Q&P n. 194
Il familismo amorale italiano
Dopo dieci giorni dalle elezioni non solo non si sa niente del nuovo governo ma ci sono ancora da assegnare una quarantina di seggi che grazie al Rosatellum non si riesce a stabilire a chi debbano essere attribuiti. Non cambieranno molto anche se dovessero essere assegnati tutti all’opposizione anche perché molti "oppositori" lo sono solo di facciata. Certo, la destra per bocca di Salvini, sosteneva che già dal giorno dopo le elezioni avremmo avuto un governo se non in carica almeno in pectore.
Come spesso accade in Italia fra il dire e il fare... passano i mesi per arrivare poi alle scadenze delle bollette decuplicate e del preventivo di bilancio per far passare comprensivo di socilli immessi da manine e manone e qualche norma a favore di parenti ed amici nella furia iconoclasta di non arrivare al bilancio provvisorio. Quello che mi ha colpito comunque è una similitudine che la Meloni, candidata premier pare orientarsi come un suo antico progenitore politico che fece ministro di vari ministeri suo genero ed alla fine lo fece fucilare per accontentare i nazifascisti, ebbene la vincitrice assoluta delle elezioni pare che sia eterodiretta da suo cognato dal cognome famoso di Lollobrigida. Ilgenero pare uomo di sua assoluta fiducia ed aspirante a ministeri importanti.
Comunque nel nostro Paese è una costante far eleggere parenti ed amici ed a volte anche amici degli amici indipendentemente dalla loro capacità alla quale non possono, in genere, supplire solo con il loro ego smisurato. Certo l’Italia che deve affrontare una guerra costosissima, una crisi energetica di dimensioni gigantesche e in più una recrudescenza della pandemia da Covid, avrebbe bisogno di un governo operativo subito ma, pare, che anche il presidente della Repubblica non abbia molta fretta, per ora, perché alla scadenza del suo mandato bis mancano 6 anni e poi lui non lo voleva rifare, come il suo predecessore. Ricordate gente ricordate.
AL CONGRESSO, AL CONGRESSO - Letta segretario del quasi defunto PD, nipote di un potente ed eterno politico, ma pensate a volte la combinazione, si è accorto di avere perso di brutto le elezioni ed ha indetto un inutile congresso al quale si presenterà dimissionario e già una folla di aspiranti al "posto" ha suonato la carica e le diatribe sui resti di quel partito sono riprese alla grande. Sembra che l’idea che va per la maggiore sia quella di cambiargli il nome. Ancora! Un’altra volta! Io indirei un concorso per suggerire un nome. Per parte mia, proseguendo la serie dei nomi di alberi, che sono comparsi negli ultimi anni nel simbolo proporrei il cipresso. Lo so che non gode buona fama anche grazie alla poesia del Carducci ed al vezzo di ornare con tali alberi i viali che portano a quella che in provincia di Livorno viene definita "la porta coi sassi", differisce dal significato nella città di Firenze che ricorderebbe più la disfatta definitiva. I vari gerenti del partito arboricolo hanno perso per strada voti ma più che altro ideali. Comunque cambiare il nome servirà a poco. Qualche idea della situazione gli aspiranti alla segreteria potrebbero invece farsela se frequentassero di più mercati, mercatini e conoscessero veramente il prezzo del pane e del latte. Per il pane potrebbero andare per fornai a Napoli, magari in incognito.
DI MAIO E UNIONE POPOLARE - Del già dimenticato Di Maio ho già detto l’altra settimana, ma sono stati pubblicati i nomi di alcuni finanziatori della sua vile scissione. Nomi di palazzinari, condannati per diversi reati che ne hanno fatto una figura che starebbe bene in un romanzo di Orwell. Ora vorrei aggiungere alla lista degli illusi anche Unione Popolare che condivide con Gigino la percentuale di voti che in Inghilterra viene sprezzantemente definita "la quota del porco", riferendosi ad una lista che nei primi anni 60 del secolo scorso si presentò con il nome di Lista del Porco e con l’effige di un suino nel simbolo, il programma diceva che avrebbe aumentato le tasse, avrebbe sostenuto l’evasione fiscale e tolto la sanità pubblica e le pensioni. Ebbene quella lista ottenne gli stessi voti che ora hanno avuto i due partiti italiani.
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