Storie di vita
L’esperienza di Anna Rita Curati, operatrice di una Caritas Diocesana.
Mi è capitato qualche tempo fa di ascoltare una donna immigrata , sola con due figli, lasciata dal marito, indipendente economicamente, forte di carattere e piena di grinta. Era bella, molto bella, e tutti quelli che le si avvicinavano volevano solo una cosa da lei - portarsela a letto. Mi ha confidato dei pensieri che non credo abbia mai detto ad anima viva. Ogni giorno quando si alzava non pensava mai al giorno precedente e né mai al giorno successivo, per lei l’unico giorno che contava era l’oggi e doveva viverlo al meglio solo l’oggi affrontando con dignità e coraggio tutto ciò che nei volti e nelle strade incontrava, a muso duro, ma sempre con la serenità del cuore. Mi ha confidato che ormai la sua mente era stata allenata come a una sorta di selezionatore automatico, ma il suo cuore non smetteva di pulsare quando la mattina alzava gli occhi al cielo e vedeva il cielo e sognava che al di là di quel azzurro c’erano i suoi sogni che coltivava e viveva ogni volta che qualche velo nero le scendeva sugli occhi.
Mi ha confidato che per sopravvivere nella sua terra era arrivata anche a fare la prostituta e che ogni volta che mani di uomo la toccavano sentiva addosso le mani di un animale in calore privo di anima e cuore. Guardava il bianco soffitto e aspettava solo che l’animale avesse sedato il suo istinto bestiale. La invitavano a bere molte volte, ma lei si rifiutava perché si doveva sentire cosciente e presente a quello che faceva e doveva sentire la crudezza dei gesti degli animali per poter capire di cosa la pelle umana era fatta. Si sentiva scivolare giù quelle mani sporche di soldi rubati, sentiva l’alito profumato di fetore sul collo, ascoltava quelle parole forti di rabbia che urlavano da una carcassa senza cuore, ma lei era lì e i suoi occhi fissi al soffitto bianco disegnavano colori e giardini verdi e sole da baciare. Mi ha confidato che la sera quando tornava dai suoi figli li accarezzava e gli sorrideva parlando loro con amore con quell’amore che aveva iniziato a conoscere vivendo nella storia, non rosa per lei, ma sicuramente chiara per capire cosa doveva insegnare ai suoi figli.
Mi ha confidato che aveva bisogno di parlare e attraverso gli occhi di un’altra persona leggersi per poi proseguire a vivere. Le sue stanze e le sue strade, le sue strette di mano, e l’emarginazione che i suoi occhi vedevano intorno, l’assoluto bisogno della gente di correre e parlare e formare mulini a vento senza ritorno, le figure professionali che vivevano accanto a lei sciape, senza condimento , ma solo occupanti una sedia per non sprofondare nel nulla... apparivano tutte dietro il velo del suo arcobaleno che aveva imparato a costruire piano piano e dal quale lei poteva vedere tutto ma far vedere agli altri solo ciò che lei voleva.
Mi ha confidato che da quando era arrivata in italia non si paralava altro che di legge sull’immigrazione rischiando lei di rimanere in ombra, in quell’ombra di clandestinità che le metteva paura. I suoi rischi all’inizio erano altissimi, la perdita dei figli, il rimpatrio la lotta quotidiana con soluzioni da trovare per far “circolare” i suoi bimbi senza cadere ... poi all’improvviso quando meno se l’aspettava ha capito e ha deciso di lottare come una leonessa per difendere il suo territorio, il territorio di quel mondo in cui credeva e in cui, anche se doveva combattere senza misure, doveva far crescere i suoi figli. Ma in tutto questo lei dentro di se sentiva una serenità perché aveva imparato l’arte del ventaglio : apriva e chiudeva il suo animo per respirare profondamente con ritmo sequenziale chiudendo gli occhi per poter vivere nei suoi sogni. L’arte del ventaglio era un antica tecnica della sua tribù dove solo ciò che di buono il vento portava alla sua chioma e al suo volto doveva essere parte della sua pelle e dei suoi bulbi.
Era arrivata da me perché aveva bisogno di fare volontariato per donare ciò che l’arte del ventaglio le aveva insegnato. Era venuta da me per donare non per ricevere e che ogni sera sfiorava la fronte dei suoi bimbi come le foglie di un fiore con il calore dei suoi sogni.
