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Phil Collins, musicista ed uomo

Unica tappa in Italia del tour Still not dead yet live 2019 dell’ex batterista e vocalist dei Genesis

di Piero Buscemi - mercoledì 19 giugno 2019 - 3013 letture

Una presenza sinistra, al di là di un ovvio riferimento del suo uso naturale della mano sinistra che ha caratterizzato il montaggio della sua batteria in tutta la sua carriera artistica. Una presenza invadente, trascinante, riflessiva. In tutto questo si può riassumere il concerto che Phil Collins ha tenuto al Mediolanum Forum di Assago di Milano, lunedì sera.

Una presenza nostalgica con la sequenza di immagini di repertorio della storia di uno dei gruppi più innovativi e influenti della storia del rock. Non il rock tradizionale, spaziante tra una pulizia ritmica dalle vecchie sonorità degli anni ’50 e quello che, mescolato con il blues portò alle divagazioni più estreme dell’hard rock, l’heavy metal e tutto quanto una chitarra elettrica distorta ed una batteria, magari con una spruzzata d’acqua sui rullanti, abbia potuto creare negli anni.

La musica di Phil Collins, e dei Genesis è stata ben altro. Sonorità ricercate, testi poetici, ogni tanto un sintetizzatore ad allungare le melodie oltre i canonici tre minuti delle antiche incisioni. E poi il flauto a dare quel tocco di classicismo a quelle esecuzioni, già per se stesse interminabili sui vinili, infinite nelle esecuzioni dei concerti.

La musica dei Genesis non è morta, come non lo è lo stesso Phil Collins, nonostante i problemi fisici affrontati negli ultimi anni che gli hanno, di fatto, impedito per sempre di prendere in mano le sue magiche bacchette e picchiare la rabbia dei suoi versi che non dimenticheremo mai.

Phil Collins non ha suonato durante le quasi due ore di concerto. Nessuno dei presenti lo avrebbe preteso. Ha cantato però. Attingendo dal suo più emozionante repertorio, specialmente quello che lo ha consegnato alla storia della musica come solista, dopo avere lasciato il gruppo negli anni ’80. Ed ha offerto al pubblico, non solo a se stesso, Another day in Paradise, un altro sogno ad occhi aperti di paradiso che può limitarsi ad essere della buona musica da ascoltare. E da cantare.

Un omaggio anche al repertorio del gruppo, con le immagini del carismatico Peter Gabriel e dell’eccentrico chitarrista Steve Hackett che, qualche decennio fa sconvolse i puritani dello strumento con la sua magica Gibson e caratterizzò il sound della band negli anni ’70, conferendo un’impronta unica e riconoscibile, a scorrere sugli schermi montati sul palco.

Phil Collins non ha mai trovato un acclamante riscontro di critica, molto al di sotto di quello che il pubblico gli ha sempre riconosciuto. I fedelissimi della produzione psichedelica dei Genesis di inizio carriera non hanno mai digerito del tutto il passaggio ad un pop più tradizionale, considerato a volte commerciale. La sua voce, che dopo l’uscita dal gruppo di Peter Gabriel, diede un’impronta diversa ai dischi successivi, non merita critiche particolari, ma le interpretazioni sceniche del Monkey man, erano uniche e indimenticabili per provare solo a fare un paragone.

La serata di lunedì ha avuto un significato diverso di un tradizionale concerto rock. E’ stato ripercorrere la vita di un artista che, dalla sedia della sua malattia, ha saputo rialzarsi, non solo metaforicamente. La musica, e l’amore per essa, ha dimostrato ancora una volta di essere in grado di fare miracoli. Il pubblico, fedele compagno di questo intramontabile artista, gli ha riconosciuto il meritato ringraziamento. Per questo viaggio nel tempo, a ripercorrere qualche decennio di buona musica, sempre attuale di un periodo storico artistico dove basta un buon computer per sostituire anni di studio tecnico di una batteria, una chitarra, una tastiera. Anni per scrivere un testo che possa essere annoverato in un libro di letteratura, senza sfigurare.

Abbiamo ancora bisogno di queste emozioni, umane, magari anche indifese e banali. Sicuramente vere. Emozioni che vorremmo continuare a vivere In the air tonight...

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