Quasi un decimo della popolazione italiana affronta quotidianamente il peso della povertà
Il Rapporto sulla povertà nel 2024, elaborato da Caritas. Giovanni Caprio (Pressenza)
La Caritas Italiana ha pubblicato la ventottesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, un lavoro che come di consueto ha l’intento di accendere i riflettori sul fenomeno della povertà, rendendo maggiormente visibili alle comunità, civili ed ecclesiali, le tante storie di deprivazione esistenti. “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di Speranza”, questo il titolo scelto per l’edizione 2024. Mentre la povertà assoluta continua a essere su livelli record, vari e multiformi fenomeni di disagio sociale si affacciano sul panorama italiano. Alcuni sono di vecchia data, ma continuano a colpire in modo particolarmente allarmante. Si pensi ai problemi legati all’abitazione, un diritto da tempo negato a tante persone e famiglie, su più livelli di gravità. In altri casi, le problematiche si intrecciano a un’incompiuta o inadeguata implementazione delle risposte istituzionali. È il caso degli ostacoli che impediscono l’accesso alle misure alternative al carcere o delle barriere che limitano la fruizione delle misure di reddito minimo introdotte negli ultimi anni.
La povertà assoluta in Italia interessa quasi 5,7 milioni di persone, quasi un decimo della popolazione. Dall’analisi dei dati Caritas emerge che il lavoro povero e intermittente dilaga, con salari bassi e contratti atipici che impediscono una vita dignitosa. I giovani e le famiglie con figli sono le fasce più vulnerabili. Il disagio abitativo rappresenta un’emergenza, con famiglie senza casa o in condizioni abitative inadeguate. L’accesso all’istruzione e alle nuove tecnologie diventa un miraggio per fasce sempre più ampie della popolazione, alimentando le disuguaglianze. Alcuni dati relativi agi interventi e ai servizi della Caritas (centri di ascolto, mense, dormitori e case di accoglienza) danno il senso del disagio che attraversa la vita di tanti.
Le persone accompagnate nel 2023 dai servizi Caritas sono state 269.689. Dal 2015 a oggi il loro numero è cresciuto del 41,6%. Le povertà croniche e intermittenti aumentano: dal 54,7% al 59%. Cresce il disagio psicologico e psichiatrico tra chi si rivolge alla Caritas: dal 2022 al 2023 il numero di persone affette da depressione o malattie mentali aumenta del 15,2%. Dietro i dati raccolti dalla Caritas ci sono volti, persone.
Una povertà, sottolinea la Caritas, destinata in molti casi a tramandarsi. “In Italia più che nel resto d’Europa, si legge nel Rapporto, le difficoltà economiche sembrano destinate a perpetuarsi di generazione in generazione. Chi è cresciuto in famiglie svantaggiate tende a trovarsi, da adulto, in condizioni finanziarie precarie. Un circolo vizioso che colpisce il 20% degli adulti europei tra i 25 e i 59 anni che, a 14 anni, vivevano in una situazione economica difficile. In Italia, il dato sale al 34%, segno di un’eredità che pesa sul futuro. Valori più alti di povertà ereditaria si raggiungono solo in Romania e Bulgaria (Eurostat).” Eppure, sottolinea il Rapporto Caritas, nonostante le criticità che sfaldano il nostro vissuto quotidiano, si intravvedono nelle crepe dei fili d’erba verde, dei segni di speranza, le tante riposte, opere e servizi, messi in campo dalla comunità ecclesiale, dalla società civile, dall’associazionismo e dal volontariato, e che contribuiscono con il loro apporto a rendere più umano e dignitoso il nostro vivere.
Il Rapporto Caritas non manca di considerare le nuove misure contro la povertà. “Il passaggio alle nuove misure contro la povertà, Assegno di inclusione e Supporto alla Formazione e al lavoro (che tra il 2023 e il 2024 hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza), segna un cambiamento profondo nell’approccio alla povertà: con queste misure, il diritto a ricevere sostegno non è più garantito “solo” in base alla condizione di povertà, sottolinea il Rapporto. Ora l’ADI (ad oggi percepito da 697.640 famiglie) è destinato solamente a nuclei familiari con persone non occupabili, come minori e disabili, mentre il SFL è riservato a chi è ritenuto occupabile e richiede percorsi formativi per il reinserimento lavorativo. Questa distinzione ha ridotto della metà il numero di famiglie raggiunte rispetto al RDC, lasciando senza supporto 331.000 nuclei, molti dei quali sono residenti al Nord, vivono in affitto o sono nuclei monocomponenti, categorie escluse per via dei nuovi criteri in vigore.” E la Caritas, che sta monitorando l’attuazione delle nuove misure, sottolinea fin d’ora l’urgenza di ampliare la copertura di ADI e SFL, migliorare la chiarezza e semplificare l’accesso, auspicando il ripristino di un sistema di sostegno universale e continuativo che eviti l’esclusione delle tante persone in povertà assoluta presenti nel nostro Paese.
L’articolo di Giovanni Caprio è stato diffuso da Pressenza.
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