Aveva imparato che a volte era troppo impegnata ad affrontare le sue paure e il buio circostante che la sua pelle le presentava per guardare la semplicità e le piccole cose che creature così piccole le donavano ogni giorno, e che l’arte del ventaglio le aveva fatto riscoprire. Aveva imparato che lei valeva e aveva iniziato ad avere stima di se e farsi valere come donna e che ora poteva guardare i suoi sogni nei sogni degli altri che come lei, essenza inebriante di vita, vivono nell’anima diafana di ognuno.
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Oserei definire che quegli animali che accarezzano quella povera donna, che sta guadagnando qualcosa, non sempre seguono i semplici istinti bestiali dell’accoppiamento. Spesso loro ci mettono passione e amore per la ragazza "amica" con cui si ritrovano e quasi sempre, per non dire sempre, si attivano per aiutare la donna ad usicire da un’eventuale schiavitù di tale mestiere. In più devo citare che non tutte sono costrette dalle condizioni di vita a svolgere il mestitere più antico del mondo. Ci sono anche persone che praticano il meretricio per vocazione. Non dimentichiamocelo. Per darvi una chiara idea della situazione della prostituzione in Italia vi invito a visitare il sito da me indicato qui.
Accosto. Tiro giù il finestrino dell’auto. Erano anni che non mi veniva in mente di farlo. Stasera sì. Ne ho proprio voglia. Voglio pagare e avere tutto quello che desidero. Senza dover conquistare. Ordinerò e tu eseguirai. Il sesso che posso fare con R.? E quello con S.? Forse anche P. ci sta... ma non me ne frega nulla. C’è chi paga perché non trova. Forse la maggior parte. E c’è qualche "fuori testa" che paga per altri motivi. Stasera quel fuori di testa sono io. Non voglio corteggiare, non voglio circuire, non voglio amoreggiare, non voglio perdere tempo in queste cose, stasera. Voglio solo pagare, chiedere senza tabù e ottenere. Voglio fare sesso senza preoccuparmi assolutamente di te. Chiunque tu sia. È da tanto che non lo faccio così. Ti pagherò per esaudire ogni mio desiderio più sconcio e tu non ti tirerai indietro. Ciò che proverai è un problema tuo. Stasera non voglio preoccuparmi di far star bene nessuno. Stasera voglio stare bene io. Forse mi chiederai degli extra… va bene, va bene tutto, purché non ti azzardi a dirmi "no, questo no!". Qual’è la tariffa che possa includere ogni mio desiderio? Ok. Accordata. Sali e andiamo.
Ottimo. Magnifica. Sei stata magnifica. Hai risposto ad ogni chiamata. Perfetta. Il tuo lavoro lo sai fare e anche molto bene. Me ne ricorderò. Mi capitasse un’altra serata così, ti verrò a cercare. Tieni i tuoi soldi. Te li sei meritati.
Chi è in quella foto? Tua figlia? Hai una figlia? E quanti anni ha? Caspita, hai una figlia di sei anni. E adesso è da tua mamma. Stanotte dorme con lei. Tua mamma ti aiuta, ti tiene la bimba affinché tu possa lavorare. E tu ricambi? Le dai qualcosa? Non avevo dubbi.
Sono stato molto duro in queste ore vero? Caspita però... credimi, io non sono così ma ne avevo bisogno. Mi spiace. Grazie per questo sorriso. D’altra parte forse ci sei abituata e chissà quanto. Chissà quante ne vedi ogni giorno di situazioni come questa e anche peggiori. Eppure i tuoi occhi mi dicono che sei una cara ragazza. Che strana la vita. Poco fa solo il desiderio fisico di sfogarmi senza dare null’altro. Solo prendere, prendere e basta. Ho notato le tue forme bellissime, la tua giovane pelle, i tuoi profumi, i tuoi movimenti da vera artista. Solo ora sto notando due occhi dolci. I tuoi. Che vita brutta che farai, porca miseria… Dici di no? Non è proprio così? Ah, abbastanza brutta si, ma sopportabile come tante altre cose della vita.
Ascoltami, è notte fonda. Se mi fermo ancora un pò a chiacchierare è un problema? Ti do altri soldi ma adesso mi piacerebbe parlare un pò con te. Ti va? Grazie.
