Still Life
Regia di Uberto Pasolini. (GB/Ita, 2013, drammatico 87 min.). Con Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury
Uberto Pasolini, dopo avere affrontato con toni da commedia il problema dell’emigrazione con la sua opera prima “Machan”, affronta adesso con “Still Life” il tema della solitudine e della necessità di rapportarsi con gli altri. E’ stata la lettura di un articolo pubblicato sul quotidiano inglese “The Guardian” che ha fornito lo spunto per questo film; l’articolo, infatti, argomentava circa le migliaia di cittadini inglesi che ogni anno muoiono in solitudine.
L’avanzata tecnologia, internet, lo stress della vita dei nostri giorni hanno provocato nella nostra società sconquassi di notevoli dimensioni; mentre un tempo tre generazioni di familiari vivevano sotto lo stesso tetto e il concetto di vicinato era molto vivo, adesso invece si moltiplicano i casi di isolamento, non solo in Inghilterra ma anche nel resto dei paesi cosiddetti civilizzati. Protagonista del film è John May (uno straordinario Eddie Marsan) , scrupoloso impiegato comunale che si preoccupa di rintracciare parenti e amici di coloro che sono morti in stato d’abbandono, non solo per informarli ma anche per farli partecipare al funerale, ove nella maggior parte dei casi irrisolti, vi partecipa soltanto lui e il prete officiante il pietoso rito.
Licenziato per ridimensionamento del personale, John chiede tuttavia di potere condurre a termine l’ultimo caso che ha per le mani, quello relativo a Billy Stoke, morto alcolizzato ma con un passato felice. Le vicende che ne seguiranno assumeranno connotati insospettabili specie per John, che da persona metodica, solitaria e abitudinaria si concederà alla vita e sperimenterà i sussulti del cuore. Il film racconta la necessità dell’essere umano di aprirsi al prossimo; in una società in cui non si ha mai abbastanza tempo occorre ribadire che la nostra forza umana sta nel rapportarsi con gli altri; è un film sulla vita, sul contatto coi nostri vicini, sulla bontà all’ennesima potenza che ti ripaga sempre, anche se non nel senso canonico e materiale del comune intendimento.
Eddie Marsan, noto caratterista inglese e affermato attore teatrale si cala con generosità nella parte a lui affidata da Pasolini (presenti note autobiografiche nel personaggio di John May – la solitudine affrontata dopo la separazione dalla moglie -) e riesce, col lirismo della sua interpretazione a insinuare nello spettatore la necessità di vivere con responsabilità civile come se ognuno di noi oltre alla propria vita ha anche e soprattutto un ruolo sociale. Presentato non nel concorso ufficiale a Venezia 70, ma nella sezione Orizzonti (di questo il direttore della Mostra ha fatto pubblica ammenda) ha portato a casa il premio per la migliore regia. Film girato in inglese e ambientato in Inghilterra ha nel titolo un doppio significato (still life come “natura morta”, ma anche natura che rimane).
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