Romanzo di una strage

Regia di Marco Tullio Giordana. (Italia, 2012, drammatico, 129 min.) Con Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Fabrizio Gifuni, Valerio Mastandrea, Laura Chiatti.
Liberamente ispirato al libro di Paolo Cucchiarelli “Il segreto di Piazza Fontana”, il film di Giordana racconta, come un romanzo, la strage di Piazza Fontana, ancora senza colpevoli dopo 43 anni; o meglio, come si sostiene nel film, la verità esiste, solo che non è mai emersa dalle sentenze. Non perché la magistratura non ci avesse provato, ma perché fin dall’inizio le vicende sono state interpretate e le indagini orientate in una direzione che, come viene definita in un capitolo del film, si può chiamare “ragion di Stato”.
Milano, 12 Dicembre 1969, ore 16.37, piazza Fontana: un’esplosione devasta la Banca Nazionale dell’Agricoltura, ancora piena di clienti. Muoiono 17 persone e altre 88 rimangono gravemente ferite. Nello stesso momento, scoppiano a Roma altre tre bombe e un altro ordigno viene trovato inesploso a Milano. E’ evidente che si tratta di un piano eversivo ma dapprincipio si indaga dalla parte sbagliata: il commissario Calabresi (Valerio Mastandrea) si convince della pista anarchica, ferma l’innocente ferroviere Pinelli (Favino), perdendo di vista le cospirazioni che legavano ambienti neonazisti veneti a settori deviati dei servizi segreti.
Poi 33 anni di processi che si susseguono nelle sedi più disparate, con sentenze che si smentiscono a vicenda. Alla fine tutti assolti e strage che a tutt’oggi non ha colpevoli così come recita l’inquietante scritta del film: “dopo 43 anni la strage di Piazza Fontana è ancora senza colpevoli”. Nel frattempo Pinelli ….precipita dalla finestra della questura di Milano e il commissario Calabresi viene ucciso da esponenti di Lotta Continua il 17 Maggio 1972. Prendono il via i cosiddetti “anni di piombo”. In un certo senso, quel pomeriggio, è come se l’Italia avesse perso la “verginità”.
È l’inizio di una stagione di bombe, ideata dagli apparati statali e messa in pratica da manovalanza neofascista, che comprenderà la strage di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974, 8 morti), la strage del treno Italicus (4 agosto 1974, 12 morti), la strage della stazione di Bologna (2 agosto 1980, 85 morti), volta a spezzare il fermento rivoluzionario di studenti e operai, instaurando un clima di terrore che giustificasse una sempre maggiore repressione e autoritarismo da parte dello Stato (con un tentativo concreto di golpe militare capeggiato dall’ex comandante della X Mas Junio Valerio Borghese il 7 dicembre 1970).
Come mai si è dovuto aspettare così tanto per avere un film sulla strage di Piazza Fontana? Negli anni ’70 numerosi furono i film di genere che ci girarono attorno, senza farvi preciso riferimento ma soltanto portando sul grande schermo il fermento, con la rabbia intrisa di ideali, delle mutate inquietudini metropolitane. In primis “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (stroncato dalla sinistra), o i film polizieschi ambientati nel capoluogo lombardo (“Milano trema, la polizia vuole giustizia”, “Milano Rovente”, “Milano Violenta”, “Milano odia: la polizia non può sparare”).
Probabilmente perché è difficile affrontare i buchi neri della giustizia: chi si approssima a siffatta operazione si vuole approvvigionare di tutti gli strumenti a disposizione e ciò comporta molto tempo. Meno male che Marco Tullio Giordana vi si è cimentato; speriamo che il suo lavoro possa trovare spazio in concorso a Cannes. Sarebbe un meritato veicolo pubblicitario non tanto per il prodotto cinematografico in sé, ma per il motivo per cui il film è nato: affinché specialmente i giovani non dimentichino! Perché purtroppo ci fu un tragico pomeriggio quel venerdì al centro di Milano a cui seguì una tragica notte (quella tra il 15 e il 16 dicembre, a proposito della fine del ferroviere anarchico), ci furono battaglie di verbali e di carta bollata, strani ambienti di questura e di tribunali, magistrati troppo frettolosi e insabbiatori, avvocati rissosi e poliziotti uno più bugiardo dell’altro.
Questo e tanto altro in un meticoloso progetto di ricostruire, con venature documentaristiche, quanto accadde il 12 dicembre e quanto ne seguì. Spazio pertanto anche ai vari Franco Freda e Giovanni Ventura, a Giannettini, a Stefano Delle Chiaie, al “ballerino” Valpreda, all’infiltrato Sottosanti (Nino il Fascista). Nel cast Laura Chiatti (Gemma Calabresi), Fabrizio Gifuni (Aldo Moro), Luigi Lo Cascio (giudice Paolillo), Giorgio Tirabassi (il professore), Michela Cescon (Licia Pinelli), Omero Antonutti (Saragat), Francesco Salvi (il tassista Rolandi) e Giorgio Colangeli (Federico Umberto D’Amato).
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