Mi dici che certamente, che poteva andare meglio, che fare questo per lavoro non è il massimo... ma per te è lavoro. Ma pensi anche che presto finirà e troverai una sistemazione diversa. Perché adesso mi chiedi chi sono, cosa faccio io, come vivo? Ma si, perché no? Eccoti un po’ della mia vita. D’altra parte chi ti conosce? Anzi in queste occasioni posso anche dire di più. Più di quello che racconterei ad una cara amica. Domani, nella migliore delle ipotesi, non ci rivedremo più.
E adesso sorridi. Perché sorridi? Cosa vuol dire? Mi prendi in giro? Mi stai dicendo che in fondo io sono più prostituto di te. Ma che cavolo di cazzate stai sparando? Devi essere tutta matta e non me ne ero accorto oppure devi solo giustificare la tua esistenza. Io ti racconto cose della mia vita e tu ti permetti di dirmi questo? Ma vai al diavolo allora!
Ok. Dai non volevo, scusa. Mi hai sorpreso. Ma vai avanti. Fammi capire. Ti voglio ascoltare. Perché io sarei più prostituto di te? Ah, ecco, forse capisco… secondo te io, quando il mio capoufficio mi sorride e mi costringe a fare una cosa che non condivido e mi promette, con aria maliziosa e superiore, che ciò potrebbe trasformarsi in un premio, io mi sto vendendo. Quando mia moglie fa sesso con me, pur non avendone voglia, perché solo con la somma dei due stipendi il frigorifero è pieno, io sto comprando e lei si sta vendendo. E quando io accetto quello stipendio, il suo, sono di nuovo in vendita. Quando i miei figli cercano abiti sempre più belli per non sentirsi meno degli altri… si stanno vendendo. Quando la segretaria la dà, o fa capire che può darla, al padrone per avere l’aumento.. si sta vendendo. E quando tutti noi, nessuno escluso, non facciamo tutto quello che veramente ci piacerebbe… in ogni occasione… questa è prostituzione, anche se non la chiamiamo così. Mi chiedi se devi continuare? No, fermati, basta così. Forse ho capito. Forse.
Ma dove ti ho trovata? Per strada dici tu.. ed hai ragione. Non esiste la prostituzione? Cazzo se esiste… ma quella che ci da fastidio è solo quella legata alla morale comune, tramandata da millenni, mentre in realtà tutti, e tutti i giorni, siamo li, per strada o no, ad accettare compromessi, a limitarci la libertà… a prostituirci. Ecco il punto!
Scusa. Ora devo andare. Non ho fretta ma ho bisogno di andare un po’ in giro a pensare. Magari mi fermerò in un locale a bere qualcosa ma, credimi, mi hai colpito. E anche un pò sconvolto. Forse devo vergognarmi di più io della vita che faccio e non tu… questa è proprio bella! Eppure potrebbe essere vera. E questo è il guaio.
Tieni un altro po’ di soldi, vado via e ti lascio riposare. Come non ne vuoi? Perché? Mi ringrazi per averti fatto parlare? No, cara. Soldi o no, sono io che ti devo ringraziare. E’ stata una chiacchierata davvero interessante, e ciò grazie a te. E pensare che la mia idea di prostituta era "donna povera, sfruttata e spesso, suo malgrado, ignorante". Sorridi? Hai ragione… povero ed ignorante io. Soprattutto cieco e immerso, totalmente immerso nei luoghi comuni. Continuerò a pensare in un bar. Ti devo salutare. Posso chiederti una cosa "diciamo" strana? Ho voglia di abbracciarti. Posso? Grazie.
Eccomi con un whiskey. Avvolto in questi pensieri. Saranno le quattro di notte oramai. Ma chi se ne frega. Ho voglia di bere ancora un po’ e lo faccio. Se andassi via solo perché è tardi, solo perchè qualcuno mi aspetta, solo perchè devo... accetterei un altro compromesso. L’ennesimo. Domani ne accetterò a centinaia, è impossibile che non sia così. Sono un prostituto, è vero… e siamo in tanti, troppi, forse tutti. E io che pensavo di essere libero. Una cosa è certa… d’ora in poi, ogni volta che incontrerò una prostituta, penserò che è una persona quantomeno uguale a me.
Cazzo! Non le ho chiesto neanche il nome. Sesso, chiacchierata, tenerezza... e non le ho chiesto neanche il nome. Ma si. Non importa, va bene così. I messaggi quasi mai arrivano casualmente, e spesso non hanno neanche un nome. Però hanno un bel sorriso e due occhi dolci.