Seconds Out, il secondo album dal vivo dei Genesis compie 40 anni

Era l’ottobre del 1977, quando veniva lanciato sul mercato il secondo esperimento live del gruppo britannico Genesis.
Peter Gabriel aveva lasciato il gruppo due anni prima. Ci si potrebbe perdere sui motivi che spinsero il leader carismatico dei Genesis ad avventurarsi nella carriera solista. Il tempo, come sempre, ha dato ragione a tutti. A Gabriel, che ha lasciato il segno anche da solista. Al resto del gruppo, che in piena sintonia con la produzione precedente, ha saputo reagire all’abbandono del suo cantante storico che, a volte, con il suo atteggiamento istrionico, aveva messo a disagio gli altri componenti del gruppo durante le sue esibizioni mascherate ed imprevedibili durante i concerti.
L’avventura musicale, lanciata con la pubblicazione dell’album Seconds Out, aveva seguito l’ottimo riscontro del pubblico e della critica con il precedente Genesis Live, uscito quattro anni prima (1973). L’idea era nata anche dall’apprezzato tour portato in giro in quell’anno in varie tappe europee e, in modo particolare, l’album raccoglie le registrazioni dei principali concerti eseguiti in Francia.
Phil Collins era già diventato la mente pensante ed il cantante ufficiale del gruppo, dopo l’uscita di Gabriel. La sua impronta vocale, ma soprattutto musicale, la si può riconoscere nelle musicalità più raffinate e tendenti al jazz, che avevano caratterizzato gli album più prossimi a questo live. The Lamb Lies Down On Broadway, uscito nel 1974, aveva già dato una sterzata allo stile onirico e fiabesco, tipico degli album d’esordio, nei quali indubbiamente i testi delle canzoni avevano un’influenza e un timbro di fabbrica che consentiva dalle prime strofe di riconoscere il gruppo, in mezzo a tanti altri sperimentali che invasero il mercato musicale internazionale di quegli anni.
A conferma di questa nuova veste artistica, con Seconds Out si avrà occasione di poter ammirare, sia con l’ascolto, ma anche visivamente per coloro che ebbero la fortuna di assistere ad uno dei concerti del tour, ad una delle prime sperimentazioni musicali che prevedeva la presenza della doppia batteria, sfruttando la tecnica musicale di Chester Thompson, il batterista statunitense che molti cultori del jazz fusion, hanno potuto apprezzare nel corso della sua esperienza condivisa con i Weather Report.
Seconds Out, rigidamente in vinile, rientra tra quei dischi che non possono mancare nella collezione privata di ogni singolo estimatore del gruppo. Il disco, sotto l’aspetto tecnico, non presenta particolari arrangiamenti sofisticati, rispetto ai brani suonati in studio. L’atmosfera del sottofondo vocale del pubblico presente nei concerti, quella buona dose di fruscio che la puntina riesce ad esternare tra i solchi del vinile, sono elementi che arricchiscono l’esecuzione pezzi già conosciuti dal pubblico dell’epoca. Era abitudine, sviluppatasi specialmente negli anni ’70, raccogliere il meglio dei live portati in giro per il mondo e farne pietre miliari da tramandare ai posteri.
Se ne potrebbero citare diversi, qui ci limiteremo a segnalarne qualcuno, pur sapendo di fare torto ad altri. Ci vengono in mente subito Grateful Dead “Europe ’72”, The Rolling Stones “‘Get Yer Ya-Ya’s Out!’ The Rolling Stones in Concert” (1970), The Who “Live at Leeds” (1970), ma come abbiamo detto, era molto diffuso l’uso di questo espediente da parte delle case discografiche per garantirsi un facile guadagno, in attesa che il gruppo in questione sfornasse la nuova produzione.
Ritornando a parlare di Seconds Out, il disco è un doppio album, diviso quindi nelle storiche quattro facciate. Dodici pezzi incisi, di cui uno, Supper’s Ready, della durata di 24 minuti e 33 secondi, copre l’intera terza facciata. La formazione, destinata a mutare ulteriormente, era composta da Phil Collins (batteria) Steve Hackett (chitarra), Mike Rutheford (basso) e Tony Banks (tastiera).
Un disco che merita di essere riscoperto o, per le nuove generazioni, ascoltato con la consapevolezza di confrontarsi con una musica ideata, arrangiata ed eseguita con mezzi che oseremmo definire "analogici". Strumenti e registrazioni che, ancora oggi, sono rimpianti da molti estimatori, e in forte rilancio in un periodo in cui si sta riscoprendo la passione per il vinile. Un binomio che inevitabilmente necessita del disco originale, quanto meno ristampato prima degli anni ’80, quando il cd invase il mercato musicale.
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