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Totò, Dell’Utri e il principe del foro palermitano

A Totò Cuffaro, un occhio alla campagna elettorale per le regionali del prossimo 28 maggio e uno alle sempre più incombenti grane giudiziarie, il lampo di genio è venuto qualche giorno fa...

di Carmen Ruggeri - mercoledì 24 maggio 2006 - 10744 letture

A Dell’Utri l’idea era venuta dopo la condanna in primo grado. Solo dopo la sentenza amara dell’11 dicembre 2004, che regalava alla cronaca giudiziaria del paese l’icona di un senatore “ambasciatore di Cosa Nostra garante degli interessi mafiosi all’interno di Finivest” col timbro di una condanna a nove anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, due anni di libertà vigilata e risarcimento danni alle parti civili, aveva deciso di voltare pagina. Via il vecchio team di legali (l’ex parlamentare di An Enzo Trantino e il figlio, anche lui avvocato), porte spalancate all’allora vicepresidente della commissione giustizia alla camera Nino Mormino.

A Totò Cuffaro, un occhio alla campagna elettorale per le regionali del prossimo 28 maggio e uno alle sempre più incombenti grane giudiziarie, il lampo di genio è venuto qualche giorno fa. Il 15 maggio scorso il presidente annuncia che nel processo sulle “talpe alla Dda”, dove è imputato per favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante dell’articolo 7 (quello sulla mafia) a difenderlo non sarà più l’avvocato Grazia Volo (che tra l’altro non era mai apparsa nell’aula della terza sezione di Palermo), ma il deputato forzista Nino Mormino. Lo stesso che il prossimo 25 maggio difenderà dell’Utri davanti alla quinta sezione del tribunale di Palermo dall’accusa di calunnia pluriaggravata (la data potrebbe slittare visto che la difesa ha chiesto di spostare il dibattimento in un’altra sede per “legittimo sospetto”) e il prossimo 30 giugno per associazione mafiosa davanti alla seconda sezione della corte d’appello. Un principe del foro siciliano, Mormino, noto alle cronache nazionali, attività parlamentare a parte, per essere stato il primo firmatario dell’emendamento che, se approvato in senato, nel 2001 avrebbe inasprito le pene per i reati a mezzo stampa, e, soprattutto, per essere stato il legale delle pietre miliari dello zoccolo duro dei fiancheggiatori di Bernardo Provenzano, Nino Giuffrè e Pino Lipari.

Mormino, dunque, per Cuffaro e Dell’Utri, sarebbe l’uomo giusto. Quello, che in virtù dell’esperienza in materia “di mafia, Sicilia e siciliani”, sarebbe capace di sbrogliare le grane burocratiche del presidente, che verrà sentito dai pm il prossimo 6 giugno (per non interferire, come richiesto dalla difesa di Cuffaro, nella campagna elettorale per la presidenza della Regione), e del senatore azzurro alle prese con i due processi paralleli e, come se non bastasse, adesso pure orfano dei 2 coinputati: Gaetano Cinà, il presunto boss della famiglia Malaspina condannato in primo grado in primo grado a 7 anni di reclusione assieme al sentaore, è scomparso lo scorso 28 febbraio causa infarto fulminante; Cosimo Cirfreta, detenuto nel carcere di Busto Arsizio coimputato per calunnia aggravata, è morto venerdì 17 marzo sniffando gas dal forellino della sua cella, proprio prima di essere ascoltato dai pm a cui aveva promesso nuove scottanti rivelazioni. Insomma, Mormino avrà un gran bel fa fare, anche se a guardare il suo curriculum, d’esperienza sul campo il penalista palermitano (vicepresidente della commissione giustizia alla camera nella scorsa legislatura) ne avrebbe da vendere. Facciamo qualche passo indietro.

Il 4 ottobre 1995, Mormino, allora presidente della Camera Penale di Palermo, riceve un’anonima lettera intimidatoria: “I vostri amici giudici ci stanno riempiendo di ergastoli e voi non riuscite a battere i pugni sul tavolo. Vi prenderemo a scopettate” (cioè ’’schioppettate’’ in dialetto). Poco dopo l’avvocato finisce, assieme ad altri due penalisti palermitani, Salvatore Gallina Montana e Cristoforo Filaccia, sotto indagine per favoreggiamento inseguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Procedimento archiviato. Arriviamo al novembre 2002. Escono le prime dichiarazioni del pentito Antonio Giuffrè: “I boss di Cosa Nostra... e quando dico i boss dico anche Bernardo Provenzano... avevano deciso di uccidere l’avvocato Nino Mormino, ma io mi sono opposto". Movente della condanna a morte: lo “scarso impegno” manifestato dall’avvocato - da quando era stato eletto in parlamento - “nel prendere iniziative legislative a favore dei boss". Cioè l’abolizione del 41 bis e anche una serie di leggi per arrivare alla revisione dei processi.

