Quattro punti per affrontare le elezioni europee
La grande maggioranza dei votanti (73%) si è espressa per partecipare alla competizione. Dunque Potere al Popolo sarà presente alle elezioni.
Ieri si è chiusa la consultazione delle aderenti e degli aderenti di Potere al Popolo! in merito alla prossima tornata delle Europee. La grande maggioranza dei votanti (73%) si è espressa per partecipare alla competizione. Dunque Potere al Popolo sarà presente alle elezioni.
In merito al come partecipare, due sono state le opzioni maggiormente votate. La prima è risultata essere “Andare alle elezioni con il proprio simbolo e programma” (55%), la seconda invece “Verificare se sui contenuti sono possibili convergenze con altre forze sociali e politiche (collettivi, associazioni, movimenti, partiti)” (48%).
Nessuna delle due opzioni ha raggiunto la maggioranza necessaria del 66% per essere approvata in prima battuta. È quindi prevista una nuova consultazione sulla piattaforma online entro due settimane. Nel frattempo, per verificare la fattibilità della seconda opzione, proponiamo un confronto pubblico a tutte le forze che possono essere interessate a questi punti di merito e di metodo:
1. Crediamo che in questi anni – si pensi alla vicenda greca o alla recente umiliazione del Governo Lega/5 Stelle sulla manovra di bilancio – sia diventato evidente che l’Unione Europea, con i suoi Trattati e il suo sistema di poteri, è l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di controllo democratico sul mercato e sulla finanza.
I Trattati sono stati costruiti su principi in totale contrasto con i valori della Costituzione del 1948. Inoltre bisogna ricordare come il popolo italiano non abbia mai votato questi Trattati, che oggi sono prevalenti sulla nostra Costituzione e la stanno distruggendo.
La rottura dei Trattati non è dunque una questione ideologica, ma serve a realizzare quello che da anni chiedono le classi popolari europee e movimenti come quello dei Gilet Gialli. Per redistribuire la ricchezza, per fare politiche di piena occupazione, per nazionalizzare i settori strategici e le aziende che chiudono o delocalizzano, serve disobbedire da subito ai vincoli che ci vengono imposti dall’UE. Gli stessi vincoli che non consentono di procedere con un piano di investimenti alternativo alle Grandi Opere che possa mettere fine alla devastazione ambientale e realizzare una vera transizione ecologica.
Così come è impossibile, stretti in questa morsa, garantire effettivamente il diritto alla casa, all’istruzione, alla salute, e servizi sociali efficienti per la maggioranza delle persone.
2. Per realizzare un programma del genere non si possono inoltre non rivedere radicalmente le spese e le servitù militari, la nostra adesione alla NATO, la collocazione internazionale del nostro paese. Servono processi di cooperazione reale e non di rapina con i paesi africani e del Medioriente, non possiamo essere indifferenti ai disastri umani e ambientali che le multinazionali compiono sull’altra sponda del Mediterraneo. Chi scappa da guerre e miseria è un oppresso come noi. Anche per questo bisogna praticare politiche di accoglienza e integrazione sul modello di Riace.
3. Bisogna dire basta alla falsa alternativa tra l’europeismo liberista della “sinistra” e il nazionalismo liberista della destra, a cui oggi sembra ridursi ogni opzione. Per farlo, bisogna essere coerenti: non si possono cavalcare sentimenti umanitari in difesa dei migranti e poi essere in piazza con i SI TAV o al governo con chi mette in pratica politiche che impoveriscono la maggioranza. È una questione di credibilità: non si può stare con chi si allea con il PD. L’unità è certo un valore, ma non si fa cucendo un vestito da Arlecchino, dove sta insieme tutto e il contrario di tutto. L’unità si deve fare innanzitutto con il nostro blocco sociale, su questioni concrete, su contenuti chiari: deve servire alle persone per essere più forti, non a residuali gruppi dirigenti per sopravvivere.
4. Infine pensiamo che un movimento di trasformazione della società non possa prescindere da una forte caratterizzazione rispetto alle questioni di genere, nel programma, nell’organizzazione interna, nella comunicazione.
Come ci insegnano movimenti come Non Una di Meno, non a caso protagonisti delle lotte di questi anni, il femminismo non è un orpello o una questione settoriale, ma un elemento costitutivo del nostro pensiero e della nostra azione.
Entro le prossime due settimane ci confronteremo pubblicamente con chiunque condivida questi punti, per poi rimettere la decisione nelle mani delle aderenti e degli aderenti di Potere al Popolo.
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