Sempre lodato sia Carlo Bo

Il 25 gennaio ricorre la nascita di Carlo Bo (Sestri Levante 25/1/1911- Genova 21/7/2001), a lungo rettore dell’Università di Urbino
Il 25 gennaio ricorre la nascita di Carlo Bo (Sestri Levante 25/1/1911- Genova 21/7/2001), a lungo Magnifico Rettore dell’Università di Urbino. Molti lo ricordano, tanti ne sentono la mancanza.
Definito di volta in volta “critico cattolico”, “mistico”, “sacerdote dell’ermetismo”, ha rappresentato per sua stessa ammissione la “letteratura come vita”. Pertini nel 1984 giustamente lo nominò senatore a vita. L’operato di Bo nei suoi lunghi anni di rettorato sin dall’inizio si configura come “potere di amministrazione indipendente” nell’avere a cuore le sorti dell’Università incastonata nel territorio. L’Università che sino agli anni Sessanta era un privilegio riservato a un’élite si qualifica nel contesto di Urbino come “impresa istituzionale” che attrae per la sua peculiarità, caratterizzata dal principio dell’accoglienza. L’indicazione rispondeva al voler dare compattezza al corpo docente e studentesco, accomunati e orientati a salvaguardare la cultura formativa rispettosi della tutela del patrimonio artistico e paesaggistico. Nel cercare di definirne meglio l’identità dell’Università urbinate, in un confronto diretto e misurato, capace di ridefinirla e saperla confermare, Bo si pone all’avanguardia. In uno scambio ininterrotto di parole ascoltate e dette, lette e scritte, fa conoscere l’Università di Urbino e giunge a trasformarne la vita. Aperto e comunicativo propone un nuovo modello di Università e si impegna a realizzarlo: ascolta, parla e si fa sentire, in sintonia con la vastità del mondo. La vecchia Università tradizionale viene messa in discussione.
Nell’ascoltare con grande intelligenza e partecipazione emotiva, senza disdegnare la chiacchiera e la conversazione disimpegnata, Bo trovava sempre mille cose da raccontare e riportare. Diplomatico, sapeva alleggerire sdrammatizzare ed evitare i conflitti. Nel proporsi con leggerezza rendeva interessanti anche argomenti e riflessioni considerati da più “pesanti”, o per meglio dire noiose. Adeguava se stesso all’ambiente dove di volta in volta veniva a trovarsi.
Il ricordo del rettore Carlo Bo rimane impresso nella città e nella mente degli urbinati, nella suggestione delle memorie familiari e di quanti lo raccontano, avendone avuta conoscenza diretta.
Giunto in Urbino nel lontano1937 in una sorta di “viaggio iniziatico” seppe dare l’avvio alla propria vita e carriera accademica, tra autostima ed emancipazione, capace nell’esaltare il senso di appartenenza di aiutare e spingere i docenti, gli studenti e gli abitanti a identificarsi con l’Università. Col rettorato di Bo per l’Università di Urbino inizierà una nuova storia. Bo farà dell’Università, intesa come spazio di idee, riflessioni e studi, un luogo di incontro e di cultura internazionale. Nell’interpretare lo spirito dei tempi saprà porre e affrontare i cambiamenti da attuare, avvalorandone le credenziali educative e formative. Sin dal primo Dopoguerra Bo esprimerà una nuova cultura universitaria fondata sul rivalutare l’umanesimo nell’esprimere il valore da assegnare alla persona e all’agire nel quotidiano, capaci di orientare per evitare lo smarrimento.
Tra gli anni Cinquanta e Settanta si afferma una fase di passaggio significativa, con opportunità di crescita. Prospetterà un’Università inclusiva capace di rinnovare, ampliarsi e investire in servizi, dimostrando grande abilità politica che lascerà una traccia duratura a livello italiano e internazionale. L’espansione dei servizi offerti porterà ad aumentare l’eterogeneità degli studenti e il loro numero.
Nel lavoro, chiamati all’Università, per gli urbinati si presenta un’immagine di sé integrata e stabile. Agisce su uno scenario sempre più ambizioso con forte determinazione strategica. L’Università di Urbino realizzerà dei progressi rilevanti in una intensa fase di sviluppo e costante accrescimento. Si svilupperà un senso di comunità fondato su una identità forte e l’agire responsabile.
