Racconti ischitani (ragazzo di strada 17)
Il salone era in disordine. Le cicche riempivano i posacenere. L’ambiente era saturo di fumo. Alessandro poggiò il marsupio sul divano. Si diresse verso la vetrata. L’aprì. Uscì sul terrazzo. L’aria tiepida della sera profumava di gelsomino. Si sfilò le scarpe. Tolse la maglietta di filo. Sistemò gli indumenti sul tavolo di vimini. Si guardò intorno. Il giardino aveva un aspetto curato. Alessio lo raggiunse con le bibite.
Bevi... - disse allungandogli il bicchiere.
Non ho sete... - rispose il ragazzo rientrando nel salone. Raggiunse il divano. Sedette in maniera scomposta.
Come si chiama il tuo sciampo...? - chiese l’ingegnere sedendogli accanto.
Non lo so... - rispose - L’ho comprato al supermercato. -
Ha un buon odore... - aggiunse l’amico sfiorandogli il viso con il palmo della mano.
Non ho molto tempo... - osservò Alessandro guardandolo negli occhi. Alessio si alzò in piedi. Bevve un altro sorso di liquore. Poggiò il bicchiere sul tavolino basso. Sfilò la cravatta. Cominciò ad allentare la cintura.
Hai ragione... - disse - Togliti i pantaloni... -
I minuti trascorrevano lenti. Una lieve brezza notturna faceva muovere le tende di panno chiaro. Il latrato lontano di un cane si confondeva con il canto delle cicale.
Erano da poco passate le ventitre. Il ragazzo cominciò a rivestirsi. Infilò le scarpe, prima una, poi l’altra. Iniziò ad allacciarle. Le dita lunghissime ed affusolate si muovevano con gesti rapidi e precisi. Alessio non potè evitare di guardarle. Erano bellissime.
Puoi usare il bagno se vuoi... - disse il padrone di casa accendendosi una sigaretta.
No, è troppo tardi... - rispose lui - Devo andarmene. Mi accompagni...? -
Solo se dici: per favore... - osservò l’amico.
Per favore... - ripetè lo studente rivolgendogli lo sguardo. I suoi occhi avevano un’espressione dolce.
Sono un incrocio tra il verde e l’azzurro... - disse l’uomo.
Cosa...? - domandò il ragazzo.
I tuoi occhi... - spiegò Alessio - hanno molte sfumature. -
Alessandro sembrava non ascoltare. Era impaziente. Cominciò a cercare il telefonino. Guardò sotto al divano, tra le pieghe dei cuscini. Inutile, non c’era. Sembrava essersi volatilizzato. Alessio sorrise estraendolo dalla tasca dei pantaloni.
L’hai preso tu...? - esclamò lo studente allungando il braccio per afferrarlo.
Si, l’ho preso io... - ripetè il padrone di casa.
Perchè...? - chiese il giovane con tono infastidito.
Volevo leggere i tuoi messaggi... - aggiunse.
Hai fatto male... - insistè il ragazzo.
Chi è Lorenzo...? - continuò l’ingegnere.
Un mio compagno di scuola... - rispose Alessandro - Ce la facciamo con la benzina...? -
Cosa dici...? - ripetè l’ingegnere.
Hai il serbatoio quasi a secco... - osservò lo studente. Il padrone di casa rimase alcuni istanti in silenzio. Indossò la giacca. Si fece il nodo della cravatta. Lo precedette all’ingresso. Uscì all’esterno seguito dall’amico.
Sali in macchina... - disse - Ti accompagno... -
Sei arrabbiato con me...? - insistè il giovane.
No... - riprese l’ingegnere - c’è una cosa che vorrei dirti. -
Cosa...? - chiese Alessandro rivolgendogli lo sguardo.
Se non ti amassi... - rispose Alessio - ti odierei... -
La berlina entrò nel parcheggio fermandosi davanti all’ingresso principale del palazzo. Il condominio sembrava addormentato con i suoi numerosi occhi spenti. Le persiane erano chiuse. Una luce fioca filtrava dalla finestra della cucina al terzo piano dove abitava il ragazzo.
Buonanotte... - disse Alessandro scendendo dalla macchina.
Buonanotte... - ripetè Alessio. Attese qualche istante. Il giovane scomparve all’interno del grande portone di legno. L’uomo si avviò lentamente in direzione della strada. Guardò l’orologio. Era tardissimo. Non aveva voglia di dormire. Pensò di passare al bar del Porto. Forse avrebbe incontrato Michele. L’amico si attardava spesso nel locale. Gli piaceva giocare a carte con gli amici davanti ad un boccale di birra scura. Accelerò in direzione di Ischia.
continua...
Angela Colella
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