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Tempi moderni - La comunicazione: soli tra 6 milioni di persone

Un’altra riflessione sui tempi moderni. Questa volta sulla comunicazione...

di Donatella Guarino - giovedì 30 novembre 2006 - 2810 letture

Tempi moderni. Quali sono le consuetudini in questi nostri tempi moderni? Quali sono le consuetudini di un vivere che è spesso complicato dalla rapidità degli eventi, dalla eterogeneità dei contenuti, dalle innumerevoli esigenze?

Cosa è cambiato, oggi, nel modo di comunicare? Moltissimo è cambiato…

Sia nelle relazioni interpersonali, sia nei modi di incontrarsi... Se oggi è (anzi sembra) facilissimo incontrare gente, fare nuove conoscenze, instaurare dei rapporti che apparentemente sembrano appagare e colmare il bisogno di confronto e di relazione che tutti – è innato e normale – sentono, è altrettanto vero che c’è sempre più gente sola.

Soli. Soli, tra sei milioni di persone nel mondo…Ma perché è così difficile comunicare?

Perché ci si sente incompresi e fraintesi? Tra amici, in famiglia, all’interno di una coppia – a volte in modo assolutamente incontrollato – capita di fraintendere o di essere fraintesi. E nasce un senso di desolazione, di solitudine, di empasse dal quale è difficile uscire. “Ho detto così ma è stato capito in modo diverso”: quante volte accade.

Le forme della comunicazione sono varie. La comunicazione è verbale, non verbale. Può essere interrotta, fraintesa, circoscritta. Ma sempre il linguaggio viene usato per raggiungere determinati scopi. La lingua serve per entrare in rapporto con gli altri ed essa assolve a funzioni diverse (emotiva, conativa, poetica, fàtica, metalinguistica, referenziale), che mutano con il mutare delle circostanze.

Ma è sempre fondamentale per ciascuno riuscire a comunicare. E’ un bisogno. Profondo. Anche se non facile e per niente scontato!

La parola comunicare in latino è espressa dai verbi communico o anche colloquor e deriva dal vocabolo communis : mettere in comune, porre in comune.

Parlare con qualcuno non vuol dire necessariamente comunicare. Per fare ciò bisogna andare oltre; oltre le parole, “leggere tra le righe”, immedesimarsi nell’interlocutore.

Comunicare in modo efficace con gli altri vuol dire essere consapevoli della propria emotività e delle proprie emozioni nonchè di quelle dell’interlocutore.

La sensibilità del singolo non basta – né tanto meno la buona fede – per garantire una comunicazione che soddisfi.

Si tratta di usare gli stessi codici. Migliaia di volte ci si parla ma non ci si ascolta. Una mia amica è assolutamente convinta che gli uomini non solo non ascoltano ma (anche) non “si ascoltano”. Io credo che ciò valga anche per le donne. Non è infatti una questione di sesso, o di età, o di cultura.

E’ piuttosto una complicazione dei tempi nei quali viviamo, nei quali si crede di essere liberi di comunicare per poi scoprire che in realtà ci sono tante gabbie, tante trappole. Chi non ha mai scritto un sms per non sentirsi meno solo?

E’ anzitutto una questione privata. Un sms, ancora prima che arrivi a destinazione, ha comunicato qualcosa al mittente…

O, ancora, le chat… Qual è il vero motivo che spinge a raccontarsi a dei perfetti sconosciuti?

I meccanismi che interagiscono sono innumerevoli ma il bisogno di parlare e di essere ascoltati è tra le esigenze prime.

Gli emoticon (dall’inglese emotion, emozione e icon, icona) – diffuse negli sms e nelle mail – sono un modo per sintetizzare uno stato d’animo, una sfumatura del nostro sentire. Una modalità atta a rafforzare, o supportare, la comunicazione.

Nella comunicazione tutto è lecito, se consente ad entrambe le parti coinvolte, di sentirsi ascoltati, riconosciuti, accettati. Insomma, solo se si riesce a creare una “sintonia emotiva” si è raggiunta una comunicazione efficace. E si è meno soli.


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