Rassegna Stampa: L’inesorabile espansione della base militare di Sigonella .

Ulteriore escalation della base Usa di Sigonella. Si ampliano le infrastrutture e si potenziano gli arsenali bellici. Mentre i reparti di volo della Us Navy vengono distaccati in Sicilia per operazioni in Medio oriente e nel Corno d’Africa, si progettano nuovi residence per ospitare i reparti statunitensi. Il prossimo sorgerà nel territorio di Lentini e avrà un volume di 660.000 mc. Lo hanno progettato gli stessi attori che hanno imposto al governo la base di Vicenza presso l’aeroporto El Molin. Contraddizioni e falsità della "lotta al terrorismo".

di Redazione - mercoledì 24 gennaio 2007 - 8882 letture

La struttura militare di Sigonella sintetizza tutte le contraddizioni del modello neoliberista che Stati Uniti d’America ed i più fedeli alleati tentano d’imporre nel mondo. Trampolino per le operazioni di guerra, deposito di strumenti di sterminio di massa, militarizzazione del territorio e delle coscienze, violazione dei principi costituzionali, disprezzo per le libertà individuali, sperimentazione di strategie funzionali al nuovo ordine mondiale, sfruttamento intensivo delle risorse, sperpero di ricchezze e capitali, lotta armata alle migrazioni, potenziamento del controllo mafioso e sociale, contribuzione ai processi di distruzione ambientale, cancellazione dei diritti sindacali e precarizzazione del lavoro. Succede tutto questo nella più grande base aeronavale nucleare Usa del Mediterraneo, baricentro dell’ennesimo conflitto nord-sud, il più cruento, il più ideologico, il più imprevedibile per gli sviluppi futuri internazionali. Un conflitto che è all’origine dell’odierna proliferazione dei processi di militarizzazione del territorio italiano, il più noto fra tutti la trasformazione dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza in uno dei maggiori avamposti delle forze armate statunitensi nello scacchiere europeo.

La città a stelle e strisce nel cuore della Sicilia

Dal punto di vista logistico la base di Sigonella sorge nel territorio dei comuni di Lentini (Siracusa) e Motta Sant’Anastasia (Catania) e comprende due settori distinti, NAS 1 e NAS 2 (Naval Air Station 1 e 2). Il primo ospita gli uffici amministrativi e di sicurezza, gli alloggi per gli ufficiali, alcuni servizi per il personale, differenti strutture di tipo ricreativo e sportivo, le infrastrutture scolastiche per i figli del personale Usa, un centro commerciale con negozi, ristoranti e fast food. NAS 2 sorge invece a circa 10 miglia di distanza dalla prima stazione aeronavale e comprende le due zone militari operative degli Stati Uniti e della NATO, altri centri residenziali, commerciali e ricreativi, un Air terminal, due piste di atterraggio di 2.500 metri, due aree di parcheggio in grado di garantire la "prontezza operativa" ad una ottantina tra aerei da trasporto, cacciabombardieri, pattugliatori ed elicotteri da combattimento, numerose infrastrutture per la sistemazione del personale, delle apparecchiature e dei materiali, i depositi munizioni, i sistemi radar e di intercettamento. Sempre a NAS 2 risiede il personale italiano del 41° Stormo antisommergibile e dell’88° gruppo di volo dell’Aeronautica militare (circa 1.200 militari in servizio). A circa 3 chilometri da NAS 2, accanto alla strada statale che collega Catania a Caltagirone e Gela, è presente una terza area militare in cui sono stati realizzati un Centro trasmissioni ed una decina di depositi sotterranei atti ad ospitare munizioni e sistemi d’arma.

Dal punto di vista operativo la base di Sigonella ospita più di una quarantina tra comandi operativi e di appoggio alla flotta integrati nella rete del Comando Navale USA in Europa (CINCUSNAVEUR) e definiti "Special Quality Assurance Commands". Tra i reparti schierati dagli Stati Uniti nella Naval Air Station assume rilevanza il 24° Fleet Logistic Support Squadron VR-24, uno squadrone di supporto logistico della Marina trasferito da Napoli in Sicilia a fine anni ‘70 a cui viene assegnato il trasporto, rifornimento e munizionamento delle unità della VI Flotta in transito nel Mediterraneo. Il VR-24, definito "Squadrone COD" ("Carrier on-board delivery"), ha in forza 3 aerei da trasporto CT-39 “Sabreliner”, 3 elicotteri RH-53 "Sean Stallion", 10 aerei turboelica G-2A “Greyhound” e 4 velivoli C130 F “Hercules” che garantiscono il collegamento aereo tra la base di Sigonella, gli alti comandi Usa di Napoli e le installazioni della US Navy nello scacchiere mediterraneo. Il 24° Squadrone assicura infine il sostegno logistico alle operazioni di collegamento aereo con il molo e il deposito di combustibile e munizioni della vicina baia di Augusta, utilizzata per lo stoccaggio delle munizioni e quale deposito POL (Petroleum, Oil and Lubrificants - petrolio, nafta e lubrificanti) dalle forze navali della NATO e della VI Flotta Usa. Presso il "terminal POL" di Augusta opera un distaccamento militare della US Navy ("US Naval Air Facility Detachment - US Naf Det"). Dal terminal petrolifero si diramano le condutture di un oleodotto che trasporta alla base di Sigonella il carburante destinato ai velivoli aerei.

Sigonella ospita poi il 25° Squadrone Antisommergibile VP-25 della US Navy, dotato di 9-12 aerei P-3 "Orion" per il pattugliamento marittimo a lungo raggio. La missione originaria dello squadrone era la guerra antisottomarino ("ASW" - Anti-Submarine Warfare) e il minamento dei fondali. Con la scomparsa dell’Unione Sovietica e lo smantellamento della sua flotta, il dispositivo ASW è divenuto sproporzionato rispetto i potenziali “rischi” reali nel Mediterraneo; così le operazioni della US Navy si sono sempre meno orientate al pattugliamento e sempre di più invece alle attività di Intelligence-Sorveglianza-Riconoscimento (ISR) e vigilanza del traffico aeronavale e all’intervento “anti-terrorismo”. Le informazioni raccolte dagli “Orion” vengono trasmesse ai Centri di controllo di Sigonella e Napoli, mentre le operazioni di pattugliamento sono dirette dal “Sigonella’s Tactical Support Center”. Classificato anche come “Nato Marittime Air Control Authority”, questo Centro di Supporto Tattico coordina le operazioni dei velivoli NATO ed in particolare degli Atlantic dell’Aeronautica italiana.

