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Trent’anni fa il sacrificio di Bobby Sands

Arrestato nel 1972 fu tenuto nel carcere di Long Kesh fino al 1976 senza subire alcun processo pur avendo ottenuto lo status di prigioniero politico.

di Orazio Leotta - mercoledì 4 maggio 2011 - 3005 letture

Il 30 Gennaio 1972 a Derry nell’Irlanda del Nord, il 1° Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico apriva il fuoco contro un gruppo di cattolici che manifestavano per il riconoscimento dei diritti civili, uccidendone 14 (tredici all’istante, un altro morirà successivamente in ospedale) e ferendone altri 12, di cui due in seguito all’investimento da parte dei mezzi veicolari.

Tutti i testimoni presenti, fra i quali il giornalista italiano Fulvio Grimaldi, asserirono che i manifestanti erano disarmati, uno dei quali veniva colpito a morte mentre sventolava un fazzoletto bianco.

Da anni nell’Ulster nordirlandese gli animi erano tesissimi. Da un lato i lealisti, i cosiddetti Unionists, per lo più protestanti e vicini al governo centrale, detenevano il monopolio politico ed economico e vessavano i Republicans, in maggioranza cattolici e nazionalisti, discendenti degli antichi irlandesi.

I primi favorevoli a che l’Irlanda del Nord (che comprende 6 delle 9 province dell’Ulster) restasse sotto il dominio britannico, gli altri sognavano un’Irlanda che potesse unire tutte e quattro le province con l’Ulster al completo.

La nascita e il diffondersi delle azioni di guerriglia intraprese dall’Ira, movimento clandestino indipendentista, causavano le più scellerate azioni di rappresaglia da parte dell’esercito di Sua Maestà e della polizia nordirlandese che, non riuscendo ad individuare i responsabili, spesso erano soliti fare fuoco contro gli inermi cittadini etichettati come Unionisti.

Accadde così anche quella domenica di sangue a Derry (Londonderry per gli Unionisti), Bloody Sunday in inglese, ricordata in una famosa canzone del gruppo rock irlandese U2. Sei delle vittime avevano soltanto 17 anni: Gerald Donaghy, Michael Gerald Kelly, Kevin McElhinney, Jackie Duddy, John Pius Young e Hugh Pious Gilmour. William Nash ne aveva solo 19, Michael McDaid appena 20. James Joseph Wray soltanto 22. Gli altri si chiamavano William McKinney, John Johnstone, James McKinney, Barney McGuigan e Patrick Doherty.

Le Commissioni governative che ne seguirono, volte ad accertarne i fatti, non riuscirono nel loro intento: i militari furono difesi ad oltranza sostenendo che la loro fu una reazione agli spari che provenivano dai manifestanti. Un’affermazione priva di fondamento in quanto era notorio che quest’ultimi fossero disarmati e persino il vescovo Edward Daly, uno dei primi soccorritori, si espose tuonando contro i vertici militari e politici della Gran Bretagna.

Intanto l’Ira raccoglieva sempre più adepti da ogni parte della provincia preoccupando la madrepatria che di contro aumentava i poteri delle forze dell’ordine. Tanto sangue doveva scorrere ancora, tanti i diritti politici e civili negati, tante le discriminazioni etnico-religiose subite dai cattolici.

“Qui non si assumono cattolici”, si poteva leggere davanti all’ingresso di tante fabbriche. Questa fu anche l’infanzia e l’adolescenza di Bobby Sands, classe 1954, un ragazzo di Belfast, che dopo lungo peregrinare, in quanto la sua famiglia era oppressa e minacciata dai lealisti, si stabilì come capo-cantiere a Twinbrook, finché non fu costretto nuovamente a lasciare il lavoro.

Aderì al Pira (Provisional Irish Republican Army), una struttura paramilitare che si batte per la fine della presenza britannica in Irlanda del Nord. Arrestato nel 1972 fu tenuto nel carcere di Long Kesh fino al 1976 senza subire alcun processo pur avendo ottenuto lo status di prigioniero politico.

Rilasciato, fu dopo appena un anno rinchiuso nello stesso carcere, meglio noto come The Maze, per sommossa e attentato a una struttura militare nonostante l’insufficienza di prove. Condannato a 14 anni di carcere, senza poter più godere dello status di prigioniero politico, nel frattempo abolito. Le condizioni di vita erano così disumane in prigione, che i detenuti decisero di intraprendere nell’ottobre del 1980 a turno uno sciopero della fame rivendicando al contempo alcune elementari richieste quali quelle di poter ricevere visite o pacchi o di potere indossare normali vestiti.

BobbySands[1][1] Bobby Sands inizierà lo sciopero della fame il 1° Marzo del 1981 e morirà il 5 Maggio dopo 66 giorni di astinenza dal cibo. Nel frattempo era stato eletto membro del parlamento britannico con 30.492 voti, ma il Governo si affrettò ben presto a cambiare la legge elettorale proibendo a un prigioniero di partecipare alle elezioni. Centomila furono le persone che accompagnarono il suo feretro da Twinbrook a Milltown dove riposano i volontari dell’Ira di Belfast.

Dichiarò una volta: “Io non mi fermerò fino a quando non realizzerò la liberazione del mio paese, fino a che l’Irlanda non diventerà una, sovrana, indipendente, repubblica socialista”.

A proposito del Bloody Sunday, solo il 15 Giugno del 2010 il Primo ministro inglese David Cameron ammise che la condotta tenuta dall’esercito inglese, in quell’occasione, fu ingiusta e ingiustificabile, che le vittime non rappresentavano una minaccia ed erano disarmate, che i soldati inglesi aprirono il fuoco senza preavviso e che avrebbero dichiarato il falso durante la ricostruzione dei fatti.

Meglio tardi che mai scoprire le verità. Ci auguriamo che anche in Italia ben presto si sappia qualcosa di più su Ustica, Mattei, Calipari e tanto altro.


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