Pessimismo e umanesimo, le parole di Pier Paolo Pasolini

Per poter continuare ad essere umani, tutti dobbiamo lottare contro “il non io” che ci logora e ci induce ad un pessimismo senza uscita. La lotta è doppia...

di Salvatore A. Bravo - domenica 21 settembre 2025 - 520 letture

Il capitalismo non è solo accumulo senza limiti di plusvalore; il capitalismo si fonda sul non riconoscimento dell’altro. Esso è il movimento regressivo della storia umana. Capitali e tecnologie inoculano nelle relazioni umane un ordine innaturale, esse separano per spingere verso il conflitto, e in tale conflittualità la cecità relazionale dell’utile diviene la norma che guida un intero assetto sociale verso il disastro. I capitalisti e il loro servidorame puntellano il loro dominio con la pratica della negazione dell’altro sostenuta dalla rete dei soli diritti individuali con cui privatizzare il m0ndo e l’esistenza.

Narcisismo e desiderio guidano le relazioni, pertanto le soggettività si usano e si sfruttano vicendevolmente per “godere in modo effimero”. La pratica della negazione generalizzata mediante l’osceno catechismo della competizione e del desiderio illimitato non solo ha lo scopo di sostenere i consumi, ma il suo intento è chiaramente politico, poiché sottrarsi allo sguardo dell’altro e non riconoscerlo, come proprio pari, erode il senso etico e lo corrode fino a formare personalità indifferenti al bene e al male.

Con l’annientamento dello scandalo etico e con il fatalismo destinale della competizione si costituisce un “super paradigma” inviolabile che assimila in modo trasversale dominati e dominatori. Tale contesto consente di commettere crimini e ingiustizie e di non avere azioni di risposta rilevanti. La guerra in Ucraina e il genocidio palestinese non hanno causato in Europa e nel mondo azioni di risposta dei popoli, poiché il “super paradigma” annienta la capacità di “sentire il dolore dell’altro fortemente”, senza tale emotività di riconoscimento non vi è scandalo etico e l’agire politico diviene presenza irrilevante.

La differenza tra il bene e il male si assottiglia fino a scomparire, per cui il dolore dell’altro e le violenze che subiscono i popoli restano inascoltate e le informazioni che giungono si disperdono nel vociare e nella chiacchiera generale. Nei media possono convivere genocidio, gossip e canzonette.

L’irrilevanza espressa nei media è l’espressione degli effetti di decenni di “sistema totalitario liberale”. L’ossimoro è evidente, ma il liberalismo senza limiti è oggi il nuovo sistema totalitario, in quanto pensiero critico, dibattito pubblico e verità sono stati rimossi per permettere la mercificazione assoluta. Solo i profitti e le merci sono liberi. Pensatori e pensatrici del nostro tempo devono assumersi il faticoso peso di ricostruire la ragione etica e di fendere il “super paradigma” che ci sta conducendo verso l’abisso. Ancora una volta bisogna ricostruire l’umanesimo e opporsi alla guerra contro l’umano in atto.

Sotto questo aspetto siamo, forse, a un punto di svolta finale.  Nel 2021 Gavin Williamson, il segretario all’istruzione nel governo di Boris Johnson affermò:

“Il numero record di persone che hanno scelto i corsi di scienza e ingegneria, dimostra che molti stanno già iniziando ad abbandonare i corsi senza uscita che lasciano ai giovani nient’altro che debiti”.

Senza uscita è l’umanità che ha perso i fini oggettivi ed è incapace di reciproco riconoscimento. Senza umanesimo non c’è civiltà. Nel settembre del 2025, in questi tristi giorni, il ministro dell’istruzione inglese ha dichiarato che le facoltà umanistiche sono inutili e ha invitato i diplomati a iscriversi esclusivamente alle facoltà che producono reddito. Le dichiarazioni inglesi sovrapponibili a quelle di tanti ministri di altri stati europei e sono parte del “super paradigma” che avanza e instaura con la logica dell’utile la disumanità del non riconoscimento dell’altro.

Fredde funzioni algebriche

L’umanesimo insegna a riconoscere l’altro nella comune umanità e a pensare politicamente. Esso feconda l’intero sistema trasformandolo da “sistema” a comunità politica, in quanto insegna a pensare criticamente per progettare. L’utile è il solo calcolo personale nel quale l’altro muore e gradualmente si muore al mondo e alla comunità per diventare fredde funzioni algebriche. Sta a noi lavorare per l’umanesimo, pur in una condizione disperata, per fermare il declino della politica e con essa dell’umanità. Sta a noi, i dominati, contribuire senza titanismi a riportare il senso dell’umano in una realtà sociale che sembra senza uscita. Ancora una volta l’umanesimo è scommessa, è azzardo, in quanto, mentre tutto declina verso l’abisso, continua a credere razionalmente nella ragione etica e comunitaria.

Le parole di Pier Paolo Pasolini profetiche nella loro dolcezza sono oggi vere ed eterne nella poesia “Il pianto di una scavatrice”:

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.
Ecco nel calore incantato
della notte che piena quaggiù
tra le curve del fiume e le sopite
visioni della città sparsa di luci,
echeggia ancora di mille vite,
disamore, mistero, e miseria
dei sensi, mi rendono nemiche
le forme del mondo, che fino a ieri
erano la mia ragione
Annoiato, stanco, rincaso, per neri
piazzali di mercati, tristi
strade intorno al porto fluviale,
tra le baracche e i magazzini misti
agli ultimi prati. Lì mortale
è il silenzio: ma giù, a viale Marconi,
alla stazione di Trastevere, appare
ancora dolce la sera. Ai loro rioni,
alle loro borgate, tornano su motori
leggeri – in tuta o coi calzoni
di lavoro, ma spinti da un festivo ardore
i giovani, coi compagni sui sellini,
ridenti, sporchi.
[…]
Ma tra gli scoppi testardi della
benna, che cieca sembra, cieca
sgretola, cieca
quasi non avesse meta,
un urlo improvviso, umano,
nasce, e a tratti si ripete,
così pazzo di dolore, che, umano,
subito non sembra più, e ridiventa
morto stridore. Poi, piano,
rinasce, nella luce violenta,
tra i palazzi accecati, nuovo, uguale,
urlo che solo chi è morente,
nell’ultimo istante, può gettare
in questo sole che crudele ancora splende
già addolcito da un po’ d’aria di mare…
A gridare è, straziata
da mesi e anni di mattutini
sudori – accompagnata
dal muto stuolo dei suoi scalpellini,
la vecchia scavatrice: ma, insieme, il fresco
sterro sconvolto, o, nel breve confine
dell’orizzonte novecentesco,
tutto il quartiere… È la città,
sprofondata in un chiarore di festa,
– è il mondo. Piange ciò che ha
fine e ricomincia
.

Per poter continuare ad essere umani, tutti dobbiamo lottare contro “il non io” che ci logora e ci induce ad un pessimismo senza uscita. La lotta è doppia contro la demotivazione interiore e contro il sistema che produce pessimismo e cecità dell’altro, ma sappiamo che non vi è alternativa, è necessario continuare la lotta, in quanto l’abisso è il risultato della rinuncia di ciascuno a riconoscerlo. Il primo passo è “ascoltare la vita dolorosa” che scorre in noi e nelle strade dove incontriamo i ”nostri compagni di avventura-sventura”.

La lotta ha il suo rinascimento nell’ascolto dopo aver attraversato le tenebre dello scoramento.



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