Gli anni Ottanta e quelli successivi verranno segnati da alti livelli di difficoltà economiche e incertezza che culmineranno nella scelta sofferta di statalizzare l’Università per uscire dalla situazione di crisi e di precaria fragilità, così da evitare la catastrofe fallimentare.
Tanti e complessi i nodi da sciogliere e di fronte allo stallo tradottosi in opposizione del consiglio di amministrazione, per reagire allo stato delle cose, Bo in profonda solitudine, nel sentirsi abbandonato e offeso, arriverà a minacciare e annunciare le sue dimissioni da rettore dell’Università di Urbino che vivrà i suoi giorni peggiori.
Dopo la sua dipartita, avvenuta a Genova il 21 luglio 2001, nel dimostrare sensibilità per ciò che avviene nel contesto universitario, nulla potrà più tornare come prima.
L’eredità di Carlo Bo per i suoi successori rappresenterà un fardello oneroso. La statalizzazione grazie all’impegno e alla perseveranza del prof. Giovanni Bogliolo che gli succederà nella carica di rettore, costituirà un primo passaggio irreversibile e non ritrattabile nell’avanzare concreto verso un futuro che eviterà l’emarginazione periferica, nel saper aprire nuove opportunità, senza disperdersi né smarrirsi.
Un percorso lungo, tortuoso, difficile e complicato in tutta la sua progettualità che sin dal rivedere la spesa corrente per risanare il bilancio e rilanciare gli investimenti in un richiamo consapevole e responsabile ha permesso di avere un ruolo di tutto rispetto nel sistema universitario.
L’Università di Urbino, nel mutare degli anni, continua a proporsi quale fonte inesauribile di esperienze di ricerca e di sapere, in un agire convergente su più fronti. Un modello di sviluppo efficace e sostenibile che mantiene e garantisce la sua visibilità nel richiamare, attivare e sperimentare nuovi percorsi.
Dimostra, con onesta integrità, la capacità di mettersi in gioco, con accurati e forti meccanismi di autocorrezione: un lavoro basato sulla collaborazione istituzionale, legittimati dall’assicurare una formazione all’altezza dei mutamenti in corso, per evitare l’assottigliarsi del corpo studentesco e la consequenziale perdita di competitività nell’immediato futuro. Memori, senza mitizzare il passato, degli insegnamenti di Bo, che gettò le basi per il suo sviluppo, l’Università di Urbino continua a svolgere in modo organico, “con onore e disciplina”, un ruolo centrale quale autorevole istituzione universitaria. Bo aveva sempre l’attenzione di trarre una lezione dalle cose, senza accondiscendere a priori, sempre rivolto a capire e andare a cercare il vero, persino in campo avverso.
Guidato dall’imperativo di cercare e capire sapeva accettare anche quanto in versi di lui scriveva Franco Fortini:
“Carlo Bo.
No”.
A cui seguirà:
“A Bo non piacciono i miei versi
Ai miei versi non piace Carlo Bo”.
Ps. Nell’estate del 1983 assistetti all’ultima lezione di Carlo Bo che volle renderla pubblica e svolgerla nel cortile delle Acli a Piazza Rinascimento: l’immancabile sigaro toscano e una tazzina di caffè che di tanto in tanto sorseggiava accompagnarono il saluto alla sua vita attiva da docente, tra aneddoti e acute riflessioni, uno stile incomparabile da vero maestro che sapeva leggere, tradurre e interpretare i tempi, capace di affascinare con la sua voce profonda da burbero gentile.
Ma un altro ricordo si perde nella mia memoria non son in quale occasione mi trovai a tu per tu col Magnifico che così mi si rivolse: “Dimmi dimmi, da dove veni tu?". Gli risposi: sono nato a Lentini. "Ah… ci sono passato in macchina con Vittorini”.
Per approfondire
Vita di Carlo Bo: una biografia. Il rettore che rese Urbino a misura di studente
Carlo Bo agonista e maestro di verità: eccon l’intero mondo letterario del Novecento
Il gatto nella valigia / Maria Luisa Spaziani
V. Gueglio, Carlo Bo, agonista, Gammarò Edizioni, Sestri Levante 2020.
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