Premi, per cosa?
Bisogna sempre ricordare le frasi singolari e famose, dette da uomini singolari e famosi, perché oltre al loro significato, sono luci illuminanti. E’ rimasta famosa la testimonianza di Sergio Marchionne quando in qualità di Ad di FCA, in un intervento alla Bocconi, raccontò che arrivato a Torino, andò agli stabilimenti Fiat, ma non trovò nessuno, proprio nessuno.
Sottolineando alla platea, che Fiat allora perdeva 5 milioni di euro al giorno, continua raccontando che lui allora chiese – ma dove sono tutti? - Sono in ferie gli fu risposto - 5 milioni al giorno, ripete a questo punto, aprendo la mano a cinque dita - il racconto procede con la sua ormai celebre domanda - Ma in ferie da cosa?.
- Ponte Morandi Genova
Una volta c’ era lo Stato e i Dirigenti statali non avevano incentivi, premi, il premio era la serena sicurezza di un lavoro forse ritenuto un po’ monotono, ma certo.
Poi è arrivata questa promiscuità tra pubblico e privato, allora si è pensato che premi annuali incentivassero a far meglio, a lavorare in modo più veloce, snello e dunque più efficiente, che lo Stato ci guadagnasse in modernità ad uniformarsi per certe cose, al Privato.
Ho la sensazione che questi incentivi siano stati velocemente assimilati al naturale percorso di un qualsiasi Dirigente statale e mi chiedo se i dirigenti dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, a fine anno, quest’anno, riceveranno, se già non li hanno avuti, i loro premi qualità per il lavoro svolto, perché in tal caso ritorna valida la domanda di Marchionne - Ma premi, per cosa?.
Si va delineando, nel caso del crollo del ponte Morandi, una certa responsabilità nei forti ritardi con cui il Ministero con i propri Dirigenti, si sarebbe mosso per rilasciare il nullaosta per gli interventi sul ponte stesso; non è dal di fuori possibile valutare se sono ritardi fisiologici, ma non per questo non punibili, od altro.
Forse lo Stato dovrebbe smetterla di scimmiottare il privato, e ritornare ad essere lo Stato, e riappropriarsi in un certo senso della Sacralità dell’ essere lo Stato, seguendo criteri di giustezza ed anche nella sue Amministrazioni, non criteri fasulli di riconoscimenti di buon lavoro spesso auto referenziati o poco più e se si vuole modernizzare, sfoltisca la burocrazia e dia strada ai tempi per calcolare l’ efficienza delle proprie strutture.
Anzi, io mi chiedo se non sarebbe il caso per evitare qualsiasi conflitto d’ interessi, di introdurre dei Vincoli; il Dirigente Statale ai vertici, se volesse proiettarsi nel privato, potrebbe farlo certo, ma mai per una società con la quale da Dirigente pubblico, ha stipulato accordi. Questo per evitare possibili ma realistiche, viziose contaminazioni nelle trattative pubblico privato. Ce ne sono tante di concessioni statali, ma ci sono anche Dirigenti che finita la trattativa, saltano il fosso e perché saltano il fosso?. e quella trattativa è stata condotta giusta per lo Stato o è stata condotta in modo più favorevole per quel privato?.
Domande che salgono spontanee.
Se non si rimettono delle regole precise etiche di comportamento, si va a sbattere senza davvero ritorno. Diversi dirigenti, dopo varie trattative condotte per conto dello Stato, hanno lasciato l’ impiego statale e sono andati a lavorare, in questo caso per i Benetton, che indipendentemente dalla loro posizione tecnica, sono i fondatori e a capo di questo piccolo impero delle autostrade, che oramai i maglioncini colorati sono quasi uno sbiadito ricordo.
Questi passaggi lo Stato non dovrebbe consentirli.
Finita la transazione della concessione, vengo a lavorare per te, finito l’accertamento dell’agenzia delle entrate, vengo a lavorare per te - perché? mi domando io, con lo stesso stupore di un Marchionne - in ferie da cosa?. Nel 1999, anno in cui ci fu la vendita della rete autostradale da parte della holding pubblica delle Partecipazioni Statali, IRI, al gruppo Benetton, Gian Maria Gros ne è presidente, ma nel 2002 lo troviamo, con uno stipendio che viene riferito di un milione di euro annuali, per sei anni in una posizione di vertice della società Atlantia S.p.A. costituita in quell’anno, che in qualità di holding del gruppo Benetton controlla Autostrade per l’ Italia.
