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Reality

(Italia, Francia 2012) diretto da Matteo Garrone. Con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio.

di Armando Lostaglio - martedì 25 settembre 2012 - 5198 letture

E’ un autore nitido ed essenziale il regista napoletano già trionfatore a Cannes quattro anni fa con “Gomorra”: Matteo Garrone sa fare cinema e il pubblico lo premia. Racconta dalla sua Napoli, come una metafora delle contraddizioni del nostro tempo, prima ancora che del nostro Paese. E così ritorna in sala (dopo il nuovo Gran Premio della Giuria a Cannes 2012) con il suo intenso Reality, per raccontare, in chiave ancorché empirica, quella scena edulcorata che la televisione vanta di conoscere o finge di emulare, millantandone l’invenzione.

Quei reality-show che accompagnano ore e ore di trasmissione, che inculcano l’idea agli sprovveduti spettatori che il mondo si conquista con l’apparire, l’importante è esserci in quel tubo catodico. Un tunnel, un delirio di cui le sacerdotesse (da noi la papessa si chiama Maria De Filippi) ne celebrano il rituale, impartendo sermoni, saccheggiando ed umiliando (a suon di milioni) una umanità di poveracci resi ancor più miseri. E così Garrone affonda il proprio sguardo in una Italia nella quale “molte persone pensano che la tele-realtà possa cambiare il loro destino”. Ed aggiunge: “Abbiamo voluto presentare la televisione come una sorta di Eldorado o di paradiso in terra". La vicenda di Reality è tratta da una storia realmente accaduta: "Cercavo un tema che fosse all’altezza di Gomorra, che avesse la stessa forza, ma non ci riuscivo. Poi sono venuto a conoscenza di quest’episodio accaduto a Napoli e ho pensato di trasformarlo in racconto cinematografico".

Ancora la sua città, Napoli, che resta per Garrone il luogo dei contrasti a tinte forti, che si riflette nei volti dei personaggi del film. E’ infatti la vicenda di un pescivendolo che sogna di partecipare al Grande Fratello televisivo. Ed è proprio in quel set che il regista ambienta parte del film. Quello che è un normale desiderio per dare una svolta alla propria vita, diventa presto un’ossessione per Luciano, il protagonista. E’ ben interpretato da Aniello Arena, attore scoperto da Garrone negli spettacoli teatrali all’interno del carcere di "Volterra", dove l’uomo si trova recluso da 18 anni. Ma l’attore non aveva ottenuto il permesso per accompagnare il film a Cannes. Quella è la sua realtà, è la sua vita per ora, mentre "il film fronteggia la sottile frontiera tra realtà e sogno – come sostiene Garrone - cercando un’ambientazione fiabesca, giocando con la luce e con la musica". E con quei toni vagamente felliniani che si rivelano sempre gradevoli.


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