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Quando l’animale si prende cura dell’uomo

Incontro con Caterina Ambrosi Zaiontz, psicoterapeuta, coadiutore del cane, responsabile di Progetto in Interventi Assistiti dagli Animali.

di Silvia Zambrini - mercoledì 9 giugno 2021 - 2286 letture

Esistono situazioni come affrontare una malattia, una crisi o uno stato di reclusione per cui, forme di interazione diverse rispetto al tradizionale rapporto medico paziente si dimostrano particolarmente efficaci. Caterina Ambrosi Zaiontz, psicologo, psicoterapeuta, ci mostra adesso le potenzialità della Pet Therapy in ambito di patologie e disagio sociale soffermandosi sulla sua esperienza di operatrice all’interno delle carceri.

Per più di 20 anni ho insegnato all’università psicopatologia e psicologia transculturale; ciò mi ha permesso, attraverso la ricerca, di approfondire la Pet Therapy e potermici dedicare professionalmente già dal 2010 quando ancora non esistevano le Linee guida nazionali del Ministero della salute.

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Coadiutori del cane in Pet Therapy - Casa Circondariale di Bergamo

Un difetto di noi italiani è spesso quello di sottolineare le inefficienze del nostro paese trascurando aspetti che invece sarebbero da esempio per gli altri.

Dopo il suo esordio americano degli anni ’70 la Pet Therapy si diffonde attraverso enti e associazioni soprattutto nei paesi anglosassoni senza però ottenere riconoscimento istituzionale. l’Italia è stato il primo ed unico paese al mondo ad aver emanato nel 2016 un documento ministeriale attraverso l’accordo Stato/Regioni cui le Regioni hanno aderito al completo, con specificato cosa sono gli IAA (interventi assistiti con gli animali), chi li può erogare e quale percorso intraprendere per diventare professionisti. Oggi questi interventi sono tutti autorizzati dal Ministero. Si svolgono presso ospedali, residenze sociosanitarie assistenziali per anziani, scuole, carceri, attraverso attività ricreative, didattiche e interventi clinici a tutti gli effetti. Specie nei casi di patologie che implicano il decadimento cognitivo come l’Alzheimer il cane motiva il paziente a svolgere le operazioni prescritte inducendolo ad esercitare la memoria: il semplice lancio di un oggetto vuol dire ricordarsi il nome del cane, l’ordine delle sequenze, dare i comandi al momento giusto.

L’ottenimento di un titolo di studio o professionale per un carcerato significa ottimizzare ai massimi livelli lo stato di detenzione.

L’esperienza nelle carceri è iniziata nel 2020. Da anni svolgevo interventi assistiti in particolare per i disturbi da depressione. Nel 2020 presso la Casa circondariale di Bergamo si è potuto realizzare un progetto in collaborazione col Centro di referenza e formazione cinofila il Biancospino di Casteggio e col sostegno della Direzione carceraria a opera della dr.ssa Teresa Mazzotta. Allo studio sugli effetti di risocializzazione nell’autore di reato il progetto univa la possibilità di offrire al carcerato un patentino di conduttore cinofilo previo percorso formativo e superamento di un esame. Il corso ha potuto svolgersi grazie al patrocinio oneroso di Fondazione Cariplo. Partecipavano i detenuti della sezione penale maschile, 9 cani di razza appositamente preparati, 4 coadiutori del cane e un medico veterinario: la razza per noi cinofili non rappresenta un lusso ma una certezza perché il cane proveniente dal canile può essere straordinario ma è comunque un soggetto di cui non si conosce la storia di selezione (i genitori, le patologie, le caratteristiche di razza). Per 6 mesi dovrà essere valutato dal medico veterinario e sottoposto a un percorso di rieducazione comportamentale. Per questo il Ministero della salute non obbliga ma sottolinea l’importanza di utilizzare a scopo terapeutico cani di razza.

Gli incontri col gruppo sono stati 14. Si era in periodo di Covid, i detenuti non potevano incontrare settimanalmente i parenti. Per loro passare un’ora con qualcuno che non fossero i soliti operatori del carcere è stato importante: c’era chi nel vederci arrivare si emozionava. A fine corso hanno tutti superato brillantemente l’esame. I dati sugli effetti psicologici dell’intervento mostrano un aumento dell’empatia e diminuzione degli indici di stress e aggressività rilevati dai tests standardizzati e sottoposti ad analisi statistica.

Gli effetti di suoni confusi provenienti da fonti infinite ci fanno dimenticare cos’è davvero l’ascolto, come quello del battito del cuore.

Le sedute si svolgono con il gruppo dei partecipanti in uno spazio dotato di tutti i dispositivi di sicurezza, inizialmente con il veterinario che presenta il cane nelle sue caratteristiche morfologiche, gli aspetti comportamentali ecc. Segue un avvicinamento tattile attraverso il contatto, la carezza. Poi c’è il momento in cui il veterinario invita ad auscultare il cuore secondo un procedimento che produce benessere a livello neurofisiologico: prima il proprio attraverso il fonendoscopio, poi quello del cane. La seconda parte della seduta è più dinamica, comprendono attività educative altamente interattive con il cane. Dopo i primi incontri il detenuto inizia a distinguere i cani, il loro comportamento in base alla razza e anche all’umano che come sempre lo accompagna. Col tempo si crea un’empatia diretta tra il detenuto e il cane, con quest’ultimo che diventa il terapeuta assistito da un umano. Il detenuto è ammirato da questo “essere perfetto” che lo guarda con intensità senza giudicare, che risponde con bravura a ogni comando e sollecitazione fino a identificarcisi, proiettando in lui ciò che vorrebbe essere, ciò che non avrebbe voluto essere... Gli interventi assistiti con l’animale vanno a toccare aspetti molto profondi!

