Samuel, Aurora, Sara e Fatmir
In questi anni di dimenticanza per difendere la vita e il lavoro dovremmo, in controtendenza con i media, ricordare le vittime di ogni violenza e immaginarci le loro esistenze spezzate. Ricordarle significa pensarle con il cuore e con la mente...
Samuel Tafciu (18 anni) e due gemelle Aurora e Sara Esposito (26 anni) sono letteralmente saltati in aria ieri 19 novembre 2024, mentre confezionavano fuochi d’artificio in una fabbrica abusiva ad Ercolano. Si tratta di vittime cadute sul lavoro. Aurora era madre di una bimba di 5 anni, mentre il giovane diciottenne era padre di una bimba di pochi mesi. Aurora e Sara erano gemelle. Lavoravano per sostenere i figli. Il lavoro è vita, loro, invece, hanno incontrato la morte. Il giorno prima un operaio Fatmir Isufi di 51 anni è morto schiacciato da un braccio di una gru a Torino, è riuscito a salvare il figlio che lavorava con lui nel cantiere.
Per poter sopravvivere e sperare in una vita migliore spesso si accetta anche il lavoro illegale. La condizione lavorativa sempre più precaria e la disoccupazione che spettralmente assedia la mente e il corpo di coloro che disperano di essere assunti in modo continuativo non possono che condurre a rassegnarsi ad accettare ciò che in un paese civile e democratico sarebbe impensabile. Siamo in piena barbarie. Tre vittime giovanissime, dunque, la cui morte tragica e terribile peserà sui parenti e sugli amici. Ogni tragedia sul lavoro non dovrebbe conteggiare solo le vittime, ma dovrebbe contemplare l’onda d’urto della morte che investe coloro che era legati alle vittime. La morte sul lavoro reca con sé un numero indefinito di vittime che trascineranno la loro esistenza mutili nel corpo e nella mente di coloro che non ci sono più. Le vite dei caduti non hanno meritato sui media il medesimo spazio dedicato a talune categorie di vittime. Le loro storie e i loro nomi non compaiono nelle cronache e non hanno suscitato dibattiti e indagini nei salotti televisivi. Tutto continua come nulla fosse successo tra gossip ed esaltazione dei vip. Sembra che nulla arresti il cinismo della società dello spettacolo-mercato.
Le vittime sul lavoro sembrano essere figli di un “dio minore”. Il doppio pesismo svela la verità del nostro tempo storico, in cui ci ritroviamo sempre più ineguali in ogni aspetto dell’esistenza e anche nella morte.
Il potere si legittima mostrando la difesa dei diritti di alcune categorie (donne e persone omosessuali) per occultare la tragedia del lavoro e dello sfruttamento. Si continua a finanziare la guerra con il pubblico denaro, mentre le condizioni lavorative divengono sempre più pericolose e la sanità pubblica scompare nelle spire dei privati. La contraddizione che lacera il tessuto sociale non trova spazio sufficiente nella politica e nei movimenti sindacali, questi ultimi spesso sono divisi e favoriscono in tal modo le logiche padronali.
I rappresentanti del governo non sono mai presenti nei luoghi dei caduti del lavoro, possiamo anche immaginare le motivazioni. Non sarebbero applauditi tanto più che da destra a sinistra tutti hanno contribuito alla precarizzazione dei contratti e della sicurezza. In questi anni di dimenticanza per difendere la vita e il lavoro dovremmo, in controtendenza con i media, ricordare le vittime di ogni violenza e immaginarci le loro esistenze spezzate. Ricordarle significa pensarle con il cuore e con la mente e da ciò trarre la motivazione a denunciare quanto accade. La memoria condivisa, non dimentica, e pone le condizioni per ricostruire il fronte del lavoro da decenni umiliato e vilipeso, per loro non possiamo fare altro.
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