Persone: Louise Glück, poetessa e nobel
È morta a 80 anni la poetessa statunitense Louise Glück, vincitrice del Nobel per la letteratura
È morta Louise Glück, poetessa americana che nel 2020 aveva vinto il premio Nobel per la letteratura «per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende l’esistenza individuale universale». Glück aveva 80 anni ed era malata di cancro.
Nata a New York, Glück aveva origini ebraico-ungheresi e insegnava letteratura inglese all’Università di Yale, oltre a essere una delle poetesse più stimate nella storia degli Stati Uniti. Nel 1993 vinse il premio Pulitzer della poesia con la raccolta di poesie L’iris selvatico; nel 2014 il National Book Award, un altro importante premio letterario americano. Ha scritto 12 raccolte di poesie, oltre a varie raccolte di saggi di critica letteraria.
Fonte: Il Post.
La sua scheda su Antenati, storia delle letterature
Louise Gluck, morta la poetessa americana premio Nobel per la letteratura
Aveva 80 anni, premiata "per la sua caratteristica voce poetica"
È morta all’età di 80 anni la poetessa americana Louise Glück, premiata il Nobel per la letteratura nel 2020. Lo ha reso noto l’Università di Yale, dove insegnava. Nata a New York, considerata una delle più grandi figure della poesia americana, è stata premiata dall’Accademia svedese "per la sua caratteristica voce poetica", diventando la sedicesima donna a vincere il Nobel per la letteratura.
Folgorata dalla poesia fin da bambina, l’americana Louise Gluck, è stata insignita tre anni fa del massimo riconoscimento mondiale per la letteratura dopo aver collezionato per il suo lavoro un Pulizter e un National Book Award. E’ morta di cancro nella sua casa di Cambridge in Massachusetts, ha detto Jonathan Galassi, che aveva curato negli Usa la pubblicazione delle sue opere per la casa editrice Farrar, Straus e Giroux. Gluck è stata la sedicesima donna a vincere il Nobel per la letteratura: prima di lei l’ultimo americano premiato era stato Bob Dylan.
La prima cosa che aveva pensato, una volta ricevuta la telefonata del premio da Stoccolma - con relativo assegno da dieci milioni di corone svedesi, l’equivalente di poco più di un milione di dollari, era stata: "Potrò comprarmi una casa in Vermont". L’altro pensiero era stato "come preservare la vita quotidiana delle persone che amo". E sempre a caldo la poetessa, che nelle sue creazioni letterarie aveva esplorato i temi del trauma e della perdita, della famiglia e della solitudine, aveva pensato: "Non avrò più amici. Quasi tutti sono scrittori".
Alla richiesta di cosa suggerire di leggere a chi non era familiare con la sua opera, aveva consigliato "di non partire dal suo primo libro" (Firstborn del 1968) e partire magari con Averno, la raccolta basata sul rapporto madre-figlia con il mito di Demetra e Persefone di sfondo pubblicata nel 2006 negli Usa e in Italia nel 2019 dalla casa editrice e libreria di Napoli Dante & Descartes, o con Faithful and Virtuous Night del 2014.
Dopo il Nobel, i suoi 12 volumi di poesie sono stati acquistati dal Saggiatore. Nel cuore di Gluck, che l’anno scorso era stata insignita in Italia del premio Lerici Pea, il Vermont aveva preso un posto speciale: fu lì, dopo aver cominciato a insegnare al Goddard College, che superò un lungo "blocco dello scrittore" e produsse la sua seconda raccolta di poesie, The House on Marshland, pubblicata nel 1975 e applaudita dalla critica. A Goddard aveva anche conosciuto il secondo marito, lo scrittore John Dranow, padre dell’unico figlio Noah, da cui aveva però divorziato negli anni Novanta. Tra le altre sue opere, il personalissimo Ararat, che traeva le origini dal dolore provato per la morte del padre.
Poeta laureata negli Usa (la carica federale che che viene assegnata a insigni letterati con il mandato di promuovere la poesia) nel 2003 e 2004, Luise Gluck divideva il suo tempo tra Yale, dove insegnava, Montpelier nel Vermont, Cambridge e la California. L’anno scorso era stata chiamata da Stanford nel Dipartimento di creative writing.
