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Report: la solidarietà dei sepolcri imbiancati

Dopo Stampa e Repubblica. E Huffington Post? – La parola “Pace” in radio e Tv ogni 3 minuti – Cdr Rai: prendere posizione sul caso Boccia – Sole 24 Ore compie 160 anni e sciopera – Trump protesta per i capelli

di Adriano Todaro - mercoledì 22 ottobre 2025 - 590 letture

GEDI: E THE HUFFINGTON POST? – Dopo che la Gedi di Elkann ha deciso la vendita de la Stampa e quella possibile di Repubblica, i giornalisti di HuffPost sono, giustamente, preoccupati del loro avvenire. Si sono riuniti in assemblea dopo che c’è stata una smentita informale da parte della Gedi. Purtroppo la smentita non era ufficiale. Di qui, l’ovvia preoccupazione dei giornalisti. L’assemblea dei giornalisti «rifiuta con fermezza ogni ipotesi di uscita dal perimetro aziendale, così come respinge ogni forma di trattativa o cessione della testata che non tenga conto della storia di HuffPost come voce nazionale, indipendente e autorevole, nata e radicata a Roma con un’inviata permanente a Bruxelles. Il Comitato di Redazione si attiverà da subito per porre in essere tutte le azioni sindacali, coinvolgendo l’Associazione Stampa Romana e la Federazione Nazionale della Stampa, a tutela dei diritti e dei livelli occupazionali dei giornalisti assunti e dei colleghi collaboratori fissi nell’ottica di riaffermare la centralità del Contratto Nazionale di Lavoro Giornalistico e di allontanare ogni ipotesi di operazioni avventuristiche. Altresì il Cdr si impegna a contrastare con tutti i mezzi ogni azione che risulti lesiva del futuro professionale e occupazionale dei giornalisti, dell’indipendenza e dell’autorevolezza della testata, della dimensione nazionale del giornale, e della libertà di fare informazione delle firme di HuffPost».

TRUMP PROTESTA ANCHE PER I CAPELLITime ha pubblicato la copertina con un eloquente titolo: «His triumph», il suo trionfo ma Trump si è lamentato ugualmente: «Mi hanno fatto ‘scomparire’ i capelli e poi mi hanno fatto galleggiare sulla testa qualcosa che sembrava una corona fluttuante, ma estremamente piccola. Davvero strano!... Non mi è mai piaciuto che la foto fosse scattata dal basso, ma questa è una foto pessima e merita di essere criticata…». E c’è stata anche un’altra protesta, questa volta da parte dei giornalisti. Una trentina di loro hanno lasciato il Pentagono dopo essere stati privati dall’accredito per essersi rifiutati di accettare le regole di accesso imposte dal segretario Pete Hegseth. Tra loro anche la trumpiana NewsMax e Fox, la stessa rete per cui Hegseth lavorava prima di entrare nell’amministrazione Trump.

IL SOLE 24 ORE COMPIE 160 ANNI E SCIOPERA – Il primo quotidiano economico italiano ha compiuto 160 anni di vita. È nato, infatti, il 9 novembre 1965 quando Sole (fondato nel 1865) e 24Ore (1946), entrambi di proprietà Confindustriale si uniscono in una sola testata. Per festeggiare l’evento, il 9 novembre scorso, al Museo delle Culture – Mudec di Milano ci sono stati una serie d’incontri aperti a lettori e cittadini. Nel 1983, direttore Gianni Locatelli, le vendite passeranno da 90 mila a 300 mila copie giornaliere. Oggi ha una tiratura (non vendita) di circa 130 mila copie. Intanto sabato 18 ottobre il Sole non è uscito (o meglio, è uscito a foliazione ridotta) a causa di uno sciopero dei giornalisti. Il tutto nasce da un’intervista a Giorgia Meloni. L’intervista viene prodotta da una collaboratrice esterna, Maria Latella, mentre alla conferenza stampa sulla manovra, a Palazzo Chigi, erano presenti due redattori interni che, nella pratica, sono stati così scavalcati. Il direttore, per scongiurare lo sciopero, ha proposto di aggiungere la sua firma a quella di Latella. Proposta rifiutata dal Cdr. Ma che sia uscito pur con foliazione ridotta mentre i giornalisti erano in sciopero non è andata bene, ovviamente, al Comitato di redazione che per protesta ha proclamato di nuovo sciopero domenica 19 e ha deciso per altri 5 giorni di sciopero.

