Rocco Calabria, il Van Gogh di Puglia
Biografia, arte ed opere del pittore ginosino, Rocco Calabria.
Dalle strade alle gallerie. Si è conclusa da poco a Bari, la rassegna delle opere pittoriche di Rocco Calabria presso la Galleria Tortora. Nel 2008 un catalogo fu dato alle stampe per merito dell’avv. Nino Giordano. Qualche anno fa, pochi avrebbero predetto il successo del pittore ginosino ma i tratti della grandezza c’erano già tutti, follia compresa.
Rocco a volte si presentava per le strade di Ginosa con 4 o 5 tele che vendeva per 40-50 mila lire ed anche meno. Più spesso le regalava. Il suo aspetto trasandato, i suoi modi, facevano tirare dritto. Ma qualcuno iniziò a capire che “Rocchino” non era un folle, ma un pittore follemente bravo, che raccontava i suoi sentimenti, raffigurando gli uomini, la natura, le città; una predisposizione naturale fin dai primi gradi scolastici.
Fiutando l’affare molti hanno cominciato finalmente ad osservare i suoi quadri. La ricerca è scattata subito: un quadro abbandonato nel garage, una cornice appesa in qualche seconda residenza. Poi richieste esplicite di una qualche tela, non di rado accolte. “Ho dipinto oltre 2000 quadri” dice sorridendo Calabria e il fratello Leonardo che insieme con lui ci concede l’intervista, annuisce paziente. Grande capacità evocativa, grandissima sensibilità, vissuto personale sconvolgente, un mix che, anche in assenza di qualsiasi studio artistico, lo ha portato a raffigurare il “sentimento” di chi guarda al soggetto rappresentato e con precisione chirurgica lo trasmette. Sono gli stessi canoni che hanno reso celebre ed apprezzata nel mondo la pittura di Van Gogh e senza dubbio la pittura di Calabria può esservi accostata, senza perdere nulla della sua originalità. Rocco racconta, sorprendendo il fratello Leonardo: “io ho guardato tutti, da Michelangelo a Tiepolo, sono pittore, ho passione per l’arte”.
Rocco Calabria nasce a Ginosa in provincia di Taranto il 23 Luglio del 1954 e già la sua infanzia si presenta problematica, per il rapporto mancato con il padre, ormai scomparso, probabile origine dei suoi malanni psichici che ancora lo tormentano. Padre che cerca di raggiungere a 16 anni a Milano, periodo durante il quale viaggia molto. E’ precoce infatti: i suoi stessi modi di vestire erano incredibilmente avanti, i suoi disegni già richiesti. “Volti, donne, il mare, mi piace tutto, azzardo” dice. “Piango, soffro, ma voglio lasciare il vero dell’arte, della natura. Io non tanto mi posso esprimere, ma so tutto di me. L’acqua, l’acquazzone, il paesaggio, l’atomosfera, lo metto sul quadro”. E va via, scusandosi. Ciò che Rocco sente, precisa il fratello, non lo rivela, lo tiene per sé. Il suo unico mezzo è la tela, da interpretare.
E con quella Rocco parla quando dipinge, in una sorta di immedesimazione totale con il soggetto, di trance. Sono venuti anche per riprenderlo, ma lui non piace essere osservato mentre dipinge. Lo fa di notte, con una piccola luce ora, in uno scantinato della sua casa. Da qualche tempo Rocco però è più sereno, si lamenta solo delle “punture” che gli danno “dolore ai rognoni”, gli tolgono lucidità e manualità per pittura. Sono un pittore dice, la definizione è totalizzante: l’arte è il suo solo fine. Una sorta di dono, quasi una mano ora non più sua: “non aveva mai fatto questa descrizione della sua arte” dice il fratello e confida: “tanto del mistero della pittura di Rocco deve essere ancora svelato”. Solo, non è ancora tempo.
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