Il 16 gennaio 2003 la Commissione Giustizia alla Camera approva un emendamento presentato da Mormino in persona. Si tratta del famoso “indultino”, ovvero della possibilità di ottenere lo sconto di due anni di reclusione dalla pena da scontare, esteso pure ai mafiosi (se semplici esecutori). Arriviamo al 22 Gennaio 2003. Solo pochi giorni dopo “l’indultino” la stampa nazionale lancia la “bomba” sul capo di Mormino: il deputato sarebbe indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Di lui, infatti, era tornato a parlare il collaboratore di giustizia Antonio Giuffrè, secondo cui “la candidatura del penalista al parlamento nazionale sarebbe stata promossa da lui e da Pino Lipari, clienti dell’avvocato, e approvata da Bernardo Provenzano, perché l’elezione avrebbe rappresentato la possibilità di risolvere problemi urgentissimi che affliggevano Cosa Nostra". Lo stesso giorno, sulle pagine di “Repubblica” Sandro Bondi, portavoce di Forza Italia, esprime a Mormino “la piena solidarietà del partito e l’augurio che lo stillicidio di notizie di presunte rivelazioni abbia presto fine”. Anche questa inchiesta verrà archiviata. Nel 2004.


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TOGLIERE I PARAOCCHI
28 maggio 2006, di : Donatella F.

Non vogliamo dire che queste persone nominate nell’articolo siano prive di macchia. Ma una cosa è certa: che tutti loro sono processati, indagati, condannati per reati di ’carta’. Infatti tutte le accusa sembrano essere basate su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, cioè su persone che pur di ottenere uno sconto di pena venderebbero la madre per farne hamburger.

Tu che hai scritto questo articolo dovresti cadere nelle grinfie della giustizia italiana, per renderti conto di cosa sono capaci.

Non dimenticare mai che è la stessa giustizia che ha incarcerato Barillà (vedi il film "un uomo sbagliato"), Enzo Tortora, e tanti altri che rimngono sconosciuti. Ed è la stessa giustizia che ha ucciso Aldrovandi, e tanti altri che rimangono ignoti. E’ anche la stessa giustizia che ha arrestato padre Fedele accusato di violenza sessuale, e padre Giorgio Carli per pedofilia. Sempre per reati di ’carta’.

La probabilità che questi politici siano colpevoli dei reati di cui li accusano o li condannano, è la stessa della colpevolezza dei poveracci che ho nominato. Magari i tuoi politici saranno colpevoli di altri reati, ma è tutto da dimostrare. Ciao.

    TOGLIERE I PARAOCCHI
    29 maggio 2006

    La probabilità che TUTTI i politici siano colpevoli di questi e altri reati è la stessa che il sole sorga domattina. Ciao
    TOGLIERE I PARAOCCHI
    29 maggio 2006, di : Simone S.

    Un politico come Cuffaro, non è indagato per reati di "carta"!! Guardate il sito www.disonorevoli.it/ e fatevi una vostra idea. E’ semplicemente un personaggio che non dovrebbe aver nulla da spartire cn il mondo della politica, mentre invece si rischia addirittura una sua rielezione!!! Certo ke si va proprio alla rovescia!!
    TOGLIERE I PARAOCCHI
    29 maggio 2006, di : bruco64

    Salve, mi sono appena registrato e leggo con non poco sgomento alcune riflessioni....io penso, in ogni caso, che "OGNI POPOLO HA IL GOVERNO CHE SI MERITA". P.S.: Tanto domani nessuno dirà di aver votato questo presidente ;-))
    TOGLIERE I PARAOCCHI
    30 agosto 2006, di : Alessandro Meisner

    Non permetterti di paragonare questi già condannati e/o indagati (di Totò ci sono le intercettazioni) con persone come Tortora!
    TOGLIERE I PARAOCCHI
    7 marzo 2007, di : peppe

    Cara Donatella, sicuramente non hai avuto modo di documentarti sul perchè Cuffaro, Dell’Utri e company sono stati indagati per mafia. Ti consiglio di leggere qualche libro, e ce ne sono, che non sono assolutamente delle tesi o considerazioni fatte dall’autore, ma bensì sono atti processuali corredati da prove, quali dichiarazioni di collaboratori, che vengono questi accertati e riscontrati, intercettazioni ambientali telefoniche e video. Poi se mi consenti, da siciliano ti dico una sola cosa che deve farti riflettere su CUFFARO: In sicilia ha ottenuto una valanga di voti, quasi un plebiscito. In quella terra un risultato così si ottiene solo ed esclusivamente in un solo modo. Lascio a te intiuire quale.
Totò, Dell’Utri e il principe del foro palermitano
29 maggio 2006

Le nostre elezioni danno uno spaccato della mentalità siciliana.

I siciliani vogliono essere governati da certi poteri. Non c’è da farsi illusioni..

Il nord, del resto dimostra che la destra ha molto potere nel coinvolgere la gente nel sogno del "vantaggio"..

Poi vengono le guerre..

si parla per esempio del 2o conflitto, come una naturale conseguenza del malcontento della gente, quando si scoprì che nel mondo l’ingiustizia tende a soffocare ogni forma di ottimismi e di ottimizzazione.

Auguri a tutti.. nord chiama sud..

Se l’Italia del nord lasciasse la Sicila a se stessa, vedrebbe il compito e il ruolo della dittatura, ne più ne meno che come in Irak.

Dove c’è povertà c’è ignoranza (e tante altre cose più vicine al mondo animale)

Solo pochi possono sollevare il proprio popolo, nel senso che si nasce ognuno col proprio "pallino".

In questo caso, non si parli di Sicilia di tutti i siciliani..

    Totò, Dell’Utri e il principe del foro palermitano
    22 marzo 2007

    Caro Peppe, vorrei sapere se, secondo quanto sostieni, le medesime considerazioni debbano esser fatte per il voto plebiscitario ricevuto da Leoluca Orlando allorché fu eletto sindaco di Palermo.