Seminare disastri per raccogliere diluvi

Una delle ipotesi possibili dei disastri ecologici è l’intervento tecnico nell’atmosfera al fine di programmare e aumentare la quantità delle piogge per finalità economiche...

di Salvatore A. Bravo - sabato 2 novembre 2024 - 417 letture

Seminare disastri?

Il politicamente corretto mediatico necrotizza ogni discussione. La logica del sospetto non è paranoia: ipotizzare cause plurali con cui spiegare gli eventi naturali e storici, non può che favorire il percorso che giunge alla verità. L’ordinaria normalità della democrazia è la discussione documentata, invece coloro che osano deviare dalle opinioni politicamente corrette sono tacciati di complottismo o di paranoia.

I disastri climatici hanno un’unica lettura, ovvero l’essere umano è colpevole del cambiamento climatico causato dallo sviluppo economico e industriale, per cui la soluzione è la transizione ecologica. Se ciò fosse vero le classi dirigenti sarebbero le vere responsabili, ma le colpe, al momento ricadono solo sui subalterni rei di utilizzare auto, macchinari e case mai sufficientemente green.

Le giovani generazioni ubbidienti al dogma della religione ecologica sono la cinghia di trasmissione del messaggio fatale. Restano sullo sfondo una serie di ipotesi, che il sistema mediatico e accademico rifiuta di indagare e a cui non viene data voce. Una delle ipotesi possibili dei disastri ecologici è l’intervento tecnico nell’atmosfera al fine di programmare e aumentare la quantità delle piogge per finalità economiche. Si rincorrono le voci sulla nuova ingegneria del clima dopo nuovi disastri, ma puntualmente sono velocemente smentite e rimosse, su di esse cade immediatamente la scure che le connota come “complottiste”.

In nubifragio che inondò Dubai il 14 aprile 2024 durante il quale caddero 145 mm di pioggia in un’area, in cui in un anno ne cadono in media 95, ne è un esempio. L’ipotesi dell’inseminazione delle nuvole fu ventilata, ma subito si virò sull’emergenza climatica e ambientale. Il sospetto medesimo tocca anche L’alluvione di Valencia e per analogia anche le alluvioni in Emilia Romagna. Due mesi fa il giornale spagnolo “El Tiempo” ha denunciato l’inseminazione delle nuvole in Marocco:

“Inoltre, l’inseminazione delle nuvole può alterare l’umidità relativa dell’atmosfera. Questa situazione potrebbe portare a siccità in aree inaspettate o a piogge intense, perché le conseguenze della geoingegneria climatica sono attualmente imprevedibili“.

La geoingegneria è tecnica di manipolazione dell’atmosfera estremamente pericolosa. Le variabili in gioco sono notevoli, pertanto gli effetti potrebbero essere maggiori rispetto agli obiettivi desiderati. L’atmosfera, inoltre, non conosce confini geografici, pertanto taluni effetti potrebbero estendersi agli Stati limitrofi. L’articolo su El Tiempo riportava con somma preoccupazione l’impossibilità di controllare gli effetti dell’inseminazione delle nuvole. Ancora una volta etica e tecnica sono profondamente scisse. La tecnica al servizio dei potentati potrebbe essere, è solo un’ipotesi, la causa dei disastri climatici:

“Secondo alcuni esperti i cambiamenti climatici possono causare un aumento dei fenomeni meteorologici estremi, come tempeste, fulmini, grandinate e persino tornado. Infine, va considerato il possibile conflitto geopolitico che potrebbe insorgere tra gli Stati interessati, come Spagna e Marocco, a causa dell’alterazione delle condizioni ambientali dovuta alla decisione di un singolo Paese”.

Non si tratta di individuare nella geoingegneria La causa di tutti i mali metereologici, ma di capire, caso per caso, la complessità dinamica casuale, intenzionale e ambientale che si nasconde dietro ogni disastro. L’agenzia metereologica iberica riporta che:

“secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato dopo il vertice sul clima COP28 del 2023, la geoingegneria climatica potrebbe innescare una serie di reazioni a catena con rischi significativi per gli esseri umani, gli oceani, le temperature globali e la biodiversità”.

I rischi della sua applicazione, a quanto pare ormai è acclarata e deve indurci ad abbandonare il fatalismo con cui si subisce lo sviluppo e l’applicazione delle tecniche d’intervento sulla natura. Emma Ruttkamp-Bloem, Presidente della Commissione mondiale dell’UNESCO per l’etica della conoscenza scientifica e della tecnologia (Comest) ha rilasciato le seguenti affermazioni su cui è necessario riflettere:

“L’ingegneria climatica presenta rischi, sia in termini di interazione con il clima, sia in termini di potenziale di aumentare i rischi esistenti e generarne di nuovi. Prima di continuare a sviluppare queste nuove tecnologie è necessario comprenderne appieno gli effetti e le implicazioni etiche. Qualsiasi dibattito sull’ingegneria climatica deve avere una dimensione etica e politica allo stesso tempo, riflettendo gli interessi opposti di varie regioni e comunità”.

Non conosciamo con certezza le cause dei disastri che si ripetono, ma è fondamentale porre domande e cercare le risposte, in ogni caso è evidente che siamo in piena ”notte del mondo”, poiché la democrazia dovrebbe comportare il libero esame e dibattito per capire le cause di tali tragedie. Le versioni precostituite e sempre eguali non aiutano a prevenire le catastrofi climatiche e, specialmente, a salvare vite umane. La domanda che dovremmo ulteriormente porci è: “Cui prodest?”

Fare ipotesi e cercare risposte può essere un ottimo modo per cercare le relazione tra affari, disastri e innovazione. Il primo dato inaggirabile è che non siamo i padroni del cielo e della terra. Siamo esseri segnati dalla finitudine e ogni titanismo non può che portare nell’abisso della hybris. Il capitalismo è una forma di gigantismo titanico che reca con sé la distruzione, in quanto non conosce etica e non conosce limite. L’emergenza climatica assunta come un postulato dev’essere interrogata e analizzata, affinché vi sia una più profonda consapevolezza dell’emergenza clima.


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