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Si scrive fobia, si legge discriminazione

Un piccolo passo per l’Aula, un grande passo per il paese. (di Isabella Orfano ed Elisa Virgili)

di ActionAid - domenica 2 agosto 2020 - 2517 letture

Dopo 25 anni di tentativi, l’Italia potrebbe finalmente dotarsi di una legge contro l’omobitransfobia. A giorni infatti verrà discusso in Aula alla Camera il disegno di legge in materia di contrasto e prevenzione alle discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere, noto come “dl Zan”. Si tratterebbe di un grande passo in avanti per il nostro Paese. Il ddl Zan permetterebbe infatti di punire i discorsi d’odio, le discriminazioni e i reati basati sulla misoginia e l’omobitransfobia e di attivare importanti misure di prevenzione e di protezione.

L’Italia si doterebbe di una strategia nazionale triennale di contrasto all’omotransnegatività. Avrebbe un programma annuale per sostenere centri che offrono assistenza legale e sanitaria, consulenza psicologica, mediazione sociale e accoglienza alle vittime dei reati previsti dalla legge; di un’indagine statistica triennale sull’omobitransfobia a cura dell’Istat. Infine, in linea con il resto del mondo, il 17 maggio verrebbe celebrata la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.

I dati sulle discriminazioni

Sì, sarebbe un grande passo in avanti per il nostro Paese, anche alla luce dei dati contenuti nello studio recentemente pubblicato dalla Fundamental Rights Agency dell’Unione europea sulla popolazione LGBTI, il cui titolo mette subito in chiaro il principale risultato investigativo: “A long way to go for LGBTI equality” (2020).

Il quadro che emerge per l’Italia non è affatto rassicurante. Il 62% delle persone LGBTI italiane partecipanti alla ricerca ha raccontato di evitare di mostrare in pubblico la propria affettività e il 30% di evitare spesso o sempre di frequentare alcuni luoghi specifici per paura di subire aggressioni. Solo il 39% del campione italiano esprime liberamente la propria identità LGBTI, a fronte di una media europea del 47%, e il 23% dichiara di aver subito discriminazioni sul lavoro, percentuale che sale al 40% in riferimento ad almeno un altro ambito della vita.

Il 32% ha inoltre raccontato di aver subito almeno un episodio di molestia nell’anno precedente all’indagine e l’8% un episodio di aggressione fisica negli ultimi 5 anni. Solo il 16% del campione ha dichiarato di aver denunciato tali episodi alle forze dell’ordine. Percentuali che aumentano considerevolmente quando si prendono in considerazione le risposte date dalle persone trans. Il campione italiano ha inoltre dichiarato di percepire un generale peggioramento delle condizioni di vita della comunità LGBTI in Italia, raccontando di un aumento del pregiudizio e dell’intolleranza (41%). Infine, circa il 92% considera che le istituzioni italiane non si impegnino per nulla o quasi per nulla in una lotta efficace ed effettiva contro l’intolleranza e il pregiudizio nei confronti delle persone LGBTI.

Una legge contro l’odio e le violenze

A confermare questi dati ci sono le continue aggressioni a persone LGBTI riportate dalle cronache quotidiane e i comportamenti omobitransfobici che ogni giorno vengono messi in atto, a volte anche senza esserne consapevoli, esattamente come accade per le donne, bersaglio di una misoginia secolare e diffusa. L’Italia ha bisogno di una legge che punisca ogni tipo di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale, genere e identità di genere e che attivi misure di prevenzione e supporto per chi ne è vittima. E ne ha bisogno subito. Per questo è importante che il Ddl Zan venga approvato in tempi rapidi. Eppure, l’ostruzionismo contro tale legge è diffuso fuori e dentro le aule parlamentari. Invocando il diritto alla libertà di espressione e d’opinione rappresentanti della politica e movimenti di vario stampo si arrogano il diritto di decidere chi si deve amare e negano la legittimità dell’esistenza delle persone in nome della supposta superiorità di una società eteronormata o di tratti biologici assegnati alla nascita.

Si tratta di una battaglia ideologica da tempo in corso, che riaffiora a ritmi carsici e che promuove la visione di una società patriarcale, sessista e omobitransfobica. Una battaglia che si colloca in un contesto internazionale governato da estremisti intenzionati a rovesciare le leggi esistenti sui diritti umani fondamentali riguardanti l‘affettività, la sessualità e la riproduzione. In questo panorama uno spazio è anche riservato ad una frangia di lesbiche e femministe che mettono in discussione il concetto di identità di genere e che, nel caso delle italiane, si oppongono all’approvazione del ddl Zan. Si tratta delle cosiddette femministe radicali trans-escludenti che si rifiutano di considerare le donne transgender come donne perché ritengono che solo chi è nata biologicamente tale può essere ricompresa nella categoria “donne”. Seppure probabilmente all’oscuro del dibattito italiano, in questa diatriba decennale di recente si è schierata anche J.K. Rowling, l’autrice della celeberrima saga di Harry Potter, che in una serie di tweet e in un saggio ha affermato che l’identità sessuale è strettamente correlata al sesso biologico di nascita, scatenando una bufera social e mediatica globale a cui hanno partecipato anche Daniel Radcliffe-Harry e Emma Watson-Ermione per esprimere il loro dissenso.

Non siamo però di fronte ad una serie del piccolo o del grande schermo. La politica italiana è chiamata a prendere una decisione molto importante che riguarda la vita di milioni di persone e il loro diritto a non essere discriminate per chi sono e per chi amano. Non si tratta di un’opinione, ma della vita delle persone che circondano noi e chi dovrà votare in Aula la legge. Sì, perché l’esito della votazione riguarda la vita e i diritti del nostro e del loro vicino di casa o di scranno, del cugino della moglie, dell’amica di una vita, dell’edicolante all’angolo, del medico curante, della collega di lavoro, della figlia o del suo compagno di banco, del fratello o di sua nipote. Tutte persone che hanno il diritto di camminare per strada tenendosi per mano senza timore, di frequentare qualunque luogo desiderino, di non essere discriminate o molestate sul lavoro o in altri ambiti.

Dalla parte di Harry Potter ed Ermione

ActionAid sta dunque con Harry Potter ed Ermione perché crediamo nel diritto fondamentale all’autodeterminazione e nell’obbligo delle istituzioni, sancito dall’art. 3 della Costituzione e da molte altre norme nazionali, europee e internazionali, di garantire pari dignità sociale e uguaglianza a tutte le cittadine e i cittadini, rimuovendo tutti gli ostacoli che ne limitano la libertà, il pieno sviluppo e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Non è più tempo dunque di ostruzionismi. L’Italia deve dotarsi in tempi rapidi di una legge che contrasti la violenza di genere a sfondo omobitransfobico e misogino e che, al contempo, contribuisca a promuovere una società inclusiva e paritaria.


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