Pollaio Tv contro Report
Draghi scarica sull’Inps – Dagli al giornalista! – Fake News a gogò
POLLAIO TELEVISIVO ‒ Dopo gli attacchi a “Report” da parte di un gruppo di deputati di Italia Viva e la conseguente retromarcia degli stessi, ora si apre un nuovo conflitto fra il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, e Bianca Berlinguer. L’antefatto: Report andato in onda lunedì 1 novembre, aveva ricevuto le critiche dei deputati Romano, Fedeli, Anzaldi che avevano accusato Report di “propaganda No vax”. Chi ha seguito la trasmissione aveva potuto capire benissimo che non era propaganda No vax quella di Ranucci quanto piuttosto l’assenza di basi scientifiche per allungare il green pass da 9 a 12 mesi considerato che non c’è unanimità, fra gli scienziati, sulla durata della protezione. Poi le accuse erano state ritirate. Ora si aggiunge una nuova puntata in questo pollaio Tv. Ranucci viene invitato dal concorrente “Di Martedì”, su La 7 in contemporanea con “Cartabianca”. Questo non è andato giù alla Berlinguer che nella sua puntata, mentre ospitava Gian Luigi Paragone, ha criticato che Ranucci fosse andato a parlare in una testata concorrente alla Rai. Subito critiche a Ranucci da parte di Italia Viva (Raffaella Paita, Luciano Nobili) e Forza Italia (Andrea Ruggeri). Tranquilla la risposta di Ranucci: «La mia presenza in un programma diverso dalla Rai è stata autorizzata – ha scritto il giornalista sui suoi profili social ‒. Sono in azienda da oltre 30 anni e ho sempre osservato e rispettato le regole, perché non solo sono orgoglioso della Rai, in cui sono stato sempre libero e che mi ha fatto sempre sentire libero di fare il mio lavoro, ma perché ritengo che appartenga al pubblico che paga il canone. Dire che la mia presenza abbia danneggiato l’azienda pubblica è un punto di vista, il mio è diverso».
DRAGHI SCARICA SULL’INPS ‒ L’istituto previdenziali dei giornalisti (Inpg 1) in tre anni ha perso 580 milioni di euro. È il risultato di una cattiva gestione che ha portato al collasso l’istituto. E così si è pensato bene di scaricare sulla collettività il “buco” con il beneplacito del Migliore Draghi. Stiamo parlando di quei giornalisti strapagati andati in pensione, presto, con cifre ragguardevoli e altre cosucce come mutui agevolati, prelazioni su prime case ecc. Non stiamo parlando di quei giornalisti che prendono 3/5 euro ad articolo, o dei freelance tutti iscritti (quando sono iscritti) a Inpgi 2. Negli anni ’90 i giornalisti chiesero al governo e scioperarono per ottenere la privatizzazione del loro istituto. Poi la crisi della stampa, testate chiuse ecc. Ora hanno supplicato Draghi di andare dentro l’Inps. In pratica privatizzare i profitti e scaricare le perdite sullo Stato. E Draghi ha detto sì, come l’uomo del Monte. Con gli applausi dei grandi editori che hanno ancora bisogno di prepensionamenti. Non si potevano ricalcolare al ribasso le “pensioni d’oro”? Certo. Ma per fare questo era necessario dire no a editori e Confindustria. E questo Draghi non lo farà mai. W i Migliori.
UCCIDERE UN GIORNALISTA? SI PUÒ ‒ Nove assassini di giornalisti su dieci non vengono perseguiti con un livello di impunità dell’87 per cento. A riferirli Tawfik Jelassi, assistente del direttore generale dell’Unesco nel corso di una tavola rotonda internazionale tenuta nell’aula magna del "Siracusa international institute for criminal justice and human rights". «Ci sono stati 400 assassini di giornalisti negli ultimi due anni – ha riferito Jelassi – e negli ultimi due giorni sono morti tre giornalisti in Messico e nelle Filippine. I 139 professionisti uccisi in America Latina tra il 2011 e il 2020 avevano ricevuto minacce». Secondo l’ultimo rapporto dell’organizzazione delle Nazioni Unite, solo nel 2020 sono stati 62 i giornalisti uccisi per aver svolto il proprio lavoro. Le statistiche dal 2006 al 2020 dicono che sono 1200 i giornalisti che hanno perso la vita in nome dell’informazione. Come se non bastasse, oltre a rischiare la vita sempre più spesso, i cronisti lavorano con la minaccia costante di querele temerarie che quasi sempre finiscono in assoluzioni. In Italia, segnala Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l’informazione, «il tasso di impunità sulle aggressioni subite dai giornalisti oscilla intorno al 93 per cento». Per Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, «Il giornalista a volte non è tutelato dalla testata giornalistica e a volte i temi come corruzioni e mafie forse non sono ritenuti significativi da alcuni editori che hanno evidentemente interessi diversi, mentre invece il cronista deve poter svolgere in piena serenità i compiti che la democrazia gli affida». E ipotizza un intervento legislativo: «Quando viene chiesto il risarcimento – spiega – se la querela è temeraria, il soggetto che ha citato in giudizio il giornalista, se ha torto, dovrebbe essere condannato al doppio del risarcimento del danno richiesto».
FAKE NEWS A GOGÒ ‒ In rete è valanga di bufale e cresce il popolo dei creduloni. Secondo uno studio dell’Agcom (riportato da Italia Oggi), la quota sul totale delle notizie si attesta tra il 6 e il 10%. Il 57% riguarda la politica e la cronaca; il 19% la scienza e la tecnologia; il 16% la cultura e lo spettacolo; il 6% l’economia e l’1% lo sport.
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