Lo sforzo operativo del 25° Squadrone Antisommergibile Usa si è reso particolarmente evidente con lo scoppio dei conflitti nei Balcani; attualmente i velivoli continuano ad essere utilizzati nel “monitoraggio” di Bosnia-Herzegovina, Kosovo, Serbia e Montenegro. Dopo l’avvio della campagna militare in Iraq, un distaccamento del VP-25 è stato installato presso la base di Souda Bay (Creta) e il controllo marittimo è stato esteso dallo Stretto di Gibilterra al Mediterraneo orientale. Il 25° Squadrone è inoltre preposto al supporto delle esercitazioni navali Usa e NATO e alla raccolta di informazioni sullo schieramento navale di Paesi “non amici” e dei mercantili e delle unità navali sospettate di trasportare migranti e merci “illegali”. Il contrasto dei flussi migratori è realizzato in accordo con i paesi rivieraschi dell’Alleanza Atlantica; sempre più frequentemente i dati d’intelligence dello squadrone antisommergibile della US Navy sono “trasferiti” alle autorità militari italiane che poi intervengono per bloccare, dirottare o sequestrare navi cargo sospettate di trasportare migranti “clandestini.”

I velivoli "Orion" in forza al VP-25 sono del tipo “P-3C” a doppia capacità di armamento: prodotti dal colosso militare-industriale Lockheed, possono essere armati con bombe nucleari di profondità del tipo B 57 con una potenza distruttiva sino a 20 kiloton o con siluri convenzionali antisottomarino MK-46. L’"Orion" è equipaggiato con attrezzature che permettono la ricerca, l’identificazione, l’inseguimento e la distruzione delle unità di superficie e dei sottomarini. Il carico standard di armi è di 4 missili e 4 bombe di profondità. Al 25° Squadrone sono inoltre assegnati alcuni elicotteri da combattimento antisottomarino SH-3D/H “Sea King”, anche questi dotati della doppia capacità di armamento, nucleare e convenzionale.

Dal 1984 Sigonella ospita l’Helicopter Combat Support Squadron Four HC-4 “Black Stallions”, l’unico della Marina Usa dotato di 9 elicotteri pesanti MH-53E “Sea Dragon” (i più grandi delle forze armate) per il trasporto di uomini, mezzi e munizioni. Lo squadrone assicura il sostegno alle operazioni delle forze militari Usa in Europa, Africa e Medio Oriente e garantisce il ponte aereo tra la base siciliana, le portaerei in navigazione nel Mediterraneo e nel Mar Rosso e la base avanzata del Marine Corp di Guam (Oceano Indiano). Lo squadrone conta attualmente su 275 unità (35 ufficiali e 240 effettivi); onde potenziare la versatilità dei reparti, l’HC-4 rilocalizza a rotazione uno o due velivoli presso basi terze esistenti nella vasta area di responsabilità. In particolare dal 1992 è operativo un distaccamento dello squadrone di Sigonella (“Detachment One”) presso l’aeroporto internazionale di Manama (Bahrein) per coordinare più dell’80% dei voli cargo della Marina Usa nel Golfo Persico; nel novembre 2001 è stato invece distaccato un reparto (“Detachment Two”) ad Al Fujayrah, Emirati Arabi Uniti, per contribuire alle operazioni della flotta in previsione dell’attacco all’Iraq. Dal febbraio 2003 all’agosto 2006 una parte dei velivoli dello squadrone ha invece operato da una base aerea in Kuwait.

L’HC-4 “Black Stallions” partecipa a tutte le esercitazioni navali Usa e NATO nel Mediterraneo e non c’è stata crisi o evento bellico in cui i suoi mezzi e i suoi uomini non abbiano interpretato un ruolo chiave. L’HC-4 è stato impegnato nelle evacuazioni del personale della forza multilaterale presente in Somalia dopo il fallimento della missione di “peacekeeping” (1993), dell’ambasciata statunitense in Liberia (1996) e del personale straniero in fuga dalla guerra civile che ha insanguinato la Sierra Leone (1997); nell’agosto 1996, l’HC-4 ha garantito il trasporto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e di altri 25 rappresentanti del governo di Tel Aviv in una inutile missione mediterranea di “dialogo” con i palestinesi. Le operazioni più recenti hanno riguardato la campagna “umanitaria” nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) nel 1997; il bombardamento aereo del Kosovo e della Serbia nella primavera del 1999; le operazioni di guerra in Afghanistan (2001-02) e in Iraq (2003). Durante la cosiddetta missione Enduring Freedom, nei tre mesi precedenti l’attacco all’Iraq, lo squadrone di stanza a Sigonella ha assicurato il trasferimento alle unità navali di oltre 1.500 passeggeri. Nel luglio 2000, gli elicotteri dell’HC-4 “Black Stallions” sono stati integrati nel dispositivo multinazionale di “vigilanza” del vertice G-8 di Genova.

Stando i programmi di ristrutturazione delle forze aereonavali degli Stati Uniti resi pubblici a fine 2006, dopo 23 anni di ininterrotta permanenza in Sicilia, il comando operativo dello squadrone di elicotteri da guerra dovrebbe far ritorno negli Stati Uniti per allocarsi in via definitiva presso la base di Norfolk (Virginia). Una parte delle unità di volo continuerà comunque ad operare nello scacchiere mediorientale mantenendo un distaccamento nello scalo di Sigonella.

Sigonella si fa Mega

Dall’autunno 2003 la base di Sigonella è al centro del secondo programma di investimenti nel mondo da parte della Marina Usa (si tratta del cosiddetto “Piano Mega IV”, con una spesa di 675 milioni di dollari entro la fine del 2007 per potenziare le infrastrutture, ampliare le piste di volo, creare 1.100 nuovi alloggi per i reparti di stanza in Sicilia). L’ultima tranche dei lavori vede oggi la realizzazione di una scuola all’interno della base NAS1 e di altri sette edifici con varie destinazioni d’uso nella base operativa di NAS 2. Come ormai avviene da quasi un decennio, il Dipartimento della Marina Usa ha assegnato buona parte delle commesse ad una delle imprese leader della Lega delle Cooperative, la CMC (Cooperativa Muratori Cementisti) di Ravenna, partner della società di costruzioni Impregilo nell’A.T.I. general contractor per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina e dell’Alta Velocità ferroviaria in mezza Italia. La CMC compare pure nel consorzio che dovrà realizzare la galleria di circa 10 chilometri a Venaus, in Val di Susa, nell’ambito dei lavori per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

