Uaioming, a cercare l’oro
UAIOMING / di Giampaolo Boiani. - Senigallia : Ventura, 2024. - 314 p. - (Spiaggia libera). - ISBN 979-128138885-7.
Fra le mie prime letture adolescenziali figurano due romanzi che non dimenticherò mai: La buona terra di Pearl Buck e L’erba verde del Wyoming di Mary O’Hara. Li acquistammo io e la mamma durante l’estate in una piccola libreria di Porretta Terme, e mi ricordo che erano accanto sullo stesso scaffale, e che il libraio pronunciava il titolo del secondo come se fosse WIU - MING (molti anni prima che nascesse il collettivo di scrittori con un nome simile) credendo probabilmente che fosse, come il primo, ambientato in Cina.
Io invece no: non potevo sbagliare, perché mio padre scriveva romanzi western e in famiglia si giocava a quanti stati americani ricordavamo, per addormentarci.
- Copertina di Uaioming, di Giampaolo Boiani
Pearl Buck, con quel libro, aveva vinto il premio Nobel, ma a me era piaciuto più l’altro. E ritrovarmi oggi fra le mani un suo emulo, o discendente, o chiamiamolo come si voglia, mi emoziona. Uaioming, scritto come si legge in italiano, e con una copertina di ambientazione marinara (mentre si sa che il Wyoming non confina con l’oceano da nessuna parte, né con laghi o simili), è pieno di promesse (e premesse) surreali. Anche perché l’autore, “bagnino d’estate, scrittore d’inverno”, come si definisce lui stesso, non è un esordiente: ha già pubblicato Riflessi sospesi (2018), è stato coautore di Alabama (2020) e chissà, magari in futuro ci regalerà tanti romanzi quanti sono gli stati americani… ma forse dovremo aspettare che il cambiamento climatico completi la sua apocalisse (culminata nell’agosto 2024 con la mucillagine davanti al mare di Pesaro) tanto da farlo diventare magari “scrittore d’estate, bagnino d’inverno”. Chissà…
Non so da dove cominciare. Dalla trama? Dai personaggi? Dallo stile? Il romanzo è stratosferico. Nella sua apparente semplicità (lessicale, sintattica) è un capolavoro d’ironia, di costruzione semantica e di strategia narratologica. In barba alle regole degli editor più intransigenti, Boiani gioca col punto di vista, col narratore (in)affidabile, con il setting, uno e plurimo. Il protagonista, Eddi, è pesarese fino al midollo eppure così americano, così pieno di quell’inquietudine che ha nutrito i grandi personaggi d’oltre oceano, dal Benjy di Faulkner agli antieroi di Tarantino, che questo titolo – Uaioming – sembra trasformarsi pagina dopo pagina in un magico portale intermittente verso un mondo altro dove i confini non esistono (e nemmeno i congiuntivi). Potete leggerlo come un mystery, oppure come un romanzo di formazione, oppure come una lunga confessione. Oppure togliere le etichette di genere.
Il romanzo parla di infanzia, di identità, di trauma. Ed è uno di quelli che vorrei vedere nelle vetrine delle grandi librerie delle grandi città, moltiplicato per dieci o per venti, perché so che vale, che sarebbe letto, acquistato, regalato, apprezzato. Invece è uscito quasi in sordina per una piccola ma tosta editrice marchigiana, che già in passato ha dimostrato di saper scovare talenti e anche creare ponti con la cultura americana – penso al bellissimo Non è l’America. Un viaggio nel cinema ambientato nelle Marche di Andrea Laquidara e all’altrettanto suggestiva raccolta di poesie di Delmore Schwartz America! America! a cura di Angelo Guida, usciti entrambi nel 2022. Oggi si parla fin troppo di atlantismo, e spesso e legittimamente in senso negativo, ma ricordiamoci almeno l’importante contributo del cinema e della letteratura, un contributo che non conosce bombe e armi ma che si appella all’umanità nel senso migliore del termine. Pensiamo a film come Il grande Lebowski o Forrest Gump.
Giampaolo Boiani ripete spesso, nelle interviste, di dovere molto alla scuola Holden che ha frequentato a Torino, ai suoi insegnanti, ai metodi appresi che gli hanno permesso di tirar fuori il meglio di sé. Questo gli fa onore. E in effetti scrive benissimo. Conosce davvero l’arte del raccontare e ogni sua parola va assaporata come in una lenta degustazione. Se non fosse così non avrei mai e poi mai sfidato la soglia delle 300 pagine che mi sono imposta come limite massimo per un romanzo contemporaneo. Queste sono 312 e ho dovuto lottare a lungo con la parte di me che segue religiosamente i dettami di Edgar Allan Poe sulla brevità. Ma vi giuro, ne valeva la pena.
La personalità del protagonista, la violenza anzi le violenze subìte, appaiono timidamente come pennellate qua e là, per poi allargarsi a macchia d’olio nel corso della lettura senza mai prevaricare la sottile ironia degli eventi, la semplicità di una comunicazione ridotta ai minimi termini ma che contiene universi. Intorno a Eddi troviamo il mondo dei fumetti, dei giochi degli anni Settanta, dei soldatini, dei filmini superotto e degli Ufo, e tanti personaggi dai soprannomi indimenticabili (Rancido, Cicco Minerva, Taironpauer, Cavaliere, Bonimba…) ma è lui che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima pagina, è lui che resterà con noi, a svegliarsi (e svegliarci) di notte per guardare se ci sono mostri nell’armadio. E per non lasciarlo andare, per farlo vivere più a lungo nella nostra immaginazione, forse avremo voglia di ricominciare da capo. E chissà se lo ritroveremo ancora a Pesaro, sotto un cielo di stelle, o se questa volta si sarà salvato da se stesso e sarà partito con la figlia della maestra per il Uaioming, a cercare l’oro.
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