Stampa: Soro o son desto?
Nelle intercettazioni rispunta il carcere per i giornalisti. Il Garante della privacy vuole una “selezione delle notizie”
Qualche settimana fa avevamo scritto, su queste colonne, delle sparate renziane sulla libertà di stampa. Il bulletto di Rignano, fedele alla sua indole di raccontare, a mezzo tweet, menzogne per i facili palati di molti italiani, aveva più o meno scritto: “Basta carcere per i giornalisti” prendendosi così lodi sperticate da parte di quasi tutti i giornali.
In realtà, come avevamo scritto, non è questo il pericolo per coloro che fanno informazione, quanto, piuttosto, le “querele temerarie”. In Italia pochi sono stati i giornalisti finiti in galera per i loro articoli (Renzo Renzi e Guido Aristarco per “L’armata s’Agapò” nel 1953 e l’anno dopo Giovannino Guareschi più qualche altro). Ultima, in ordine di tempo, la sceneggiata, la pantomima riguardante il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, poi incredibilmente “graziato” da Napolitano.
Più gravi e numerose le querele temerarie, vere bombe ad orologeria che vanno a colpire economicamente il giornalista che può essere portato in tribunale con la richiesta di una grossa cifra da parte del potente di turno. Un modo per impedire di pubblicare articoli scomodi, un deterrente efficace, a futura memoria, per tutti gli altri giornalisti.
Se ad un giornalista giunge una querela e la richiesta è di un milione di euro, è chiaro, soprattutto se alle spalle non hai un grosso organo di stampa e avvocati, che per tutti gli altri subentra l’autocensura. In pratica, invece di scrivere che l’on. Tizio ha pranzato con il capocosca Caio, per paura di una querela (anche se il fatto è vero) si usa il dubitativo, il condizionale, si annacqua la cronaca, si sopisce o, meglio ancora, non si scrive nulla.
La vicenda del settimanale La Voce delle Voci è esemplare e l’abbiamo già raccontata. Ma vale la pena ricordare questa vicenda perché dimostra che il problema non è tanto se quello che il giornalista racconta è vero (semmai sarà il tribunale a decidere, magari fra 1600 giorni) quanto il fatto che parte la querela e, spesso, con questa, si blocca la vita del giornale.
Nel 2008 il settimanale napoletano aveva scritto che una signora aveva finanziato il movimento di Di Pietro. La signora aveva querelato il giornale e il giudice delle esecuzioni mobiliari, considerato che il settimanale non aveva soldi, ha bloccato il finanziamento pubblico che La Voce delle Voci riceve dallo Stato. Risultato: il settimanale chiude.
Il twet “Basta carcere ai giornalisti”, è durato solo qualche giorno. Se andiamo a leggere il capitolo sulle intercettazioni della Bozza Gratteri, la reclusione per i giornalisti ricompare in modo severo: da 2 a 6 anni e, in più, da 2 a 10 mila euro di multa per “Pubblicazione arbitraria delle intercettazioni”. Ai giornalisti è vietata “l’illecita divulgazione dei dati” così da preservare la privacy degli intercettati.
“Arbitraria” e “illecita”. Su questi termini si gioca il futuro decreto-legge (o legge delega) che l’insipido ministro Orlando dovrà portare in Parlamento. La bozza del Pm antimafia Gratteri è solo un punto di partenza e riguarda tanto altro. Ad esempio ci sarebbe da chiarire se il divieto di pubblicare le intercettazioni (e il relativo carcere) riguardi solo le “conversazioni penalmente irrilevanti” o tutte.
E poi chi decide se è irrilevante una intercettazione? Intanto i politici si portano avanti con il lavoro. Lavoro tutto teso alla difesa della casta. Dopo le dimissioni di Lupi è arrivato il vino e i libri di D’Alema e i versamenti alla Fondazione ItalianiEuropei. L’ex comunista pentito, è incazzatissimo e sproloquia di denunce contro il mondo intero, “organi di stampa, televisioni, radio, singoli giornalisti” per la diffusione di conversazioni “che non hanno alcuna” rilevanza penale.
Se il conte per volere del Vaticano Massimo D’Alema non è indagato, perché s’incazza tanto? Una ragione, però, ce l’ha. Perché mai i giornali parlano dei suoi vini e dei suoi libri, della sua Fondazione e, invece, non dicono nulla (o poco) sui finanziamenti che sempre la Cpl Concordia (che affonderà come la nave), ha fatto a Matteo Renzi? Siccome, però, lui è intelligente saprà darsi la risposta. E perché mai oggi i grandi giornaloni non parlano più di bavaglio alla stampa come quando, anni fa, Berlusconi tentò di mettere la mordacchia ai giornalisti?
