Qualcuno era comunista / di Giorgio Gaber

di Redazione Antenati - domenica 3 dicembre 2017 - 6992 letture

Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno lo zio il papà. La mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, 
   la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica. 
   Ahi ahi ahi ahi
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, 
   la pittura lo esigeva, la letteratura anche, lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima, prima prima, era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, 
   ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva 
   alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno 
   di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai 
   che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché, la borghesia il proletariato la lotta di classe 
   cazzo.
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo Rai 3.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, 
   qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto. Minchia.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, 
   parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico 
   per il vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia. O cazzo.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior 
   partito socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo stato peggio che da noi, solo  l’Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant’anni 
   di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, 
   la stazione di Bologna, l’Italicus, Ustica eccetera eccetera eccetera
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca 
   che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice, 
   solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso 
   qualcosa di nuovo. Perché sentiva la necessità di una morale diversa.

Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.

Sì, qualcuno era comunista perché con accanto questo slancio ognuno era come, più di sé stesso. Era come due persone in una.

Da una parte la personale fatica quotidiana e dall’altra, il senso di appartenenza a una razza, che voleva spiccare il volo, per cambiare veramente la vita.

No, niente rimpianti. Forse anche allora molti, avevano aperto le ali, senza essere capaci di volare, come dei gabbiani ipotetici.

E ora? Anche ora, ci si sente come in due. Da una parte l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall’altra, il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito.

Due miserie in un corpo solo.


Fonte: il testo è stato pubblicato sul sito ufficiale di Giorgio Gaber che ringraziamo e a cui rimandiamo.



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