Piano regolatore, questo sconosciuto

Lo strumento urbanistico anche per dare una visione alla città nel rapporto con il proprio vasto territorio, la natura e le caratteristiche storiche, economiche, ambientali.
Nei 35 anni che stanno per arrivare il 29 luglio da Palazzo Scammacca, sede del Comune di Lentini, sono passati 6 sindaci di cui uno in carica, un commissario con i poteri della Giunta e del Consiglio e 5 commissari ad acta per mandare avanti il Prg (Piano regolatore generale). Ancora non si capisce quando si dovranno tirare fuori le carte per procedere anche alla luce della legge regionale sull’urbanistica.
Capisco le attuali difficoltà dell’amministrazione per quello che hanno trovato, in particolare per mettere ordine ai conti passati e quelli attuali che non sono poca cosa, ma riprendere le carte in mano del Prg si può fare aprendo un confronto con le forze sociali e politiche della città.
Un confronto che non riguarda solo gli ordini professionali ma altre parti della società per i complessi interessi che muove ed armonizzarli. Un lavoro intelligente anche per dare una visione alla città nel rapporto con il proprio vasto territorio, la natura e le caratteristiche storiche, economiche, ambientali.
In un contesto di profondi mutamenti rispetto al passato per la fuga dei giovani, l’invecchiamento crescente e la mancanza di prospettive occupazionali. Chiusi nella morsa della crisi monoculturale dell’agrumeto e di quella dell’industria chimica. L’impoverimento, il gelo demografico, la fuga dei giovani e le mancanze di prospettive occupazionali riguarda l’intero mezzogiorno.
Stamane sono pieni tutti i quotidiani che riportano alcuni dati dei vari Centri studi che si occupano del Mezzogiorno. Una immediata risposta per non sprofondare, si parla in un articolo, bisogna avere la capacità di trattenere i prossimi 40 mila giovani laureati.
Trattenerli per cosa? Spero per un lavoro nel pubblico o nel privato dignitoso e ben retribuito. Senza queste condizioni ci salutano e se ne vanno come hanno fatti in migliaia. Si capisce che queste continue fughe sono una reale perdita economica e democratica? Non credo perché abbiamo un ceto politico scadente e delle espressioni governative da baraccone. Senza i giovani in campo anche la democrazia perisce e perde di valore.
Il rinnovamento del Sud non passa dai centri di potere nepotisti e clientelari, parassitari e mafiosi. Il Sud non è tutto questo. Lo so che ci sono dei settori produttivi innovativi e all’avanguardia. Ma non bastano, in quanto manca una reale politica industriale diffusiva e che non tutto può essere affidato al turismo. Il turismo come parte di un disegno d’ampio respiro, competitivo nella qualità dei servizi, nelle tariffe dei trasporti e nei prezzi di soggiorno. Una nuova concezione di vedere lo sviluppo senza chiusure e che guarda lontano nel cogliere le sfide anche quelle derivanti gli emigranti da integrare. Così i giovani possono restare e gli emigranti per esigenze non per emergenza con l’intero Mezzogiorno che dica la sua parola, ma tante.
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