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Scusaci Mohammed, abbiamo un governo vigliacco

Rimandato in Egitto l’animatore della solidarietà nei confronti dei cittadini stranieri arrampicati sulla gru a Brescia. La sua unica colpa era quella di non aver in tasca un pezzo di carta. Ma anche di essersi ribellato. E questo, gli omuncoli del governo non potevano tollerarlo

di Adriano Todaro - mercoledì 24 novembre 2010 - 3393 letture

Quella contro Mohammed è stata un’azione vigliacca. Non si può definire diversamente l’espulsione del popolare operaio egiziano che ha guidato, a Brescia, la solidarietà nei confronti di sei cittadini stranieri che per 17 giorni sono restati su una gru per protesta.

Un’azione vigliacca, una rappresaglia di un governo che non tollera le proteste, ma vede di buon occhio le puttane di corte, forte con i deboli e debole con i forti, un governo che in campo internazionale è una barzelletta e da noi è cominciato come una farsa e si è trasformato in tragedia. Questi guitti da avanspettacolo provinciale sono andati al governo grazie al Sultano e ai voti di tanti italiani beceri e ignoranti che hanno visto in lui quello che loro vorrebbero essere. Un popolo di destra, attento alla pancia e distante da cuore e cervello.

Dovremmo scusarci con Mohammed e ringraziarlo. Scusarci perché l’abbiamo trattato male, preso in giro. Scusarci perché l’abbiamo illuso e poi imbarcato con la forza e rispedito in Egitto senza neppure concedergli di difendersi, di chiamare il suo avvocato. Dovremmo ringraziarlo per il lavoro fatto in Italia, per essere stato disponibile a lavorare tanto e guadagnare poco, senza sicurezza, da clandestino, arricchendo così il suo padrone. E con lui dovremmo ringraziare tutti gli stranieri che lavorano nel nostro Paese, le badanti che curano i nostri vecchi, quelli che dormono nei sottoscala e pagano affitti carissimi a italiani che li disprezzano, quelli che lavorano nei campi e nelle concerie, che svolgono un lavoro insalubre che gli italiani non vogliono più compiere.

Ma la vicenda di Mohammed è anche la cartina di tornasole di cosa è diventata l’Italia dopo 16 anni di quasi completo dominio berlusconiano, senza opposizione, acquiescente, un Paese in preda all’afasia. Tutti, o quasi, proni davanti al Sultano, a questo vecchietto laido con grandi vizi e nessuna virtù, un mediocre che si è attorniato da mediocri personaggi che in altra epoca o in un Paese diverso, avrebbero potuto solo essere dei falliti. Invece sono al governo, comandano, dispongono, ricattano e fanno i loro interessi.

Mohammed, 28 anni, che a Brescia chiamano tutti Mimmo, era in Italia da sette anni. Lavorava, naturalmente in nero, come saldatore. La sua colpa è quella di non avere in tasca un pezzo di carta con qualche bollo che dimostri la sua posizione regolare. Tutto qui. Non ha messo bombe, non ha tramato, non ha violentato o ucciso. No. La sua colpa è stata di non avere un pezzo di carta. Quel pezzo di carta azzurra è però importante. Senza quella carta non puoi affittare una casa, avere un lavoro regolare, camminare per strada tranquillo. In pratica, vivere. Non solo. Mimmo ha anche un’altra grave colpa per il ministro dell’Interno. La colpa di essersi ribellato, di essere stato l’animatore del presidio sotto la gru di Brescia, di essersi fatto notare troppo. E questo, il governo, non può tollerarlo. Aveva fatto la domanda di sanatoria, ma è stata respinta. Lui, però, pensava agli altri suoi compagni e si era recato al consolato egiziano di Milano per parlare con il console e cercare di impedire il rimpatrio coatto di nove egiziani dopo che erano stati fermati durante lo sgombero del presidio sotto la gru di Brescia. Uscito dal Consolato ben tre auto della polizia l’hanno seguito e, infine, “catturato”, in un bar. Portato al Cie di via Corelli, dopo tre giorni è stato imbarcato su un aereo delle linee egiziane e rispedito in Egitto. Il suo avvocato è corso alla Malpensa nella speranza di bloccare l’espulsione, ma è stato tutto vano. Non gli hanno neppure concesso di consegnarli il passaporto.

Pensate, tre auto della polizia per seguire Mimmo. Quanto è costata quest’operazione? Spesso le auto della polizia non hanno neppure la benzina ma questa volta l’hanno evidentemente trovata. Mohammed non era il nipote di Mubarak, non aveva conoscenze altolocate, non conosceva neppure di nome la consigliera regionale Minetti, era, insomma, un poveraccio cui l’Italia ha negato non solo i diritti, ma anche la dignità. Un Paese, il nostro, distante, che guarda questi avvenimenti con fastidio, dove un leghista con responsabilità istituzionali può affermare bellamente che bisognerebbe fucilare sul posto chi ruba nelle case alluvionate. E non succede nulla. Assuefatti alle grevi barzellette del Sultano e del sodale Bossi, questi episodi passano sopra la testa. Qualcuno ride, altri fanno finta di niente. Poi, quando Mimmo è espulso perché ha avuto il coraggio di alzare la testa, si parteggia per il ministro, in modo deciso.

Questi discorsi li sento in continuazione. Abito in una zona leghista dove il becerume ha fatto proseliti, ha sfondato anche le barriere difensive dall’imbarbarimento e così persone insospettabili si dicono convinti che è necessario porre un freno alla “invasione” degli stranieri. I giornali non si leggono, basta la Tv con i suoi pupazzi ceronati e le vallette siliconate, i talk show e gli “approfondimenti” dove tutti gridano e non c’è nessun approfondimento perché non c’è nulla da approfondire. Ognuno recita la propria parte che gli è stata assegnata e poi che palle questi problemi. Meglio cambiare canale e meno male che fra poco comincia Sanremo.

Eppure gli stranieri sulla gru di Brescia e sulla torre di Milano ci hanno dato un’esemplare lezione di civismo. Con il loro gesto hanno dimostrato una grande dignità, una dignità che la si conquista solo con la lotta, con la ribellione contro le truffe e lo sfruttamento. Hanno pagato e pagano un prezzo altissimo, ma sono determinati a continuare a lottare per vedersi riconosciuti diritti fondamentali che dovrebbero valere per tutti.

Mimmo-Mohammed ora è in Egitto. Probabilmente non tornerà più in Italia e noi lo dimenticheremo presto. A lui vanno le scuse di tutti gli onesti, degli italiani che non hanno come obiettivo il Bunga Bunga quanto piuttosto riuscire a pagare l’affitto o il mutuo, trovare il posto di lavoro o sposarsi. Non so se riusciremo mai a sconfiggere questi cialtroni, ma la nostra mente, il nostro cervello e il nostro cuore non ha sede ad Arcore perché la dignità, la nostra e quella di Mohammed, non la può comprate nessuno, neppure il Sultano.


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