La cooperativa ravennate opera ininterrottamente a Sigonella dal 1996, anno in cui gli furono affidati i lavori del Piano Mega II (la realizzazione di alloggi per i sottufficiali americani e di sei palazzine adibite a uffici e centri operativi). In quell’occasione in molti si interrogarono sul perché le forze armate Usa avessero scelto di affidare i delicati lavori di ampliamento della base militare alla cooperativa “rossa” che pure aveva offerto un miliardo in più della “concorrente” Impregilo. I pacifisti siciliani denunciarono che era questo il prezzo pagato da Washington per assicurarsi il consenso del nuovo esecutivo di centrosinistra. Qualche mese più tardi la Procura di Catania avrebbe avviato una vasta indagine sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nella gestione di alcuni servizi all’interno dello scalo di Sigonella. Nell’analizzare appalti e subappalti, gli inquirenti accertarono che un’azienda della famiglia mafiosa catanese degli Ercolano, la Sud Trasporti, si era incaricata per conto della CMC della movimentazione e che la stessa cooperativa ravennate aveva affidato ad una società, la Trasporiental, i lavori di pulizia degli appartamenti realizzati a Sigonella. Tra i dipendenti della Trasporiental due elementi di spicco del clan Santapaola, entrambi condannati nel 1996 per associazione mafiosa, Natale Di Raimondo e Carmelo Santocono. Nulla di penalmente rilevante fu addebitato alla cooperativa che restò dunque estranea alle indagini poi approdate in due distinti processi contro imprenditori, funzionari della base Usa ed esponenti mafiosi locali. I procedimenti penali, anche se conclusisi con controverse assoluzioni, hanno confermato il ruolo egemone delle imprese in odor di mafia nella esecuzione dei sub-appalti e nella gestione di forniture di beni e servizi all’interno della struttura militare.

Il modello di accumulazione mafiosa ha contribuito ad accelerare la crescita dei poteri eversivi criminali e la saldatura con i ceti politici ed economici dominanti, con conseguenze devastanti sul territorio e la società dell’isola. I frutti del connubio affari-militarizzazione sono sotto gli occhi tutti. I nuovi programmi di ampliamento della base hanno condizionato ad esempio le scelte delle amministrazioni locali. In barba ai piani regolatori e ai principi di legalità, vaste aree agricole vengono destinate all’insediamento di residence per il personale Usa; strade e ponti vengono realizzati per assicurare comunicazioni più rapide ai mezzi militari; vincoli ambientali vengono eliminati per trasformare zone costiere o lacustri in campi da golf o infrastrutture turistiche per il riposo dei nuovi guerrieri dell’apocalisse globale. L’iter utilizzato è sempre lo stesso: una ditta costituita ad hoc fa la proposta al Comune per cambiare la destinazione d’uso dei terreni agricoli; il Consiglio vota la variante in tempi record legittimando improponibili cubature; l’Assessorato regionale al Territorio e Ambiente approva la variante al Prg in via definitiva. Il tutto, magari, senza che l’amministrazione Usa abbia mai espresso formalmente alcun interesse per il programma immobiliare.

Nell’ultimo triennio, due residence sono stati consegnati nei territori di Belpasso e Mineo per un totale di 930 alloggi, mentre un complesso di 220 unità abitative prenderà il posto del desueto “Residence degli Ulivi” di cui è prevista la demolizione in tempi brevissimi. Quest’ultimo centro abitativo è stato definito “assai scadente” da una indagine conoscitiva del Management per gli alloggi in Europa della US Navy, “il peggiore delle infrastrutture in tutto lo scacchiere europeo”. Di livello assai inferiore alla media è stato classificato anche il nuovo complesso di Mineo, principalmente per la sua eccessiva distanza (27 miglia) dalla base di Sigonella.

La sostituzione del “Residence degli Ulivi” con un nuovo centro abitativo per le famiglie dei militari Usa è oggi l’unico progetto approvato dal Dipartimento della difesa statunitense. Top secret resta invece la località che sarebbe stata prescelta. Ciò è stato tuttavia sufficiente a scatenare tra gli amministratori e gli imprenditori edili delle province di Catania e Siracusa una vera e propria corsa all’oro americano. Attualmente sarebbero già una decina i progetti approvati dai Comuni limitrofi a Sigonella per insediare complessi “chiusi ad uso collettivo” per i militari statunitensi (tra essi Lentini, Ramacca, Motta Sant’Anastasia e Mascalucia). Come se si attendesse una moltiplicazione in tempi brevissimi degli addetti e dei rispettivi familiari, condizione che non trova conferma nei più recenti piani di ammodernamento delle infrastrutture militari Usa all’estero. Il Pentagono, nei documenti consegnati al Congresso, segnala invece una consistente diminuzione del personale in forza a Sigonella. Il “Base Structure Report” alla data del 30 settembre 2005 fissa la presenza nella base siciliana di 2.310 militari e 788 tra civili e contractor. Due anni prima i militari erano invece 3.438 mentre i “civili” erano 829. Conti alla mano, pertanto, il personale di Sigonella è calato nell’ultimo biennio del 27,4%. Ovviamente un’ulteriore diminuzione delle presenza in pianta stabile deriverà dal trasferimento in Virginia di buona parte dei reparti di volo dell’Helicopter Combat Support Squadron Four HC-4.

La riduzione del numero dei militari statunitensi in servizio all’estero e la concentrazione di essi in un numero sempre più ridotto di basi rispondono al nuovo modello di “offesa” delle forze armate Usa: si risparmia cioè sui reparti terrestri e navali per destinare la spesa allo sviluppo delle tecnologie di guerra aerea. Altro elemento è la “delega” alle società private (mercenarie) di molti dei servizi bellici un tempo attribuiti ai coscritti. Così assistiamo ad un trend negativo nelle presenze Usa in Sicilia e in buona parte delle infrastrutture allestite a livello internazionale, nonostante Washington sia impegnata in sanguinose guerre globali.

Tra gli amministratori più solerti ad offrire pregiate porzioni del territorio per ospitare nuovi presunti residence per i militari di Sigonella ci sono certamente quelli di Lentini, comune retto dalla scorsa primavera da una giunta di centrosinistra (Ds e Margherita). Il 18 aprile 2006, il suo consiglio comunale, con voto bipartisan, ha approvato una variante al Piano Regolatore per la trasformazione dei terreni agricoli ricadenti in tre contrade (91 ettari circa di rigogliosi aranceti) in “zone residenziali” ove insediare un megacomplesso abitativo per oltre 6.800 cittadini statunitensi. Il progetto, in particolare, prevede la costruzione di più di un migliaio di casette a schiera unifamiliari, ampi parcheggi, impianti sportivi, attrezzature varie ad uso collettivo “per l’istruzione, lo svago, il terziario, ecc.”. Nonostante le aree prescelte siano sottoposte a vincolo paesaggistico ed archeologico, si prevede la cementificazione di oltre 195.000 metri quadrati di superficie e un volume di 670.000 metri cubi di costruzioni, superiore perfino a quello previsto dalla Us Army per la conversione a fini bellici dell’aeroporto El Molin di Vicenza. Il piano insediativo di Lentini, ovviamente, è del tutto sovradimensionato rispetto ai reali “bisogni” di alloggi della US Navy, considerando sia la flessione nelle presenze dei militari, sia il fatto che il complesso da sostituire (“Il Residence degli Ulivi”) ospitava “solo“ 205 alloggi.