CASO BOCCIA: LA RAI PRENDA POSIZIONE – Non si fermano le polemiche per quanto dichiarato dalla direttrice dell’Ufficio stampa Rai, Incoronata Boccia. La direttrice aveva dichiarato che non c’è «una sola prova che l’esercito israeliano abbia mitragliato civili inermi». I Cdr della Rai hanno preso posizione con il seguente comunicato: «Esprimiamo la nostra indignazione e difendiamo il lavoro dei nostri colleghi del Servizio Pubblico che hanno raccontato invece la realtà quotidiana, con testimonianze e prove raccolte sul campo. Una realtà tra l’altro macchiata dalla lunga scia di sangue degli oltre 200 colleghi palestinesi uccisi».

BRUCIATE AUTO DI SIGFRIDO RANUCCI E DELLA FIGLIA – A Campo Ascolano, frazione di Pomezia (Roma), nella serata del 16 ottobre scorso, attorno alle 22,20, sono scoppiati davanti all’abitazione del giornalista Sigfrido Ranucci. La bomba ha distrutto due automobili della famiglia del conduttore di Report. Non ci sono stati feriti. Un atto chiaramente intimidatorio. Il coordinamento delle indagini è affidato alla Direzione distrettuale antimafia della Capitale. Solidarietà al giornalista da parte di tutti i partiti, anche di quelli che hanno sempre attaccato Ranucci, da parte di tutti coloro che hanno cercato in tutti i modi di bloccare Report proprio per le sue inchieste scomode e invise al potere. Insomma, i soliti sepolcri imbiancati o, più chiaramente, quelli che hanno la faccia come il culo. A Ranucci e a Report sono arrivate ben 178 querele mentre la seconda carica dello Stato (Ignazio La Russa) lo ha definito «calunniatore schifoso» e querelato per l’inchiesta sui guai giudiziari relativi alla sua famiglia (l’ha persa). Fratelli d’Italia lo ha querelato per i rapporti di diversi suoi politici con la ‘ndrangheta e altre querele le ha prese da Giorgetti, Urso, Santanchè. Come al solito fuori classifica Maurizio Gasparri che ha espresso «totale condanna dell’attentato a Ranucci e ferma volontà che si scoprano presto gli artefici di questa vicenda». Eppure durante una seduta della Vigilanza Rai, del novembre 2023, ha insultato Ranucci tentando di deriderlo: «Le ho portato un cognac se ha bisogno di farsi coraggio (…) Ho portato anche una carota, se qualcuno ha paura della commissione di Vigilanza». Intanto si è appreso che il 14 gennaio 2025, Emanuele Ranucci ha pubblicato su Facebook una lettera aperta in risposta ad Andrea Marcenaro, giornalista del Foglio, che nella sua rubrica “Andrea’s version” aveva definito Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, «multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore». Nell’articolo, Marcenaro aveva anche fatto riferimento alla missione del giornalista durante lo tsunami dell’Oceano Indiano del 2004, scrivendo: «Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare». Emanuele Ranucci, dopo aver ricordato cosa significhi essere sempre sotto sorveglianza, «con continue lettere minatorie e minacce, proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre». Poi così conclude: «Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il Paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti».

LA PAROLA “PACE” DOMINA RADIO E TV. OGNI 3 MINUTI – Secondo Mediamonitor, tra il 9 e il 15 ottobre, la parola “pace” è stata l’espressione maggiormente utilizzata: ogni 3 minuti. Più precisamente è stata pronunciata 2.841 volte. L’espressione «aiuti umanitari» ha avuto 902 menzioni ed è all’ottavo posto. “Macerie” e “Croce Rossa” sono agli ultimi posti malgrado quest’ultima abbia svolto un ruolo determinante per il rimpatrio delle spoglie degli ostaggi deceduti.


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