Tagli USAID: l’impatto sul mondo della cooperazione e la risposta di Amref

Nonostante l’impatto dei tagli di Usaid, circa l’80% delle attività di Amref in Africa, per un valore di oltre 200 milioni di dollari, prosegue.
Gli Stati Uniti, un tempo il più grande donatore bilaterale al mondo, hanno interrotto bruscamente i loro finanziamenti ai programmi di cooperazione in tutto il mondo.
L’amministrazione degli Stati Uniti, con una serie di ordini esecutivi partiti il 6 febbraio, ha imposto un blocco di 90 giorni sui finanziamenti per gli aiuti esteri, la sospensione dei programmi globali dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) e ha reintrodotto la cosiddetta Mexico City Policy (una norma che vieta alle ONG straniere di ricevere fondi statunitensi se offrono informazioni, assistenza o servizi legati all’aborto).
Diversi procedimenti giudiziari hanno contestato questi provvedimenti.
Il 13 febbraio, un tribunale federale statunitense ha emesso un’ordinanza restrittiva temporanea per costringere l’amministrazione a revocare il blocco degli aiuti esteri per i progetti esistenti.
Successivamente, il tribunale ha esteso l’ordinanza, sottolineando la necessità che l’amministrazione ripristini il flusso di fondi, cosa che finora ha ampiamente rifiutato di fare.
USAID, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, è presente in 130 Stati e tra i principali destinatari dei fondi figurano l’Ucraina, l’Etiopia, la Giordania, la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia.
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Nel 2023, l’agenzia ha speso circa 38 miliardi di dollari, di cui quasi 20 destinati a programmi sanitari e assistenza umanitaria.
L’Africa è tra le regioni più colpite dai recenti tagli, considerando che negli ultimi cinque anni ha ricevuto circa un terzo dei fondi complessivi.
Nel 2023, dodici dei venti principali beneficiari degli aiuti statunitensi erano paesi africani.
In particolare, l’Etiopia ha ricevuto 1,46 miliardi di dollari, seguita dalla Somalia (1,18 miliardi), Nigeria (1 miliardo) e la Repubblica Democratica del Congo (990 milioni).
Un settore particolarmente colpito è la lotta all’HIV/AIDS, che dal 2004 ha beneficiato dei finanziamenti del programma presidenziale PEPFAR, stimato per aver salvato circa 25 milioni di vite nel mondo.
Nonostante l’impatto dei tagli di Usaid, circa l’80% delle attività di Amref in Africa, per un valore di oltre 200 milioni di dollari, prosegue senza ostacoli grazie alla diversificazione delle risorse.
"Amref sta facendo ogni sforzo possibile per dare continuità a progetti che improvvisamente hanno visto mancare fondi essenziali – ha dichiarato Guglielmo Micucci, direttore generale di Amref Health Africa ETS -, ma questo momento ci ricorda quanto sia fondamentale costruire delle economie sostenibili. Da sempre abbiamo creduto che il protagonismo dell’Africa, nel Continente e nel mondo, dipendesse in primis dall’Africa stessa. Questa nuova sfida, non solo ce lo ricorda con forza, ma impone un’accelerazione a quel processo che, come organizzazione africana, da anni abbiamo avviato".
In un’intervista a devex.com Githinji Githahi, CEO di Amref, ha spiegato che la temporanea sospensione dei finanziamenti dell’agenzia ha al momento costretto Amref a fermare 15 programmi e a cancellare il programma Kefeta in Etiopia.
Grazie, invece, alle proroghe avute dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti (U.S. CDC), è stato possibile proseguire alcune attività relative a cinque programmi, principalmente legati all’HIV in Tanzania e Kenya.
Uno scenario che rischia di peggiorare se i finanziamenti non venissero ripristinati: Amref potrebbe perdere circa 30 milioni di dollari quest’anno e dovrà trovare altre soluzioni per continuare il proprio lavoro essenziale.
In Malawi, ad esempio, 108.443 neonati e bambini rischiano di non ricevere vaccinazioni complete e 100.000 donne potrebbero non ricevere consulenza nutrizionale e assistenza prenatale.
Per affrontare questa sfida, Amref sta adottando diverse misure per mitigare i rischi ma, nonostante questi impatti, il lavoro per proteggere la salute delle comunità più fragili dell’Africa subsahariana continua.
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