Fonte: La Repubblica
Poesia. Addio a Louise Glück, Premio Nobel per la letteratura nel 2020 / di Alberto Fraccacreta
La poetessa aveva 80 anni ed era malata di cancro. L’Accademia di Svezia la premiò «per l’inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza dell’individuo»
La poetessa americana Louise Glück, premio Nobel per la letteratura nel 2020, è morta ieri a ottant’anni nella sua casa di Cambridge in Massachusetts. Era malata di cancro. L’annuncio della sua scomparsa è toccato a Jonathan Galassi, storico editore di Farrar, Straus and Giroux e curatore delle sue opere. Quando l’Accademia svedese la scelse, nel fitto cosmo della lirica statunitense, «per l’inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza dell’individuo», il suo sardonico commento fu: «Potrò comprarmi una casa in Vermont». Questa nota di spirito rivela molto della poetica di Glück, tutta orientata a segnalare i traumi e le incrinature della realtà con uno sguardo sapientemente calcolato, capace di conchiudere in una formula, fissa e obliqua, tensioni differenti, talora antinomiche. Già vincitrice del Pulitzer (1993) e del National Book Award (2014), nominata poeta laureato degli Stati Uniti nel 2003, decorata della National Humanities Medal nel 2015 da Obama, Glück è autrice di dodici sillogi e due raccolte di saggi. I suoi testi sono in pubblicazione da alcuni anni per il Saggiatore (ma nel 2003 Giano aveva stampato L’iris selvatico, mentre nel 2019 Dante & Descartes aveva mandato in libreria Averno). Nata nel 1943 a New York da una famiglia di immigrati ebrei originari dell’Ungheria, esordisce nel 1968 con Firstborn, un libretto agile che mette al centro del discorso una galleria di personaggi delusi dell’amore. L’impulso principale delle poesie di Glück – simile alla collega canadese Anne Carson – è, appunto, l’analisi spietata dei sentimenti, la dissipazione ed estinzione di essi, l’incanto e la brutalità della relazione. Non sorprende, quindi, che la sua seconda raccolta, The House on Marshland (1975), rimanga sul filo della stessa cupezza, sfrangiata però da un controllo formale, un’agilità metrica e dall’utilizzo fantaisiste della rima che alleggeriscono notevolmente l’implicito pessimismo (l’adolescenza condizionata dall’anoressia nervosa e un divorzio alle spalle).
Dopo Descending Figure (1980) è la volta di The Triumph of Achilles (1985), che riceve il National Book Critics Circle Award for poetry e aggiunge nuovi tasselli al bagaglio tematico di Glück: il rapporto con l’antichità classica, la ricreazione di soggetti archetipici, l’ampia presenza della Bibbia. Con Ararat (1990; traduzione di Bianca Tarozzi, il Saggiatore 2021) siamo ormai in un perimetro stilistico inconfondibile: la morte incombente, un simbolico faggio rosso, un pulsante ritratto di famiglia avvolto da un’atmosfera gelida. «Mia sorella è come un sole, come una gialla dalia. / Capelli d’oro come pugnali intorno al viso. / Occhi grigi, pieni di coraggio». L’iris selvatico (1993; traduzione di Massimo Bacigalupo, il Saggiatore 2020), grazie al quale Glück ebbe il Pulitzer, è forse il titolo di maggior successo in termini critici e di pubblico; il flusso del tempo appare inesorabile, l’estate breve del New England evidenzia il contatto tra caducità ed eternità, espressi in modulazioni soavi, ferite. «Ascoltate il mio respiro, il vostro stesso respiro / come le lucciole, ogni piccolo fiato / una fiammata in cui appare il mondo».
Se Meadowlands (1997; traduzione di Bianca Tarozzi, il Saggiatore 2022), Vita Nova 1999) e The Seven Ages (2001) indagano la fine di un altro matrimonio, le angosce e le crudeltà umane («che tu sia un irritante straccio viola / e mi piacerebbe vederti scomparire dalla faccia della terra / perché sei tutto quel che non va nella mia vita / e ho bisogno di te e ti reclamo»), in Averno (2006; traduzione di Massimo Bacigalupo, il Saggiatore 2020) è il mito di Persefone a illuminare il comune brivido per l’aldilà, i sentieri interrotti del desiderio, la chiamata di una bellezza spirituale. «Il passato fluttuava sopra la mia testa, / come il sole e la luna, visibili ma mai / raggiungibili». Seguono ad A Village Life (2009), Notte fedele e virtuosa (2014) e Ricette per l’inverno collettivo (2021), entrambe tradotte per noi da Bacigalupo. È ora la speranza a mostrarci sonorità inudibili, la gioia di ciò che si è vissuto: «Il libro contiene solo ricette per l’inverno, quando la vita è dura. / In primavera, chiunque può preparare una buona colazione».
Fonte: Avvenire.
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