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Prigione

Ero seduta a gambe incrociate sul pavimento. I piedi nell’incavo delle ginocchia a cercare un po’ di calore...

di Charl - giovedì 11 ottobre 2007 - 5731 letture

Ero seduta a gambe incrociate sul pavimento. I piedi nell’incavo delle ginocchia a cercare un po’ di calore. Il vestito lercio continuava a scoprire la mia carne,muovendosi per il vento che si insinuava dalle crepe sui muri. Le mie unghie non crescevano più,si spezzavano. Solo i miei capelli si facevano strada incessantemente,coprendo il mio volto disfatto,bagnati di lacrime,caldi. Il loro colore era a me ignoto. Non sentivo nulla,nemmeno le unghie che premevano sulla mia pelle. Sanguinavo. Avevo voglia di alzarmi e non potevo,non riuscivo. Ero esausta ormai. Qualcuno entrò e non lo vidi,sentivo solo il suo respiro. Il suo sguardo mi violentava l’anima. I miei occhi non vedevano nulla,il mio corpo non rispondeva nemmeno alla paura. Mi toccò i capelli,ciocca dopo ciocca. Li tirava,li pettinava forse. E si spezzarono. Uno dopo l’altro. Si ruppero,si sbriciolarono. Erano fumo. Fumo nero. Mi toccò il viso,lo sentì bagnato. Mi sfiorò le labbra. Mise le dita sui miei occhi. Provavo un oscuro piacere a quel tatto a me estraneo,a quell’attenzione inusuale. Ansimai. Sentii caldo. Mi strinse la mascella con il palmo della mano. Una morsa dolorosamente dolce. Portò la mia testa indietro e io come corpo morto lo lasciai fare. Il suo respiro si fece più profondo,lo sentii sulla schiena,sul collo,nelle orecchie,nelle narici. Passò il dito sulle mie labbra,capì che ero viva.

Mi baciò. Chi fosse non lo seppi mai. Mi baciò ma le mie labbra non risposero.

Erano fredde.


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Prigione
20 ottobre 2007, di : callettino

vabbè, ma alla fine a un lettore che rimane? unghie spezzate o chissà che cosa. cioé è uno di quei testi che entrano in testa a un autore e nella sua testa rimangono: mentre il destinatario Principe deve essere sempre il lettore. A lui si deve pensarwe quando si scrive: non a se stessi.
Prigione
20 ottobre 2007, di : Antonella D’amico

RISPONDO A CALLETTINO:

Spero che tu abbia avuto il piacere di leggere romanzi. Ognuno di essi racconta di eventi fantasiosi, uomini mai esistiti, deliri, follie, passioni. La storia che può apparire più incredibile e impensabile in realtà esiste.. ed esiste nell’animo di chi la scrive. C’è il SUO dolore, il SUO sangue, il SUO furore. Chi scrive può denunciare, commentare, recensire, ma tra quelle righe ci sarà sempre il suo vigore, il suo piacere, il suo calore. Se stesso. Tra le righe di un romanzo non puoi che ritrovare l’animo di chi l’ha scritto. E ci sono infiniti “se stessi” che vogliono parlare, gridare, girare il mondo, uscire fuori.. basta solo trovare il modo per farlo. E poi ci sono infiniti “se stessi” che leggono. Infiniti “se stessi” che vogliono essere il Barone rampante, Mrs Dalloway, Rossella O’Hara.. o perché no, Ulisse, Enea, Dante in viaggio tra le anime perdute. O semplicemente se stessi. O semplicemente in “prigione”come nel racconto che ho scritto. Quale sia la tua prigione poco importa.. C’è un briciolo di egoismo anche in questo.. “ogni lettore quando legge,legge se stesso” diceva Proust. Io aggiungo che uno scrittore quando scrive, scrive se stesso!! Entrambe le cose avvengo nello stesso momento… sta lì il miracolo!