Non è di poco conto segnalare che il progetto speculativo è stato presentato dalla Scirumi Srl, società con sede a Catania che vede tra i soci la Cappellina Srl, società nella titolarità della famiglia di Mario Ciancio Sanfilippo, l’ultimo dei cavalieri di Catania, già alla guida della Fieg (la Federazione degli editori di testate giornalistiche), vicepresidente dell’Ansa, proprietario dell’impero industriale-editoriale de La Sicilia ed azionista di tutti i quotidiani e di buona parte delle emittenti radiotelevisive che operano nel Sud Italia. Da sempre Ciancio e le sue testate sono stati tra i più fervidi sostenitori dei processi di militarizzazione del territorio siciliano, sponsorizzando inoltre le più devastanti opere implementate o progettate nell’isola, prima fra tutte il Ponte sullo Stretto di Messina.

Altro importante socio della Scirumi Srl è la Maltauro Costruzioni di Vicenza, società attiva nel settore delle grandi opere pubbliche e private con un portafoglio lavori di circa 220 milioni di euro all’anno. La Maltauro ha operato ad Aviano per l’ampliamento della base della Us Air Force ed è in gara a Vicenza per accaparrarsi i lavori per la nuova megabase dell’esercito statunitense. La società di costruzioni è particolarmente attiva in Sicilia. Nel novembre 2006 ha rilevato l’impresa Ferrari di Genova, la quale, a sua volta, aveva acquisito due aziende storiche in mano ai chiacchierati “cavalieri” dell’apocalisse mafiosa di Catania (Gaetano Graci e Giuseppe Costanzo): l’IRA e la Fratelli Costanzo. Proprio la Ferrari e l’ex IRA sono state al centro di importanti indagini relative all’infiltrazione di Cosa Nostra nei lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Messina-Palermo. La Maltauro ha inoltre realizzato la nuova casa circondariale di Siracusa, un liceo scientifico a Rosolini (altro piccolo comune del siracusano), ed il tronco autostradale Palermo-Caltavuturo sulla A/19. Sempre in Sicilia la società veneta ha appena realizzato Etnapolis, il maggiore centro commerciale di tutto il Mezzogiorno d’Italia. Ricadente nel comune di Belpasso – lo stesso dove sorge da due anni un residence con 526 unità abitative per i militari di Sigonella – Etnapolis è un vero e proprio scempio territoriale con i suoi 270.000 metri quadrati di superficie e parcheggi per oltre 6.000 auto. La Maltauro ha anche aderito al consorzio pubblico-privato “EtnaFiere Spa” che prevede di realizzare ancora a Belpasso, nei terreni di località Piano Tavola adiacenti ad Etnapolis, un centro fieristico di 180.000 metri quadrati. L’impresa vicentina partecipa infine alla realizzazione della tratta ferroviaria Paternò-Adrano, grazie ad un appalto ereditato dalla Ferrari-IRA.

Come nel caso della CMC di Ravenna, l’altra grande azienda-cooperativa impegnata nei lavori di ampliamento e potenziamento della base di Sigonella, l’impresa Giuseppe Maltauro Spa è tra le protagoniste del grande affare dell’Alta Velocità ferroviaria. Essa partecipa al consorzio CEPAV DUE a guida ENI, assegnatario della tratta ferroviaria Milano-Verona. Del consorzio, guarda caso, fa pure parte la Pizzarotti & C. di Parma, società a cui sono stati affidati i lavori per la realizzazione del residence Usa di Belpasso e che è contestualmente proprietaria del complesso di Mineo, anch’esso preso in leasing dal comando navale di Sigonella. La Pizzarotti ha anche concorso ai lavori di ampliamento delle Stazioni aeronavali della base siciliana e ad una parte dei lavori di realizzazione della ex base nucleare di Comiso. Più recentemente, la società di Parma ha realizzato nella base dell’US Army di Camp Ederle (Vicenza) due edifici per alloggiare 300 marines più alcuni campi da basket ed altre attrezzature sportive. Pizzarotti e Maltauro compaiono in alcune delle inchieste della breve stagione di Mani Pulite. In particolare la società di Vicenza fu indagata per presunte dazioni di tangenti a politici e funzionari per l’aggiudicazione della gara d’appalto per la realizzazione (fine anni ’80) del 1° e 3° lotto dei capannoni della zona artigianale di Villafranca (Messina), insieme alla “Cosimo D’Andrea” di Messina. La Maltauro fu pure indagata a Venezia nell’inchiesta su un presunto giro di tangenti a favore degli ex ministri Bernini e De Michelis per i lavori del raccordo autostradale con l’aeroporto Marco Polo di Venezia e dell’ampliamento della terza corsia della Venezia-Padova. Nello specifico Enrico e Giuseppe Maltauro avrebbero versato il 2% dell’ammontare dell’asta (820 milioni).

Di fronte a tale strapotere economico, amministratori e forze politiche locali collaborano servilmente con le autorità militari Usa e le grandi lobby imprenditoriali nazionali, ignorando volutamente l’impatto sulla sicurezza delle popolazioni dei depositi di testate e carburante in aree di forte emergenza ambientale (il triangolo Augusta-Melilli-Priolo) e dei sempre più numerosi incidenti all’interno dello scalo di Sigonella o a velivoli o automezzi condotti dal personale Usa (1.272 nel solo triennio 2003-05 – secondo fonti ufficiali del Comando di Sigonella - con 31 morti e 205 feriti). Ancora più grave il comportamento omissivo relativamente allo smaltimento illegale dei rifiuti della base da parte di imprese legate a Cosa Nostra. Il trattamento dei rifiuti solidi prodotti a Sigonella e nelle strutture abitative esterne genera annualmente un giro di affari per svariati milioni di euro. Violando le normative italiane ed europee che impongono la raccolta differenziata, Sigonella trasferisce in discarica tutti i suoi rifiuti, spendendo 0,75 centesimi di euro al chilo, ossia 75 euro per tonnellata. Sindaci, assessori e consiglieri comunali non hanno nulla da lamentare neanche per quanto concerne lo spreco immane delle risorse idriche. A Sigonella si consumano annualmente 976 milioni e 530.000 litri d’acqua. Considerato il numero dei militari Usa e dei familiari al seguito si tratta di un consumo di circa 210 mila litri pro-capite, pari a più di 575 litri al giorno. È questo un valore quasi tre volte superiore al consumo medio per abitante dei maggiori centri urbani (circa 200 litri pro-capite al giorno). L’acqua viene prelevata in buona parte dai pozzi esistenti nella piana di Catania, sottraendola alle popolazioni locali e il cui approvvigionamento, per gli accordi sui cosiddetti “costi di stazionamento” tra Roma e Washington, è scaricato per un buon 37% sui contribuenti italiani.

