Spettri
Recensione dello spettacolo teatrale "Spettri" di Henrik Ibsen, regia di Massimo Castri, con Ilaria Occhini, Pier Luigi Corallo, Luciano Virgilio, Alarico Salariali ed Irene Petris. La prima catanese dello spettacolo si è tenuta la sera di martedì diciotto gennaio al Teatro Verga.
Chi un po’ conosce Henrik Ibsen, o per lo meno chi di lui conosce la tipologia teatrale, avrà ben chiare in mente le eleganti ed inquiete atmosfere che sanno trasformare il palcoscenico in privilegiato luogo di denuncia degli scabrosi retroscena della borghesia ottocentesca.
La denuncia che il drammaturgo svedese metteva in atto nelle sue opere non era però palese, ma strisciante, sottintesa. Il dramma borghese del teatro ibseniano si consuma psicotico dietro le porte socchiuse, modellandosi sull’archetipico modello greco.
Se così è, chi un po’ conosce Ibsen sarebbe rimasto probabilmente sorpreso (e forse lo è stato chi c’era) nel vedere, nella serata di martedì diciotto al teatro verga, la prima catanese di "Spettri", regia di Massimo Castri. Il tono dato al noto testo ibseniano (interpretato da Ilaria Occhini, Pier Luigi Corallo, Luciano Virgilio, Alarico Salariali ed Irene Petris) dalla regia, pareva quasi intendere il dramma con modi didascalici, a tratti addirittura macchiettistici.
E così sul palco la grave patologia psichica di Oswald appare come un delirio infantile e l’icestuosa relazione tra i due giovani in scena sembra un’allegra scappatella che non sconvolge nessuno. A tratti in sala è capitato anche che il pubblico ridesse. E la risata non è il genere di reazione che si addice al pubblico di un dramma.
Lo stile sottile, le atmosfere eleganti ed insieme torbide, lo sgomento e l’orrenda catarsi sono tutti aspetti qui toccati solo di sfuggita, o comunque con ironia.
I toni usati in scena sono piuttosto quelli tipici di un teatro più ridondante, più ammiccante. Un peccato, vista la profondità di scrittura e le magnifiche messe in scena a cui chi conosce un po’ Ibsen dovrebbe essere abituato.
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