Quale politica estera?

L’assenza di una linea di politica estera emerge come il limite più grave del governo di centro-sinistra. Ciò che sembra mancare è una visione dei rapporti internazionali minimamente innovatrice...
L’assenza di una linea di politica estera emerge come il limite più grave del governo di centro-sinistra. Ciò che sembra mancare è una visione dei rapporti internazionali minimamente innovatrice. Per esserlo dovrebbe porsi in discontinuità non solo e non tanto rispetto alla politica estera del governo Berlusconi - quale politica estera? - ma rispetto al ruolo internazionale che l’Italia ha svolto a partire dalla fine della guerra fredda.
Dovrebbe dunque essere posta in discussione la politica estera praticata in questi anni sia dalla destra che dalla sinistra. E non è certo un caso che la politica estera sia stata lo spazio politico nel quale più frequentemente si è verificata la convergenza - talora la complicità - fra i due schieramenti. E nei prossimi giorni assisteremo quasi certamente, sul tema del rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan, a una ennesima confluenza bipartisan: un sintomo, in tempi di g lobalizzazione inarrestabile, di grave miopia strategica di un’intera classe politica. Questioni come il ritiro dei militari italiani dall’Iraq e come la presenza italiana in Afghanistan sono decisive. Ma farne un perno cruciale o addirittura una questione di principio ha senso solo nel contesto di una riflessione allargata. Ha senso solo se si rimette in discussione l’insostenibile fardello di una serie di luoghi comuni che gravano anche sulla sinistra italiana.
Fra questi ci sono vere e proprie credenze bipartisan: la funzione legittimante dell’Onu nei confronti delle guerre di aggressione, l’esistenza di una giustizia internazionale diversa dalla «giustizia dei vincitori», il ruolo di pacificazione e ricostruzione civile che può essere svolto nel mondo intero da un’alleanza militare come la Nato, la funzione emancipativa del militarismo umanitario praticato dall’Occidente in nome dei diritti dell’uomo, la capacità della grandi potenze occidentali di vincere la sfida m ortale del global terrorism negandone «le ragioni» e addirit! tura qua lificando il terrorismo di matrice islamica come una nuova forma di fascismo, come ha scritto John Lloyd. E cioè ignorando la razionalità e il realismo della replica terroristica nei confronti dell’occupazione militare e dell’oppressione dei paesi islamici: una replica «estrema», ma che ha ben poco in comune con il fanatismo religioso o con l’odio contro la libertà e i valori occidentali che i fondamentalisti umanitari occidentali imputano alle scuole coraniche.
E’ scoraggiante sentir dire da Massimo D’Alema, in visita al Dipartimento di stato, che gli Stati uniti restano il cardine della politica estera italiana. Se non è un’ambigua dichiarazione machiavellica, è la prova che la politica estera italiana ripete i moduli stantii della subordinazione europea verso la superpotenza americana, mentre i processi di globalizzazione fanno dell’Asia orientale il cardine strategico di un futuro sempre più prossimo. E non meno scoraggiante, nonostante alcuni timidi accenni del p residente del Consiglio, è il silenzio del nuovo governo sulla questione mediterranea e, in essa, sul dialogo con il mondo islamico e sulla questione palestinese ormai avviata verso un definitivo etnocidio.
Ed è penoso sentir dire da un improvvisato ministro della difesa come Arturo Parisi che l’Italia è attiva in Afghanistan nel quadro della Nato «con una visione globale, ponendo a disposizione strutture e forze per la costruzione di un disegno di ordine e di pace». Si tratta di candide menzogne, come sa chiunque abbia visitato l’Afghanistan in questi anni e abbia personalmente registrato gli imponenti indici empirici che presentano il teatro afghano come un crimine internazionale e una tragedia: un crimine e una tragedia non meno gravi di quella palestinese e di quella irachena, e non meno forieri di violenza, abiezione, instabilità e terrorismo. Nessun ordine e nessuna pace regnerà fra gli immensi altopiani dove domina l’etnia Pashtun finché l’ultimo invasore stranier o non sarà stato cacciato. E le valli al nord, dove svettano! i primi contrafforti del Karakorum e dell’Himalaya, sono ancora letteralmente invase da carcasse di carri armati, di mezzi blindati e di armi pesanti di ogni tipo, ultime tracce degli invasori sconfitti dai mujaheddin tagichi.