Qualsiasi sperimentazione attraverso la cooperazione tra attori con ruoli diversi all’interno di un gruppo può presentare delle criticità così come delle sorprese.

L’intervento assistito con l’animale può essere dannoso quando c’è una comprovata allergia al pelo del cane, o mostrarsi inutile in caso di resistenza ideologica o culturale. A volte non si crea una relazione positiva con il cane o con l’operatore per cui è sufficiente sostituire uno dei due o entrambi attraverso una rivalutazione che avviene dopo alcune sedute. Come nel caso di altre fobie la paura del cane si può superare attraverso un contatto graduale. A volte queste ansie sono dovute ad altre cause sulle quali si cerca di lavorare. Quando all’origine di un rifiuto categorico verso l’animale ci sono motivi religiosi l’ostacolo è reale ma anche in questo caso superabile: da parte dei detenuti mussulmani, nonostante le diverse mentalità nei confronti dell’animale d’affezione, si è notata una forte predisposizione per cui durante il Ramadan gli si è dato un guantino per poter accarezzare il cane.

L’ambiente fisico non è meno importante di quello che si crea attraverso le persone. Se uno spazio è rumoroso diventa difficile ascoltare; ciò è dannoso specie in situazioni in cui, distinguere ogni impatto (compreso il respiro) fa parte della terapia.

L’animale viene portato nelle aule di scuola, nelle corsie di ospedali e centri di psichiatria infantile con più ragazzini in una stessa sala: in questi luoghi è importante ci sia un personale favorevole così come un ambiente fisico in cui si possano distinguere sonorità diverse: generalmente il cane durante la seduta non abbaia ma esprime emozioni che comportano una diversa respirazione. L’ambiente chiuso, in assenza di troppe distrazioni, favorisce la concentrazione su procedimenti come l’auscultazione, le percezioni attraverso il pelo, le tecniche di rilassamento. A volte si utilizzano delle musiche ma nessuno sfondo sonoro è mai casuale. Si lavora sia sul piano empatico che simbolico perché attraverso l’interazione con il cane, e ciò che rappresenta per ognuno, si sbloccano dei meccanismi per cui il paziente si apre a nuovi spunti di riflessione.

Tra le conseguenze di un lungo periodo di pandemia c’è anche un aumento considerevole di cani adottati nelle famiglie, soprattutto cuccioli. Questo fatto, apparentemente tenero, include a sé delle mancanze preesistenti.

L’animale d’affezione, i cui diritti di “essere senziente” sono riconosciuti dalle Normative Europee, è quello che meglio si adatta come membro del branco famiglia in quanto va accudito, curato ecc. Il cane che diventa “essere sociale” implicherebbe in primo luogo la conoscenza di ogni sua caratteristica morfologica, etologica ma ancora si pensa che il cucciolo sia più facile da educare senza sapere che per natura devono passare mesi perché smetta di sporcare in casa e apprenda le regole di comportamento. E così in periodo di Covid si è scatenata una sorta di bramosia del cucciolo con una vendita spropositata di esemplari. Ciò da una parte è stato positivo perché ha ridotto la vendita illegale di cani dall’Est Europeo tramite il loro sfruttamento a scopo unicamente lucrativo. Dall’altra ha causato un aumento spropositato di cagnolini che non hanno potuto godere della socializzazione coi pari necessaria per la loro crescita e hanno invece dovuto assorbire una serie di tensioni nelle famiglie: spesso in piccoli appartamenti, spesso senza che si creasse una sintonia con bambini insofferenti per il fatto di non poter uscire. Ci si chiede cosa succederà al momento in cui tutte queste famiglie andranno in vacanza!

Attualmente, per come l’ambiente urbano è organizzato, la tendenza è far vivere tutti questi cani in funzione dell’uomo e di quelle che sono le sue di esigenze: il guinzaglio (che per legge andrebbe usato sempre e non più lungo di un metro e mezzo) è finalizzato alla persona che cammina mentre il cane è un animale trottante. Le “aree cani”, ricavate da parchi e giardini già ridotti, sembrano più degli spazi per la socializzazione dei proprietari che per la libertà dell’animale. Da parte di chi non è interessato c’è a volte una riluttanza pregiudiziale dettata dall’ignoranza per cui durante la pandemia si temeva che l’animale potesse trasmettere il virus. Compito nostro e di chi insegna a scuola è educare su questi temi dal momento che, oltre ad essere numerosi i cani in circolazione, la Pet Therapy sarà sempre più praticata nelle diverse strutture.

“Amo gli animali, soprattutto i cani”. Con queste parole di inizio conversazione Caterina Ambrosi Zaiontz lascia intendere che per aiutare l’uomo attraverso l’animale è necessario in primo luogo amare gli animali. Questo amore, da parte degli italiani, seppure in modo a volte immaturo, esiste e potrebbe favorire nuove professioni e benessere con la Pet Therapy che avanza e in alcuni atenei è già materia di studio universitario. Occorre però che l’interesse per l’animale d’affezione, oltre che più responsabile, diventi socialmente condiviso: ad esempio rispettando i cani pur non avendone uno proprio, considerato che loro, una volta messi in grado, si prendono cura degli umani incondizionatamente.

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Fondazione Santa Chiara Centro Multiservizi per la Popolazione Anziana, Lodi

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