Extraterritorialità e segretezza della grande base militare

Sigonella è stata posta a disposizione delle forze armate degli Stati Uniti sulla base di un “Memorandum” firmato l’8 aprile 1957. I particolari del “Memorandum” sono segreti anche se in teoria dovrebbero uniformarsi ai principi stabiliti dall’"accordo-quadro" Bilateral Infrastructure Agreeement” (BIA) firmato il 20 ottobre 1954 da Italia e Stati Uniti e che disciplina la concessione in uso delle basi militari. Secondo tale accordo le installazioni statunitensi dovrebbero essere poste sotto il comando italiano e al comandante Usa spetterebbe il controllo del proprio personale e dei propri equipaggiamenti. Inoltre gli Stati Uniti si obbligherebbero ad utilizzare tali installazioni "per adempiere esclusivamente ad impegni NATO", mentre la sicurezza delle aree dovrebbe essere "di esclusiva competenza italiana". Come si è appreso nel dicembre 2003 direttamente dall’allora ministro della difesa Antonio Martino, sarebbe stato predisposto un nuovo “Accordo Tecnico” tra Italia ed Usa “sull’utilizzo delle infrastrutture militari situate sul sedime di Sigonella”, il cui contenuto, ancora una volta, è stato tenuto segreto ai cittadini e allo stesso Parlamento.

Nonostante le mistificazioni dei vari governi succedutisi alla guida del Paese, Sigonella deve essere classificata come "base statunitense" a tutti gli effetti. Nel maggio 1986 alcuni parlamentari della Commissione Difesa del Senato ebbero a dichiarare: "Sigonella è impropriamente definita “base NATO”; in realtà essa comprende vaste aree date in concessione agli Usa, che dispongono di strutture, equipaggiamenti e reparti sui quali esercitano comando esclusivo. Nella base il comando italiano ha il potere di autorizzare il movimento degli aerei americani. Tuttavia non risulta definita la possibilità italiana di interferire nell’impiego di aerei Usa per iniziative dirette o di supporto alla VI Flotta che abbiano finalità diverse da quelle della NATO. In altri termini l’Italia non appare pienamente garantita da un uso delle forze USA improprio, deciso da altri e tale da poter coinvolgere il nostro Paese...".

Da allora non è stato approntato nessuno strumento per sanare la grave limitazione della sovranità nazionale. Dal punto di vista della “protezione delle infrastrutture” c’è invece un’ulteriore involuzione. Nel luglio del 1997 il parlamentare di Rifondazione Comunista Giovanni Russo Spena denunciò l’implementazione di un programma di osservazione e perlustrazione in funzione di ordine pubblico dei "dintorni" della base di Sigonella con l’utilizzo esclusivo di personale statunitense. Il programma comprendeva tra l’altro anche la “segnalazione” e “l’archiviazione di notizie di incidenti, furti e reati in genere”. Come rilevato dal parlamentare, il programma ha costituito una vera e propria rottura del “monopolio della sicurezza da parte dello Stato italiano sul territorio nazionale, principio sancito dalla Costituzione italiana". Il processo è degenerato con gli attentati dell’11 settembre 2001. Nelle strade esterne alla base le vetture di Carabinieri e Polizia sono state sostituite dalle “Alfa Romeo 166” della Polizia Militare statunitense, che come chiarito dal comando italiano “possono fermare individui o mezzi ritenuti sospetti se in prossimità di sedi USA, anche perciò nei pressi dei villaggi-residence presenti nei diversi comuni vicini a Sigonella”.

Resta tuttavia il numero degli ordigni atomici ospitati nei bunker uno dei maggiori misteri della base siciliana. “Il comandante della base parlando di ordigni con testate nucleari ci ha detto che fino al 1991 erano presenti nella base, sul dopo ci è stato posto il segreto militare”, ha raccontato ai giornalisti l’on. Paolo Cento (Verdi) a conclusione di un incontro della Commissione Difesa, il 30 marzo 2003, con i vertici di Sigonella. Ai parlamentari è stata negata anche l’informazione sul trasferimento nella base siciliana dei velivoli anti-sommergibile dall’Aeronautica militare sino ad allora ospitati nell’aeroporto di Cagliari-Elmas. La decisione di concentrare a Sigonella tutti i velivoli antisom dell’AMI fu formalizzata solo nel dicembre del 2004 da Antonio Martino. “Tale scelta – spiegò il ministro - è stata determinata dall’indiscussa importanza che la base di Sigonella riveste quale “polo” prettamente militare, nonché, in un ampio disegno strategico, dall’alta valenza della base medesima, tenuto conto della sua posizione in relazione ai potenziali teatri di crisi internazionale”.

A caccia di “terroristi”

Nella base dei misteri si sta sperimentando la più recente delle iniziative Usa-Europa nella campagna globale contro il “terrorismo” internazionale. Si tratta della cosiddetta “PSI” (Proliferation Security Initiative), un “piano d’interdizione dei trasferimenti di armi di distruzione di massa”, cui aderiscono ufficialmente undici paesi (Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Polonia, Australia, Giappone, Olanda). Più di un piano multinazionale si dovrebbe parlare di un’iniziativa Usa dove alcuni alleati occidentali svolgono solo funzioni di contorno. Lo confermano le parole dello stesso consigliere per gli Affari politico-militari dell’ambasciata USA a Roma, Gary Robbins, che ha definito la PSI “un’iniziativa americana che è stata lanciata dal governo Usa e che coinvolge diversi paesi partner con cui stiamo lavorando congiuntamente per sviluppare modalità di lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e il terrorismo ed in particolare ai loro spostamenti attraverso gli spazi internazionali”.

È nei mari e nei cieli della Sicilia che si svolgono le esercitazioni multinazionali più qualificate della Proliferation Security Initiative. Dirette e coordinate dal Comando US Navy di Sigonella, esse hanno visto l’intervento di istituzioni e reparti italiani formalmente preposti alla difesa dell’ordine pubblico e alla protezione civile, riconvertiti ad hoc alla “guerra Nucleare Batteriologica e Chimica” (Polizia, Vigili del fuoco, Guardia costiera, ecc.). Ad assistere alle manovre, oltre agli alti ufficiali dei paesi membri della Nato e dei nuovi “partner” del disciolto Patto di Versavia, anche “osservatori” di Israele, dei regimi moderati del mondo arabo e di governi “amici” dell’Estremo Oriente.

