Taormina Film Festival 2012: Silent Souls

di Aleksey Fedorchenko. (Russia, 2010, 80 min, drammatico) Con Igor Sergeyev, Yuriy Tsurilo, Yulia Aug, Ivan Tushin.
Già applaudito alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia del 2010, “Ovsianki”, questo il titolo originale del film, viene riproposto nella sezione Focus Russia della 58° edizione del Tao FilmFest. Film di rara poeticità narra le vicende di Miron e di Aist, due russi di etnia merja, un popolo e una cultura che sta progressivamente scomparendo e che i due cercano di tenere ancora in vita come àncora verso il loro passato e come continuità spirituale per l’aldilà.
E’ ambientato nella Russia centro-occidentale, in sperdute lande attraversate da fiumi, terre che un tempo costituivano il territorio del popolo Merja, comunità ugro-finnica. La loro cultura e la loro religione li porta a considerare l’acqua come rifugio, oasi di tranquillità e veicolo per raggiungere la pace eterna: se si incontra un morto per annegamento sui bordi di un fiume gli si deve mettere una pietra al collo e rispedirlo nell’acqua. L’acqua intesa come lago, come fiume o mare o sorgente che essa sia merita rispetto, è un luogo ambito. Ma il suicidio per annegamento non è ammesso, non è corretto anticipare chi era predestinato ad andarci prima.
Tutto ciò è chiaro e ben impresso nei due amici Merja. La loro storia prende il via in una nebbiosa e ordinaria giornata di paese: nello stesso momento in cui Aist torna dal mercato fiero per avere acquistato una coppia di zigoli, rari uccelli molto intelligenti, Miron gli comunica che è morta la propria moglie, la tanto amata Tanya, molto più giovane di lui. Entrambi preparano il giovane corpo di donna al rito dei Merja: lavano il corpo, legano ai peli del pube dei nastrini colorati così come si fa con le giovani spose, la avvolgono in una coperta e la conducono sulle rive del fiume che costeggiava la casa ove i giovani sposi avevano trascorso la luna di miele. Lì verrà arsa assieme a della legna e le sue ceneri verranno sparse nell’acqua del fiume.
Così si fa per rispetto delle persone care così come aveva fatto Aist, che aveva sotterrato sotto i ghiacci dello stesso fiume la tanto amata macchina da scrivere del padre, poeta autodidatta, impazzito perché non compreso dai suoi concittadini. Un film on the road intriso di spiritualità che ci mostra da un lato l’eros, il giovane corpo nudo della moglie morta prematuramente che in vita era totalmente aperta ai desideri e ai capricci del marito che era anche solito cospargerla di vodka prima di fare l’amore; ci mostra tanathos, la morte, desiderata per ricongiungersi con certezza a ciò che si è amato su questa terra; la spiritualità che conduce all’amore, l’unica cosa per cui vale la pena vivere su questa terra. L’intelligenza degli zigoli nel loro viaggio di ritorno concluderà l’opera, quasi leggendo nell’animo dei due protagonisti.
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