Ti torturo per il tuo bene
«Tutto l’emisfero sarà nostro di fatto, così come in virtù della nostra superiorità di razza è già nostro moralmente»
(William Howard Taft, Presidente degli USA 1908-1912).
“La tortura è a volte indispensabile per salvare molte vite umane”, è quello che dovettero pensare i giudici milanesi che nell’estate del 1630 massacrarono i presunti untori e dei quali Alessandro Manzoni ci racconta la viltà, la paura, il fanatismo in quel libro splendido e terribile che è la Storia della colonna infame. Questa frase però non fu pronunciata da quei giudici ma è stata formulata qualche mese fa da un esponente del governo del “più grande Paese democratico del mondo” per giustificare quanto sta accadendo in Irak.
E partendo per il suo viaggio in Europa, il Segretario di Stato Rice, pur nel tipico linguaggio diplomatico, in sostanza ribadisce che:
i “terroristi del XXI secolo” non possono godere delle garanzie della Convenzione di Ginevra;
la sovranità dei Paesi europei può essere violata -con prigioni segrete, voli fantasma, trasferimenti di detenuti- dal Grande Padre statunitense (Fratello è ormai troppo poco...) per il bene degli stessi europei;
che qualunque cittadino di qualsivoglia Stato del mondo venga sospettato di agire contro gli USA, può essere sequestrato, torturato, incarcerato senza alcun processo e garanzia giuridica, sino a quando il governo degli Stati Uniti lo riterrà necessario per la sicurezza dei suoi cittadini;
che le migliaia di iracheni che stanno combattendo una guerra civile asimmetrica -privi cioè dei mezzi di cui può disporre il nemico- contro gli occupanti statunitensi e i collaborazionisti iracheni, in difesa della dignità e dell’indipendenza del loro popolo, sono dei terroristi e dei banditi; lo stesso appellativo che l’esercito nazionalsocialista d’occupazione dava ai nostri resistenti nel 1943-1945;
che come europei possiamo e dobbiamo solo “fidarci” di quello che dice Bush, senza chiedere alcuna prova di ciò che sostiene -tutto è ovviamente “riservato”- e affidandoci invece alla benevola protezione del suo governo. Tanto che persino il Corsera del 5.12. con Franco Venturini, sostiene che “alle convergenti indicazioni sull’esistenza di carceri e voli segreti della Cia in Europa, il segretario di Stato americano intenderebbe rispondere non con una smentita, bensì con un pressante invito alla collaborazione alleata contro il terrorismo. Invece di scandalizzarvi e di protestare, reciterebbe il monito della Rice rivolto agli europei, dovreste rendervi conto che siamo sulla stessa barca e lasciarci lavorare. (...) Da Guantànamo alla lunga battaglia in Senato per vietare la tortura, l’Europa che vuole essere alleata dell’America può e deve trovare più di un legittimo motivo per inquietarsi senza per questo essere richiamata all’ordine o tacitamente accusata di debolezza. E tanto più colpevoli risulterebbero i nostri governi se avessero chiuso entrambi gli occhi davanti all’ennesimo unilateralismo dell’America in guerra: quello delle catene”.
Le gravissime, apparentemente deliranti ma lucidamente arroganti dichiarazioni di Condoleezza Rice vengono comunque presentate dalla maggior parte dei nostri media come delle normali affermazioni di un qualsiasi ministro degli esteri.
L’informazione ufficiale -televisione e carta stampata- sta in questo modo toccando livelli di servilismo e cecità che si possono paragonare solo alla propaganda dei cinegiornali durante il regime mussoliniano o a quella sovietica dei decenni in cui a Mosca si diceva ‘non c’è Pravda (verità) nelle Izvestia (informazioni), non ci sono Izvestia nella Pravda’. Con l’aggravante che invece noi ci sentiamo democratici, liberi, uomini e donne di una società civile e ‘aperta’. Sì, alla barbarie.
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