September 5 - La diretta cha cambiò la storia

Regia di Tim Fehlbaum, con Peter Sarsgaard, John Magaro, Ben Chaplin, Leonie Benesch, Zinedine Soualem (Drammatico, - Germania, 2024, durata 91 minuti)
Dove finisce il diritto di cronaca e inizia quello dell’etica? Il film del regista svizzero Tim Fehlbaum sembra rivolgere al pubblico questa domanda, forse senza neanche un palese bisogno di darne una risposta.
Lo spunto a questo quesito, il regista lo trova nel raccontarci la drammatica vicenda di "terrorismo" che si registrò a Monaco di Baviera nel 1972, il 5 settembre, durante la XX edizione delle Olimpiadi che si svolsero nell’allora Germania Ovest, che si conclusero, per un bizzarro gioco del destino, l’11 settembre, data che si dimostrò nefasta qualche decennio dopo.
Abbiamo usato la parola terrorismo tra virgolette, perché nonostante già nei primi del ’900 a questo termine fu riconosciuta una propria definizione traduncedolo in "fatti criminali diretti contro uno Stato e i cui fini o la cui natura è atta a provocare il terrore presso determinate personalità, gruppi di persone o di pubblico", il termine negli anni ’70 era utilizzato con una certa prudenza.
Gli stessi protagonisti del film, alla notizia dell’attacco nei confronti della squadra olimpica israeliana da parte di un comando, appartenenti alla cellula terroristica di Settembre Nero, indugiano sulla collacazione definita e precisa per descrivere l’episodio dalle telecamere della tv americana ABC, la prima emittente che ebbe l’esclusiva di trasmettere in diretta le gare sportive e, successivamente, anche le notizie sull’uccisione degli 11 atleti israeliani, che rimasero vittime dell’attacco.
Il periodo storico era particolare, la Germania ancora divisa tra Ovest ed Est, cercava di ripulirsi l’immagine tragica che il nazismo aveva lasciato nello sgomento e nell’indignazione di tutto il mondo. Tim Fehlbaum si sofferma su questo particolare, come un altro quesito che merita una risposta che, molto probabilmente, nessun tedesco del periodo dell’Olocausto ha mai dato completamente. Lo fa utilizzando un dialogo duro e diretto che si sviluppa tra il dirigente televisivo Roone Arldge, interpretato da Peter Sarsgaard e la collaboratrice interprete dell’emittente televisiva, Marianne Gebhardt, nelle cui vesti recita Leonie Benesch.
Durante un breve scambio di opinioni, alla domanda inflazionata che ogni tedesco della nuova generazione si sentì porre in quegli anni, ossia se i genitori fossero all’oscuro di tutte le atrocità e gli omicidi di massa che il regime hitleriano si è trascinato come macchia indelebile nella storia dell’umanità, Marianne risponderà con un secco: "Io non sono i miei genitori".
Il film, tecnicamente, è girato per intero all’interno della cabina di regia che coadiuva l’utilizzo delle telecamere, durante le gare, in seguito puntate sulla palazzaina 31, che ospitava gli atleti israeliani. La fotografia, affidata a Markus Förderer, con l’utilizzo sapiente di una luce soffusa, quasi in penombra, restituisce l’immagine di un periodo in chiaroscuro in tutta la sua precarietà e inquietudini. Giunta la notizia dell’attacco, sospettato con il rumore degli spari ovattati ma avvertiti dal gruppo di giornalisti, Geoffrey Mason (John Magaro), capo della sala controllo, senza un attimo di indugio, decide di puntare lo sguardo televisivo su quanto sta accadendo all’esterno.
È in questa fredda decisione che si concentra la narrazione del regista. La consapevolezza di trovarsi di fronte ad un evento forse irripetibile da documentare, come un’ambizione e un’opportunità inimmaginabile per un semplice giornalista sportivo, riconosce il diritto di cronaca che, contro ogni deontologia del settore, porterà i protagonisti all’utilizzo di mezzi non proprio convenzionali al fine di raggiungere lo scopo?
Dove realmente finisce la finzione e inizia la consapevolezza che, là fuori, c’è in gioco la vita di un numero imprecisato di esseri umani? Rispondere a questa domanda, spiegherebbe l’evoluzione, o l’involuzione, che la comunicazione e il giornalismo hanno rappresentato nei decenni successivi a quel terribile 5 settembre 1972. La vicenda di Vermicino, di una decina di anni dopo (10 - 13 giugno 1981), che documentò televisivamente la tragica morte di Alfredino, pose gli stessi interrogativi.
Un dato di ascolto di oltre 900 milioni di telespettatori, che fu registrato durante quella diretta da Monaco di Baviera, giustifica realmente uno strappo all’etica e al rispetto della vita di quelle persone che, durante quel drammatico servizio giornalistico, trovarono la morte?
In tutta questa tragica ricostruzione di quelle ore, negli stralci di filmati appena accennati di repertorio, da italiani abbiamo cercato invano i ricordi di imprese sportive dei nostri campioni. Vogliamo ricordare l’impresa compiuta il giorno prima dal nostro campione Pietro Mennea che, in quella edizione, si aggiudicò la medaglia di bronzo nei 200 metri piani, affacciandosi al mondo dell’atletica internazionale, a soli 20 anni.
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