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Racconti ischitani (ragazzo di strada 22)

di junior - giovedì 11 giugno 2009 - 4628 letture

Alessio era insofferente. Guardò l’orologio. Erano circa due ore che attendeva nel parcheggio. Sollevò il capo. Il cielo era buio. Non c’era la luna. La luce in camera da letto del ragazzo era spenta. Non riusciva a distaccare lo sguardo dalla persiana al terzo piano. Abbassò il finestrino della macchina. Accese una sigaretta. Passò la mano tra i capelli. La radio trasmetteva un programma di musica classica. Sfumò il volume. Finalmente il rumore dello scooter attirò la sua attenzione. Alessandro stava rientrando. Parcheggiò al solito posto. L’ingegnere spense la sigaretta nel posacenere. Chiuse il finsetrino. Scese dalla macchina. Accostò la portiera senza sbattere. Si avviò in direzione del giovane. Il ragazzo si stava sfilando il casco quando l’uomo gli afferrò il collo con la mano dal lato della nuca. Alessandro trasalì. Istinstivamente cercò di liberarsi.
- Fermo...fermo... - ripetè l’uomo sottovoce.
- Sei impazzito... - rispose il giovane - Lasciami. Lasciami... - Alessio lo abbracciò più forte che poteva.
- No, no...no...non ti lascio... - ripetè l’ingegnere - Non ti lascio...non ti lascio. -
- Ok.ok. ma adesso spostati... - aggiunse Alessandro - altrimenti urlo. - Alessio lasciò la presa. Si appoggiò al cofano di un’auto in sosta.
- Dove sei stato...? - chiese estraendo il pacchetto delle sigarette dalla tasca dei pantaloni - Ti ho cercato. Il tuo cellulare era spento. -
- Te l’ho detto... - spiegò l’amico - Non devi farmi domande. -
- Frequenti qualcuno in questo periodo...? - continuò Alessio. Alessandro rimase in silenzio.
- Non ho ancora capito il motivo del tuo comportamento... - aggiunse l’ingegnere - Ho sbagliato qualcosa...? -
- Si... - rispose il giovane - fai troppe domande. - Alessandro sistemò la catena allo scooter. Chiuse il lucchetto. Si avviò in direzione dell’ingresso principale del palazzo. Alessio provò a trattenerlo per un braccio. Lasciò la presa. Rimase appoggiato al cofano della macchina. Incollò lo sguardo alla schiena del ragazzo.
- Mi chiami domani...? - domandò ancora l’uomo. Attese la risposta. Alessandro rimase in silenzio. Sembrava non avere udito. Era lontano. Forse in un altro tempo, un altro luogo...Entrò dal portone spalancato scomparendo dalla visuale. Poche gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo. Leggere, discrete, parevano quasi scusarsi della loro intrusione. L’ingegnere raggiunse la macchina. Attese qualche minuto. I pensieri si confondevano nella mente. Sembravano avere perso il proprio ordine logico. Socchiuse gli occhi. Aveva caldo. Sfilò la cravatta. Sbottonò la camicia. Strinse le mani al volante. Non sapeva descrivere la sensazione provata in quel momento. Era una miscela tra rabbia e dolore.

- Cos’hai...? - chiese la segretaria rivolgendogli lo sguardo. L’ingegnere stava lavorando al computer.
- Cos’hai...? - insistè la donna.
- Non ho voglia di parlare... - rispose lui.
- Stai bene...? - continuò Silvia.
- Ho detto che non ho voglia di parlare... - ripetè l’ingenere.
- Tra poco dovrai farlo... - osservò lei - Devo fare entrare un cliente. - Alessio sollevò il capo dal monitor. Avvertì un senso di fastidio. Era come se un acaro si fosse accampato nelle sue narici.
- Mi fai starnutire... - disse Alessio.
- Mi hanno detto di tutto... - aggiunse la donna - Mi fai starnutire non ricordo. - Alessio le diede un’occhiata indagatrice. Aveva un aspetto sereno, riposato. La pelle color pesca sembrava ben idratata.
- Che fai stasera...? - chiese l’ingegnere.
- Se m’inviti a casa tua vengo volentieri... - rispose la segretaria.
- Aggiudicato... - esclamò lui - Fai entrare il cliente. -

continua...

Angela Colella


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