Il ruolo di Sigonella quale “punta avanzata” delle più aggiornate strategie di guerra globale e permanente varate da Washington dopo l’attacco alle Torri Gemelle trova ulteriore conferma in quanto dichiarato lo scorso anno dal capo delle forze statunitensi in Europa, gen. James Jones, al quotidiano quotidiano spagnolo El Paìs. Jones ha infatti ammesso la possibilità che “la base militare di Sigonella possa essere elevata in tempi brevi a “postazione avanzata” per le unità speciali Usa impegnate contro i terroristi”. Altra infrastruttura militare mediterranea che si affiancherebbe alla base siciliana nella guerra anti-terrorismo, la stazione navale di Rota-Cadice (Spagna), che come Sigonella gestisce le operazioni di pattugliamento aeronavale e la lotta antisottomarino (ASW) della US Navy. L’ipotesi di trasformare l’infrastruttura siciliana in base di supporto per le forze speciali “antiterrorismo” risale tuttavia ad oltre 20 anni fa. Nel 1986 alcuni quotidiani statunitensi rivelarono che il Pentagono aveva richiesto al governo italiano l’autorizzazione per insediare “in via definitiva” a Sigonella alcuni reparti della Delta Force destinati ad “operazioni antiterrorismo”, in modo da avvicinarli alle aree più sensibili del Mediterraneo, del Medio oriente, del Corno d’Africa, ecc.. Si parlò allora di realizzare nella base una vera e propria “centrale” in grado di fornire informazioni, collegamenti e coordinamento logistico per eventuali interventi delle truppe speciali degli Stati Uniti. La scelta di Sigonella rientrava nel piano di ristrutturazione delle forze di sicurezza navale finalizzato al “consolidamento delle proprie abilità nel distogliere, scoprire e sconfiggere eventuali attacchi terroristici contro i membri, i dipendenti e le risorse impegnate”, secondo quanto formulato in una direttiva impartita nel 1987 alle Forze Navali dal Segretario della Marina statunitense John Lehman.

Nell’ottica della lotta al “terrorismo internazionale” (termine con cui l’amministrazione Bush ha giustificato i propri crimini in Afghanistan, Iraq e Somalia) possono essere interpretati i sempre più numerosi rischiaramenti temporanei a Sigonella di reparti Usa altamente specializzati. Dal maggio al novembre 2006, ad esempio, la base siciliana ha ospitato parte dei reparti di volo del “Patrol Squadron 16 VP-16” (con sede a Jacksonville, Virginia), tristemente noto in Centro e Sud America per aver operato accanto alle forze armate locali contro le guerriglie locali, “l’immigrazione clandestina e il narcotraffico”. Oltre che da Sigonella il VP-16 ha operato pure da una base aerea del Qatar, intervenendo in esercitazioni Nato nel Mediterraneo, nel pattugliamento del Golfo Persico e nel supporto dei reparti terrestri Usa impegnati nella campagna militare contro l’Iraq. Lo squadrone trasferito a Sigonella è pure intervenuto nel Corno d’Africa “nella lotta contro la pirateria per assicurare la libertà di commercio” (un gioco di parole quello del comando statunitense in Sicilia per preparare l’offensiva in Somalia contro le Corti islamiche), mentre nei mesi di agosto e settembre ha partecipato al piano di evacuazione dei cittadini americani dal Libano occupato dalle forze militari israeliane. Nel giugno 2006 il “Patrol Squadron 16” ha pure partecipato all’esercitazione Steadfast Jaguar nelle Isole di Capo Verde, dove è stata messa a punto la “Nato Response Force (NRF)”, la forza di pronto intervento in grado di trasferire in qualsiasi area del pianeta forze aeree, terrestri e navali dell’Alleanza atlantica. Oltre ai reparti Usa, all’esercitazione di Capo Verde hanno partecipato unità navali ed aeree di Germania, Grecia, Belgio, Italia e Francia.

Saranno ovviamente i comandi e le infrastrutture di Sigonella (e della collegata base navale di Augusta) ad assicurare il supporto tecnico-logistico ed operativo al “Bataan expeditionary strike group” (Esg), il gruppo navale di spedizione d’attacco Usa allestito nel Mediterraneo nel gennaio 2007 e le cui attività dovrebbero estendersi perlomeno sino alla fine di giugno, ma con ampie possibilità di proroga. Il gruppo è composto da sette unità navali: la nave d’assalto anfibio della classe Wasp, Uss Bataan, dotata di un ponte di volo da cui possono partire sino a 30 elicotteri d’assalto e caccia Harrier a decollo verticale; altre due navi d’assalto anfibio di classe inferiore (la “Shreveport” e la “Oak Hill”); tre unità lanciamissili (l’incrociatore “Vella Gulf”, il cacciatorpediniere “Nietze” e la fregata “Underwood”); un sottomarino da attacco della classe Los Angeles (“Scranton”), armato di missili da crociera Tomahawk. Sono imbarcati nelle unità oltre 6.000 marines. Secondo quanto specificato dal Pentagono, il gruppo navale Esg opererà nel Mediterraneo “quale forza da sbarco della Sesta flotta sotto il Comando europeo degli Stati Uniti di stanza a Napoli”. Allo stesso tempo, “attraverso esercitazioni bilaterali, contribuirà a rafforzare la partnership con le forze armate di Italia e di altri paesi mediterranei ed effettuerà una serie di visite ai porti”. Sempre secondo gli alti comandi Usa, il gruppo d’attacco “opererà sia nell’area della Sesta flotta che in quella del Comando centrale”, ossia nel Golfo Persico dove l’Iran “sta tentando di diventare una potenza nucleare” e “continua a fornire appoggio ai ribelli che combattono in Iraq”, o nel Corno d’Africa, “regione di vitale importanza per la guerra globale al terrorismo”. Nonostante le evidenti potenzialità belliche del dispositivo navale, l’utilizzo di scali aeroportuali e navali in Italia (Esg ha effettuato una prima sosta tecnica nel porto di Palermo) e la partecipazione ad esercitazioni congiuntamente a non meglio specificati reparti nazionali, il governo Prodi non ha reso ad oggi alcuna informazione al Parlamento e ai cittadini italiani.

