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ROMANIA: La piazza romena ci offre uno spunto

Reportage sulle impressionanti manifestazioni di piazza in Romania del nostro corrispondente Pierluigi Modesti

di Emanuele G. - martedì 7 febbraio 2017 - 3855 letture

Fino a trecentomila in piazza, seicentomila, contando anche tutte le altre città della Romania, in una manifestazione nata spontaneamente dalla gente, senza l’organizzazione diretta di partiti, movimenti, chiese o sindacati. È il popolo che è sceso in piazza. Sì, ma quale popolo? Non quello che si autocommisera, non quello che spacca e distrugge, non quello che marcia minaccioso. No. Un immenso sit-in pacifico di persone che di giorno lavorano e la sera manifestano per il proprio futuro. Poi, ad una certa ora, si pulisce tutto e si svuota la piazza, per poi ricominciare il giorno dopo. Unica arma, i flash a led dei cellulari, a creare un’immensa onda bianca sopra l’immensa piazza della Vittoria, davanti al palazzo del Governo.

L’antefatto è l’Ordinanza d’Urgenza del Governo n.13, un decreto legge di depenalizzazione dei reati di corruzione. Non c’è molto da commentare. Da commentare ci sarebbe, invece, il fatto che questo Governo è appena andato al potere, dopo le recentissime elezioni parlamentari che hanno incoronato, a maggioranza bulgara, un establishment di dubbia moralità e con obbiettivi politici assai discutibili.

In sostanza, perciò, la classe politica è stata ampiamente suffragata dal popolo. Viene spontaneo allora domandarsi: è lo stesso popolo? Forse sì, ma forse no.

Chi è in piazza oggi rappresenta la faccia pulita della Romania, quelli che non sono scesi a compromessi con la vita, prima ancora che con il sistema. Sono una minoranza, ma una minoranza compatta, unita da valori costruttivi.

Il resto della popolazione è invece convinta che un sistema clientelare come quello attuale sia l’unica possibilità di sopravvivenza. Lo credono, soprattutto, le classi sociali più deboli, abituate da trent’anni di soprusi a vivere un’economia di sussistenza.

Circa un anno e mezzo fa, a Bucarest, un incendio avvenuto durante un concerto, distrusse il club Colectiv, uno dei ritrovi dei giovani della capitale. La gestione dei soccorsi fu un disastro e molti degli ustionati tratti in salvo morirono di infezioni negli ospedali cittadini. Infezioni dovute anche alla malprassi e alla superficialità dei protocolli. Una vera ecatombe. Per di più, vennero alla luce numerose irregolarità nel rilascio delle autorizzazioni per la sicurezza del locale e del concerto.

Il Colectiv è stata la miccia di una protesta che ha covato a lungo e che è esplosa solo di fronte ad un esecutivo impermeabile a qualsiasi richiesta di trasparenza.

Il paradosso è che il governo è in piedi solo da un paio di mesi. Un governo obbligato, dettato dalla schiacciante maggioranza parlamentare del partito del segretario Liviu Dragnea, lui stesso indagato e sotto processo. Elezioni vinte, probabilmente, grazie al voto di scambio, praticato massicciamente nelle realtà rurali della grande periferia del paese.

Purtroppo, la mentalità di un popolo che è stato abituato dal regime comunista a dare per scontata l’impenetrabilità delle gerarchie politiche e il clientelismo ad essa connesso, è veramente difficile da cambiare. In ventotto anni è stato perfino impossibile ricostruire una qualsivoglia forma di associazionismo cooperativo per via del retaggio comunista dato alla mera accezione del termine.

Le proteste di questi giorni, per me, lontano spettatore, simboleggiano la speranza di recuperare il terreno perso in settant’anni. Il valore di queste proteste non è legato all’antagonismo che si potrebbe loro associare. No, non sono proteste antagoniste. Sono proteste per il futuro, per ricostruire tutto da capo.

Una foto, magari anche photoshoppata, come si dice oggi, dell’immensa massa di manifestanti sembra disegnare, con centinaia di migliaia di punti di luce, un gigantesco unicorno.

Speriamo che sia di buon auspicio.

CREDITS: La foto di copertina e quella interna all’articolo sono state prese da Facebook.


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