Ora per quella vendita, il Ministro Di Maio, ha parlato di danno erariale. Le Autostrade, costruite con il denaro di tutti i cittadini, vennero vendute per 7 miliardi di lire; i Benetton chiesero prestiti per quella cifra, quindi non hanno tirato fuori un soldo dei loro, e poi li hanno facilmente restituiti, dato il forte margine dei profitti. Ricordiamo che i pedaggi nel corso degli anni, sono aumentati del 72%.
Attilio Befera, altro esempio di passaggio pubblico privato. Come capo dell’ Agenzia delle Entrate ed insieme di Equitalia, si occupò del patteggiamento del gruppo Benetton per la società Sintonia, con sede in Lussemburgo, ed accusata dalla Guardia di Finanza, dopo accurati accertamenti, del reato di estero vestizione. Cioè sarebbe stata creata, per pagare fuori dall’ Italia, meno tasse sui proventi derivanti dai pedaggi.
La società Sintonia venne riportata in Italia e i Benetton pagarono solo 12 milioni di euro.
Anche qui, stesso scenario, dopo un paio d’anni anche Blefera si dimette ed assume un posto di grandissimo rilievo all’interno della holding Atlantia S.p.A.
Quando si arriva così in alto, a rivestire dei posti chiave, queste nomine in ambito statale, sono in genere frutto di accordi politici, quindi chi si è trovato nelle stanze pubbliche dei bottoni, si trova al centro di una serie ben definita di correlazioni politiche, e questo in ogni momento, può essere di grande aiuto nella gestione dei rapporti da parte del gruppo privato con l’ apparato statale, creando dei legami che possono inficiare quella neutralità necessaria per uno Stato veramente al di sopra delle parti.
Credo che questi legami, oltre ad una “vicinanza” ora a questo ora a quel politico, contribuiscano a creare quello che Giorgio Ragazzi nel libro “ I Signori Delle Autostrade” ed. Mulino ha definito - Capitalismo di Relazione – molto utile nella gestione dei propri affari.
Quando si ragiona di Stato etico, contro ogni tentativo e forma di corruzione, dobbiamo scoperchiare e mettere le mani nei roventi conflitti di interesse e già che ci sono, anche se sembra fuori tema ma non troppo, anche andare con la lente di ingrandimento a guardare bene nella galassia delle Fondazioni.
Tutto questo ragionare è pertinente con il punto di vista della petizione da me lanciata, che non riguarda aspetti tecnici - pedaggi - abbonamenti misure dei veicoli - che pure sono fondamentali.
A raggiera le più petizioni si sono espresse in modo complementare; per quella che mi riguarda in particolar modo, si sottolinea la necessità della Nazionalizzazione della Rete Autostradale affinché attraverso questo processo di ritornata acquisizione, di ricostruzione e gestione - lo Stato risorga a Stato sovrano contro tutti i furbetti fuori e dentro, che hanno dissanguato le persone comuni - citazione forse populista, ma purtroppo vera.
Quando ieri pomeriggio, un mio amico, peraltro ottima persona, ha definito il crollo del ponte Morandi – una fatalità – nel senso che secondo lui, sarebbe potuto accadere un giorno o sei mesi prima, e quindi rifiutando la realtà, che è quella di un cedimento strutturale, fino a due minuti prima il ponte ha retto, poi no; per trovare una giustificazione ho dovuto mettere in relazione, questa affermazione singolare ed in buona fede spero, con le sue convinzioni politiche.
Oggi se ne fa una questione partitica, e si teme che questo governo dalla ricostruzione del ponte, ne tragga un vantaggio politico, ragion per cui si tenderebbe da certi fronti, a minimizzare l’accaduto.
Quindi relegare il crollo del ponte Morandi ad un sia pure fatto grave di cronaca, non solo sarebbe miopia pura, ma parafrasando il grande Asor Rosa – anche una cattiva azione.
I Renziani hanno avuto le loro Leopolde, noi non molliamo la presa, che qui, come qualcuno disse – si fa l’ Italia! Che quella precedente in tanti l’hanno sciupata, ammaccata sicuramente.
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