascolto

Davide Aricò. Giustificato di voce (Edizioni del Calatino, 2010)

di Maria Gabriella Canfarelli - domenica 12 maggio 2013 - 4828 letture

Davide Aricò. Giustificato di voce (Edizioni del Calatino, 2010)

Un poeta in ascolto della vita, della natura e degli uomini. In folgorante sintesi Davide Aricò scrive di paesaggi quotidiani tra vento e mare, aria e acqua. Paesaggi e situazioni umane interiorizzati e restituiti in forma di visione rivelatrice espressa in pochi versi.

Condensato del mondo, essenza: nessun dualismo, nessuna separazione, piuttosto una consapevole unione con il soggetto della contemplazione, in Giustificato di voce (Edizioni del Calatino, 2010), un libriccino di versi con cui l’autore, dall’alto della rocca di Acicastello, del castello di cui è custode e di cui dunque possiede le chiavi (anche metaforiche) osserva e ascolta e scrive, accoglie la realtà con la delicatezza dell’ospite che non vuole turbare l’equilibrio del principio ordinatore: Cinque chiavi/per tre cancelli e due porte./Scrivi di me/ha chiesto il nido cadendo.

Astante stupito di fronte al creato, del creato Aricò restituisce ariosi e liquidi bozzetti, acquerelli in cui la dicotomia vita/morte si stempera, rientra nell’ordine del mondo con semplici versi che illuminano sia l’ insieme che il particolare. Acquerelli d’ acqua marina nello spazio petroso, lavico del castello, appunto, che nelle sue terrazze, cortili accoglie creature alate (gabbiani, pettirossi, colombi, passeri, merli) e alberi e piante (mirto, dracena, edera, oleandro, cardo selvatico, geranio, carrubo, pino che per Davide è l’albero che vede).

Barca di pietra è il castello sul mare, spazio in cui si muovono turisti, coppie e solitari e appartati visitatori sorpresi (come in uno scatto di istantanea) in gesti, posture, silenzi da cui trapelano pensieri, sentimenti: Reparto solitudine./Sulla panchina/un uomo e una donna./Non una parola. E ancora: La donna muta/punta da pianta grassa/sta imprecando al suo dio minore.

Semplici evidenze come semplice è il verso con cui l’autore esprime la sua amorosa partecipazione, l’empatia che tutto raccoglie e accoglie, i silenzi quanto le parole da cui scaturisce la parola per eccellenza, la poesia che ritorna a essere quel parlare quotidiano che abbiamo dimenticato.


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