Sant’Anna di Stazzema
Passeggiare dentro il borgo conosciuto in tutto il mondo per il suo eccidio. Dove la Storia diventa vergogna. 80 anni dopo, come se fosse ieri.
Le occasioni per parlare e documentarsi su Sant’Anna di Stazzema sono state molteplici da quel 12 agosto 1944, data dell’eccidio operato dall’esercito nazista e che provocò la morte di 560 persone, tra le quali molte donne e bambini.
Questa storia ce l’hanno raccontata sotto ogni aspetto letterario e visivo, dai documentari, ai film - come dimenticare Miracolo a Sant’Anna del regista statunitense Spike Lee e girato nei luoghi della strage nel 2008 - dai libri alle canzoni, famosa quella incisa da Fabio Concato dal titolo Sant’Anna.
Esserci, però, in questi luoghi è qualcosa di diverso. È guardare negli occhi le poche persone che si ha occasione di incrociare durante una visita tra le viuzze, nella piazza dell’eccidio, davanti ai monumenti eretti al ricordo. È soffermarsi sul prato davanti alla chiesa, che oggi ospita una sorta di museo dei ricordi, che diventa un’osmosi tra presente e passato, tra emozioni e disgusto verso la guerra, sinonimo di morte e dolore e rassegnazioni incomplete che neanche un’intera vita riuscirà mai a placare del tutto.
È il percorso che conduce a questo piccolo villaggio di case, la strada che si inerpica tra i tornanti, a volte così stretti da rendere difficoltoso il passaggio di due auto in senso opposto. È arrivare in uno slargo che ospita sulla destra un piccolo cimitero nel quale ci siamo soffermati per unirci umilmente alla paura di quegli esseri umani falcidiati crudelmente come un altro effetto collaterale da estirpare il prima possibile. All’interno del cimitero un’unica tomba riporta la data dell’eccidio. Il resto della storia occorre percorrerla a piedi indirizzandosi verso la chiesa di Sant’Anna.
All’interno abbiamo incontrato una dolcissima anziana signora che ci ha consigliato cosa e su quali particolari della chiesa soffermarsi. Una gigantografia appesa ad una parete mostra i volti delle vittime. Le foto ci avvicinano a quel 12 agosto 1944 più di quanto pensassimo. La donna, superstite involontaria di quella tragedia, ci indica la foto della sorella di 5 anni uccisa selvaggiamente insieme a tante altre vittime. L’età di queste vittime è capace di sventrare la più indifferente coscienza di chiunque potrebbe consolarsi citando altre stragi, precedenti o successive a quelle raffigurate sulla parete.
"Sopravvivere per ricordare tutto questo, come a non avere il diritto di dimenticare. Come a dover trascinarsi la colpa della crudeltà umana" - sono le uniche parole che l’anziana signora riesce a trasmetterci. Sufficienti per rimanere in silenzio e non chiedere altro.
Passaggio obbligato al museo storico della Resistenza. Ricavato sulla vecchia struttura delle scuole elementari del paese, venne inaugurato nell’autunno del 1982, dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 19 settembre 1991, grazie alla Legge Regionale n.39/91, venne trasformato nell’attuale Museo Storico della Resistenza in Toscana. L’ingresso è gratuito ma le testimonianze conservate nelle sale, tra le quali una teca che conserva gli oggetti ritrovati e appartenuti alle vittime, meritano l’offerta libera richiesta.
L’ultima tappa, sicuramente non meno importante dell’intera visita, è l’Ossario che conserva i resti delle vittime identificate e di quelle non identificate. Si raggiunge con una scarpinata a piedi su un sentiero costruito in ciottoli di pietra, lungo il quale è possibile soffermarsi ad ammirare il piccolo borgo del Pero, una linea curva di case che ha costituito nel passato il centro urbano più popoloso, anche se definirlo popoloso è quasi un eufemismo se si considera che un cartello informativo segnala un numero tra le 40 e le 60 persone durante il periodo della guerra.
Alla fine di questa metaforica scarpinata, che costituisce anche il percorso della via crucis utilizzata dai fedeli, si giunge su una collina che ospita il monumento. Posto sul Col di Cava, il Monumento Ossario domina la pianura ed il litorale sottostanti, a perenne ricordo delle vittime della strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzema. Realizzato nel 1948 su progetto dell’architetto Tito Salvatori, è costituito da una torre in pietra a faccia vista alta 12 metri, sorretta da quattro arcate, sotto le quali è collocato un gruppo scultoreo rappresentante una giovane madre caduta sotto il fuoco nazifascista, opera dello scultore Vincenzo Gasperetti.
Sant’Anna di Stazzema, senza nulla togliere agli altri luoghi che furono scene di altre stragi di vittime innocenti, come solo la guerra riesce a trasmettere ai posteri, dovrebbe essere una tappa obbligata di ogni italiano, tralasciando le vetrine speculative che spesso la politica ha utilizzato e utilizza quando decide di strumentalizzare ogni ricorrenza e trasformarla in ignobile propaganda. Questo è un luogo di riflessione, da visitare per sostenere un ricordo, ma anche per avvicinarsi ad un mondo non così lontano dalla nostra realtà. Un luogo simbolo dell’incredibile livello di crudeltà che l’essere umano possa raggiungere.
- Pianta del territorio
- Chiesetta dell’eccidio
- Documento storico
- Oggetti ritrovati dopo dell’eccidio
- Veduta panoramica dal museo
- Borgo il Pero
- Monumento l’Ossario
- Campana Stazzema
- Le vittime dell\’eccidio
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