Tutte le contraddizioni della cosiddetta “lotta al terrorismo internazionale” che vedrebbe in prima linea Sigonella, sono evidenziate da due singolari vicende verificatesi in questi ultimi anni attorno e dentro la base. La prima si intreccia con alcuni dei misteri più inquietanti delle stragi dell’11 settembre 2001. Secondo quanto rivelato da una recente inchiesta dell’Espresso (articolo dell’8 settembre 2006), una linea telefonica Isdn formalmente “non attiva”, installata presso un’impresa aderente al Consorzio Area Sviluppo Industriale di Catania, a due passi dalla base di Sigonella, sarebbe stata usata nelle due notti prima dell’abbattimento delle Torri Gemelle. Decine di chiamate internazionali sarebbero state effettuate verso utenze di Afghanistan, Arabia Saudita, Bahrein e soprattutto del Maine, la contea degli Stati Uniti dove Mohamed Atta e i suoi compagni stavano per sferrare l’attacco aereo. L’inchiesta avrebbe provato che la linea non poteva essere utilizzata dall’impresa che l’aveva commissionata dato che l’impianto non era stato del tutto installato. Le Isdn (acronimo di Integrated services digital network) sono linee digitali a doppio canale multinumero. Le informazioni che “scorrono” sulla linea non sono intercettabili. La Isdn non può essere clonata, semmai può essere utilizzata da postazioni esterne mediante l’installazione di una borchia lungo un punto qualsiasi del tracciato della linea, oltre che sul punto terminale. “Le Isdn sono considerate estremamente versatili”, spiega L’Espresso. “Consentono anche il trasferimento di chiamata e, grazie al secondo canale di cui dispongono, sono utilizzabili per conversazioni a tre. In questo caso è anche possibile che una connessione generi una conversazione tra due interlocutori connessi alla linea principale: la linea può essere stata usata come ponte”. L’ennesimo incomprensibile mistero-beffa proprio sotto gli occhi del Grande Fratello di Sigonella che avrebbe dovuto vigilare contro ogni “terrorista” in azione nel Mediterraneo.

Ma c’è dell’altro. Sono state le autorità Usa della base siciliana a lanciare l’allarme attraverso il settimanale Signature distribuito gratuitamente ai militari e consultabile via internet. Sembra infatti che nei primi dieci mesi del 2006 siano state smarrite a Sigonella 83 carte d’identità di militari e 59 di dipendenti civili statunitensi, “con grave pregiudizio per la sicurezza della base”. “Tutto questo - spiegano candidamente i comandanti - favorisce i potenziali terroristi a fare ingresso nella base di Sigonella, trasformandola in più facile obiettivo”. Il Dipartimento sicurezza della base ha ammesso che negli ultimi due anni sarebbero state ben 384 le carte d’identità perdute dagli addetti Usa. Sigonella, dunque, è un colabrodo. Altro che colpirla dall’alto. Basta entrarvi dal cancello principale per scatenare l’apocalisse.

Il gusto di volare in Sicilia

Su Sigonella e sugli scali aerei “civili” di Catania-Fontanarossa e Palermo-Punta Raisi, pure le ombre dei “voli fantasma” che il Pentagono e la Cia hanno realizzato a partire dal settembre 2001 per sequestrare e trasportare segretamente ai lager tipo Guantanamo, persone sospettate di “terrorismo” e “prigionieri” del conflitto in Afghanistan ed Iraq. I tre aeroporti siciliani, insieme a Roma-Fiumicino, Napoli-Capodichino, Milano-Malpensa, Rimini ed Aviano, sono stati tra i più coinvolti nelle operazioni “sporche” degli Stati Uniti. Sarebbero stati 77 i “voli fantasma” con sosta in Italia, almeno 1.000 in Europa. Grazie all’inchiesta della commissione del Parlamento europeo guidata dall’on. Claudio Fava (Ds) sono stati accertati quattro scali nell’isola da parte di aerei noleggiati da compagnie private legate alla Cia. Il velivolo N829MG “Gulfstream III”, lo stesso usato per il sequestro dell’ingegnere informatico Maher Arar, appartenente alla società statunitense Presidential Aviation, lasciò Palermo il 27 febbraio 2002 per Dubai (Emirati Arabi), rientrò a Palermo il giorno successivo per uno scalo tecnico e infine si diresse verso Santa Maria (Azzorre). Il 5 maggio 2004 atterrava a Sigonella il velivolo N313P Boeing 737, lo stesso usato per il sequestro di Khaled El Masri, un cittadino tedesco originario del Libano, sequestrato in Macedonia, inviato in un carcere segreto in Afghanistan (dove fu torturato) e infine rilasciato in Albania. L’aereo, appartenente alla Keeler and Tate Management, proveniva da Rabat (Marocco); dopo lo scalo nella base siciliana, si trasferì prima a Napoli-Capodichino e da lì fino a Misurata (Libia). Un Twin Otter “N616Q” della Aviation Specialties, atterrò invece a Catania-Fontanarossa il 22 luglio 2004, proveniente dalla base Usa di Iraklion (Grecia). Il giorno successivo l’aereo lasciò la Sicilia per la base di Marsiglia. Molto più complesso il piano di volo del Casa CN235-300 appartenente alla compagnia di facciata della Cia Devon Holding and Leasing. L’aereo lasciò il 5 maggio 2005 l’aeroporto di Reykjavik (Islanda) per Venezia; il giorno successivo volò dal Veneto ad Amman (Giordania); mentre il 10 maggio successivo il velivolo lasciava lo scalo cipriota di Paphos, atterrava a Palermo per uno scalo tecnico e poi ancora in viaggio per Palma di Maiorca.

Mentre in tanti sembrano avere il “pass” per fare ingresso liberamente a Sigonella, sono paradossalmente i siciliani a subire per colpa della base pesantissimi condizionamenti nella loro mobilità aerea. Un tema, questo, che è strettamente legato a quello relativo alla scarsa sicurezza dei voli civili per l’imponente traffico di velivoli militari da e per la base Usa. “L’aumentata presenza militare a Sigonella non solo ostacola la realizzazione di un aeroporto civile intercontinentale, necessario per l’incremento del traffico aereo dell’isola, ma pregiudica anche il sistema di trasporto della Sicilia imperniato sugli aeroporti di Punta Raisi e soprattutto di Fontanarossa”, denunciano da tempo i rappresentanti della Campagna per la smilitarizzazione della base Usa, promossa da Attac Catania, Cepes Palermo e Redazione Terrelibere.org. “Il fatto che quest’ultimo aeroporto insieme a quello di Reggio Calabria sia, a causa della servitù militare di Sigonella, scollegato dalla rete nazionale di assistenza al volo dell’ENAC e sottoposto al controllo radar militare di Sigonella, rende impossibile l’utilizzazione di altre apparecchiature radar per l’atterraggio e particolarmente difficoltoso il funzionamento di questo aeroporto civile; mette, inoltre, in pericolo la vita di 4 milioni di passeggeri che ogni anno volano su Fontanarossa: i piloti infatti, per la salvaguardia della loro vita e di quella dei loro passeggeri, sempre più si rifiutano di partire e di atterrare quando le avverse condizioni atmosferiche impediscono la manovra a vista ormai superata da decenni in tutti gli aeroporti civili del mondo”.