Da "Il Manifesto" del 10 luglio 2006 Danilo Zolo
- Ci sono 4 contributi al forum. - Policy sui Forum -
L’Italia e la Germania hanno mostrato pochissimo acume nei fatti del ’45
In realtà, è stato un passo obbligato l’esperimento del futurismo e del nazionalismo.
Cosa avevano gli americani in più degli europei per insegnarci il bene e il male?
nessuno se lo chiede nemmeno oggi.
Ma c’è qualcuno ancora che vorrebbe riprovare a fare il furbo: la musica classica contro il jazz..
Non c’è alcun modo di liberarci dei liberatori. Noi non siamo capaci di tenere la pace, non abbiamo la facoltà quindi di sceglierci i nostri nemici.
Quindi, nessuna abilità da ostentare, nessun parere da far valere.
Questo D’Alema lo sa!
Lo sa che il politico deve tenere le fila del popolo, gestirne le abilità.
Non sarà mai che un rappresentante del popolo metta se stesso e le proprie qualità per sopperire a quelle altrui.
Gli italiani sono un popolo di viziosi, oziosi, rissosi.
E’ giusto che ogni tanto le prendano, da chi in fondo non ha fatto che perdonare e sopportare. E’ anche questa una dimostrazione di amicizia, specie da un popolo che ha votato due volte per i repubblicani.
Stiamo parlando di comandare in giro, e non di ingerenze sul nostro territorio..
Impariamo il rispetto del prossimo, impariamo a non essere litigiosi.
Impariamo la pazienza, impariamo a non cullarci sugli allori.
Ma io mi chiedo se ancora essere italiani sia un impegno di lavoro ed e onestà o altro..
ma per quale nefasto motivo noi dovremmo mai cambiare la nostra politica estera tenuta a partire dalla guerra fredda ???? La politica estera tenuta dopo la Seconda Guerra era l’unica possibile, ossia a fianco degli USA. Peraltro non è certo stata una politica sbagliata ! Siamo una nazione benestante, avanzata, libera, democratica, e nonostante le solite moine anche felice. Io opterei per una saggia continuità.
Ma in quale paese vivi tu? L’Italia è un paese ormai a medio reddito, la maggior parte della gente non ha un lavoro fisso, è una delle nazioni più inquinate del mondo e all’estero nessuno ci ascolta. In quanto a democrazia non mi sembra che ce ne sia tanta, a te sembra di decidere qualcosa sulle cose importanti del nostro paese? Ti sembra di decidere qualcosa sui servizi pubblici, cioè su come gestire la nettezza l’acqua, i trasporti, la sanità, la scuola? Anche la guerra in Iraq nessuno la voleva, nè a destra nè a sinistra, eppure nessuno ci ha ascoltato. L’unica cosa di cui siamo veramente liberi di decidere è cosa comprare. Annalisa
Io decido quello che deve accadere nel mio comune ogni volta che entro nell’urna, decido quale sia la politica regionale ogni volta che entro nell’urna, e decido la politica estera ogni volta che entro nell’urna. Chi non voleva la guerra ? una minoranza, che poi è diventata maggioranza (gli italiani non sono buoni a fare la guerra).
ma quale medio-reddito ! Retorica a parte non credo ci sia mai stata nel nostro paese una cosi diffusa propensione consumistica. Che poi i salari non siano mai abbastanza alti in nessun paese questo è normale, ci mancherebbe, e spero siano al piu presto alzati. Comunque dando un occhio in giro per il mondo possiamo quanto meno dire di essere un paese che sta bene, che si gode quello che ha, forse non andiamo in Ferrari ma neppure in bicicletta ! Suvvia !