Per tornare alle questioni relative alla libertà di stampa, un assist notevole a Renzi lo offre il Garante della privacy, Antonello Soro il quale scrive che la privacy è “sempre più soccombente". E allora? Allora è "necessario un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza, che garantisca a quest’ultima una più adeguata tutela". Naturalmente questo Soro, messo in quel posto dai partiti, non è preoccupato dei poveri cristi che spesso i giornali sbattono in prima pagina. In particolare – come dice una nota del presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopini – di alcune trasmissioni che oltraggiano la dignità dei morti e diventano strumenti di violenza sui vivi, estranei alle vicende giudiziarie, non di rado minori.
Le preoccupazioni, di Soro, sono altre. Secondo il Garante, "emerge con forza l’esigenza di un’adeguata selezione delle notizie da diffondere. La pubblicazione di atti di indagine dovrebbe rispondere a finalità di interesse pubblico e non a tensioni voyeuristiche, nella consapevolezza che non tutto ciò che è di interesse del pubblico è, necessariamente, anche di pubblico interesse. Ciò vale soprattutto per le intercettazioni: risorsa investigativa fondamentale, ma che – proprio in quanto fortemente invasiva – deve essere gestita con molta cautela. Sia da parte degli organi inquirenti (per evitare fughe di notizie che pregiudichino le indagini, oltre che la privacy degli interessati), sia da parte della stampa, che dovrebbe evitare quel ’giornalismo di trascrizione che finisce, oltretutto, per far scadere la qualità dell’informazione".
Antonello Soro che di mestiere dovrebbe fare il dermatologo, è stato in Parlamento dal 1994 al 2012 ed ora accompagnato sulla poltrona del Garante. E’ stato nel Ppi, nell’Ulivo, nella Margherita, nel Pd. Nella lettera parla di “pesca a strascico nella vita degli altri” e di qualità dell’informazione. Probabilmente non ha mai visto com’è fatto un giornale però disquisisce e dà consigli ai giornalisti (e non solo) per non fare “giornalismo di trascrizione” e auspica “un’adeguata selezione delle notizie”.
E chi la dovrebbe fare, di grazia, questa “adeguata selezione delle notizie”? Forse bisognerà che qualcuno spieghi ad Antonello che compito dei giornalisti è dare le notizie non selezionarle a secondo della convenienza di partito. Le seleziona lui le notizie? O il ministro dell’Interno? In tutte le intercettazioni di cui siamo venuti a conoscenza, la vita privata delle persone non c’entrava nulla. C’entrava, invece, il contesto penale e morale di personaggi pubblici. Se un’industria che inquina come quella di Taranto dà soldi, in modo lecito, ad un partito non è certo un reato. Ma io cittadino lo voglio sapere e ho il diritto di domandarmi perché mai un’industria va a finanziare un partito. Cosa si aspetta da quel partito? E vorrei conoscere anche i nomi di chi ha finanziato le cene di Renzi e tanto altro. Se io giornalista vengo a conoscenza di tutto ciò, ho il diritto-dovere di raccontarlo ai miei lettori. Lo prevede la deontologia, lo prevede anche la Corte di Strasburgo.
La pubblicazione di notizie coperte da segreto, per la corte di Strasburgo, non è reato se riguarda personaggi pubblici e non si possono colpire i giornalisti che pubblicano documenti autentici, anche violando una legge del proprio Paese. E comunque, come ci ricorda, il segretario della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso, “Non tocca ai giornalisti tenere segrete le notizie, semmai è loro compito fare il contrario, diffondere le notizie su cui c’è interesse dell’opinione pubblica…”.
Antonello Soro ha fatto un po’ di confusione. Magari qualcuno gli ricordi che senza le denunce giornalistiche, senza la pubblicazione delle intercettazioni, non avremmo mai saputo nulla dei tanti misteri italiani, non avremmo, ad esempio, saputo nulla non solo del Rolex del figlio di Lupi ma neppure della Parmalat e della clinica degli orrori Santa Rita di Milano. Un consiglio, comunque, siamo in grado di darglielo: lasci perdere i giornali di cui non capisce nulla e la privacy per i potenti. Si concentri a garantire chi il potere non l’ha. Magari dica qualcosa dello stalking che operano tutte le compagnie telefoniche (e non solo), telefonando nelle case degli italiani in continuazione per vendere, spesso con l’inganno, i loro prodotti. O, meglio ancora, s’impegni a curare le dermatiti.
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