Le sempre più frequenti eruzioni di cenere e lapilli dell’Etna hanno evidenziato la condizione di estrema insicurezza dello scalo di Catania-Fontanarossa. Per il violento evento eruttivo che ha interessato il vulcano tra la fine di novembre e la prima decade di dicembre 2006, lo scalo civile è stato chiuso nelle ore di oscurità per più di una decina di giorni costringendo migliaia di passeggeri ad annullare partenze ed arrivi nell’isola o a sottoporsi ad estenuanti trasferimenti in pullman verso altri scali siciliani e calabresi. Di contro lo scalo di Sigonella, più protetto dalla pioggia di cenere, è stato chiuso solo una notte. Ovvio che in molti si sono chiesti perché non si aprisse la base al traffico civile. Per la prima volta nella storia la CGIL si è spinta a condividere quanto richiesto dal fronte anti-guerra: utilizzare Sigonella come scalo per ovviare i disagi dei passeggeri e dell’intera economia siciliana. “Le difficoltà del traffico aereo sull’aeroporto di Fontanarossa a causa della cenere lavica – ha dichiarato il segretario generale della CGIL Sicilia, Italo Tripi - potrebbero essere risolte dirottando il traffico sullo scalo di Sigonella, che per piste e attrezzature è in grado di accoglierlo”. “Non è concepibile – ha aggiunto il sindacalista - che Sigonella non venga utilizzata, perché scalo militare, anche a fronte di emergenze come quella di queste settimane. Dal canto nostro riteniamo che l’aeroporto di Sigonella debba essere smilitarizzato e le sue potenzialità e capacità debbano essere messe al servizio del traffico civile e dell’economia dell’isola con grandi possibili vantaggi anche sul terreno dell’occupazione. L’utilizzo in caso di emergenza potrebbe essere un primo passo in questa direzione”. Ovviamente il governo Prodi ha scelto di non rispondere all’ipotesi ventilata dall’organizzazione sindacale uniformandosi di fatto al niet espresso dall’ex ministro Martino che ad un’interrogazione del sen. Luigi Malabarba (Prc) aveva definito “non perseguibile” l’ipotesi di riconvertire la base militare di Sigonella in scalo civile.

La vicenda comunque permesso il rilancio dell’iniziativa popolare. “L’utilizzazione delle sue attrezzature – affermano i promotori della Campagna per la smilitarizzazione della infrastruttura statunitense - agevolerebbe l’incremento turistico al servizio di pacifici collegamenti internazionali, trasformando l’area da base della morte in utile e solidale "Ponte tra i Popoli" del Mediterraneo”. “Con il “Sì” di Romano Prodi alla base di Vicenza il governo di centrosinistra mostra la sua vera anima bellicista. L’iniziativa dal basso deve costringere adesso le forze politiche e sociali ad impegnarsi realmente nella mobilitazione per il ritiro dei militari italiani da ogni fronte di guerra, inserendo la smilitarizzazione di Sigonella e lo smantellamento di tutte le basi Usa e Nato in Italia, tra i punti inderogabili della propria azione politica”.

“Vent’anni fa – aggiungono i rappresentanti della Campagna - una grande lotta unitaria del popolo siciliano, nel quadro di una mobilitazione di respiro internazionale contro l’installazione dei missili di teatro Cruise, ottenne lo smantellamento della base di Comiso piena di armi puntate non solo contro i paesi del Patto di Varsavia ma anche contro tutti i paesi del Mediterraneo. Le lotte del Movimento No-Ponte hanno costretto il governo a congelare sine die la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Per tutto questo siamo convinti che ancora è possibile rimettere in discussione le scellerate scelte di queste giorni. Le manifestazioni e le azioni dirette dei cittadini e degli studenti vicentini sono un segnale di resistenza che dà ossigeno a tutti”.

Anche se con un certo ritardo, a Lentini e in alcuni Comuni della provincia di Catania che rischiano di subire selvagge cementificazioni per offrire ospitalità ai militari Usa stanno sorgendo coordinamenti e comitati di lotta. L’opera di denuncia del Centro Studi Territoriali Ddisa, Giro di Vite, Verdi di Lentini e delle associazioni promotrici della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, ha permesso di rompere il silenzio sul vergognoso megaprogetto della coppia Ciancio-Maltauro perorato trasversalmente dai partirti di centrodestra e centrosinistra. Proprio a Lentini, il prossimo 3 febbraio, il fronte anti-Sigonella si è dato un primo appuntamento di analisi e di lotta. “Vogliamo costruire un percorso di mobilitazione che si leghi concretamente alle mobilitazioni contro la nuova base di Vicenza e quelle per lo smantellamento della base Usa di Camp Darby, Pisa”, recita un passaggio dell’appello di convocazione dell’iniziativa. “Occorre ripensare la dimensione locale come misura della sostenibilità delle politiche economiche ed ambientali nel territorio. Il primo passo non può che essere costituito dalla liberazione del territorio dalla presenza delle basi militari”.

Antonio Mazzeo – Redazione Terrelibere.org

Note:

1) J. Handler, W. Arkin, Nuclear Warships and Naval Nuclear Weapons: A Complete Inventory, Neptune Papers n. 2, Washington, 1988, pag. 19.

2) Lo Squadrone di Combattimento HC-4 fu attivato nel luglio 1965 presso il NAS di Lakehurst (New Jersey). Otto anni più tardi lo squadrone assunse compiti di combattimento anti-sottomarino; nei primi anni ’80, con l’entrata in funzione dei nuovi elicotteri Sikorsky CH-53E “Super Stallion”, l’HC-4 fu trasformato in squadrone di supporto logistico.

3) Durante il conflitto in Afghanistan lo squadrone HC-4 ha operato presso lo scalo aereo di Karachi (Pakistan).

4) P. Gomez, M. Travaglio, La repubblica delle banane. Affari e malaffare di trenta potenti nelle sentenze dei giudici, Editori Riuniti, Roma, 2001, p. 328.

5) Cfr.: M. Dinucci, “E a Palermo arriva un’altra base Usa. Navale”, Il Manifesto, 23 gennaio 2007.

6) Arar è un cittadino canadese originario dalla Siria, fermato a New York e inviato per un anno in una cella di poco più di un metro quadrato di un carcere speciale siriano.

7) R. Camarda, “I voli segreti della CIA”, L’isola possibile, n. 30, luglio 2006.

Autore: Antonio Mazzeo Fonte: www.terrelibere.org


- Ci sono 1 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Rassegna Stampa: L’inesorabile espansione della base militare di Sigonella .
1 febbraio 2007, di : Tiziano Cardosi (Firenze)

Complimenti a Antonio Mazzeo per l’articolo documentatissimo. Un tesoro prezioso per chi si oppone a guerra e distruzione del territorio.