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Persone: Barbara Balzerani

È morta a 75 anni l’ex brigatista Barbara Balzerani

di Redazione - lunedì 4 marzo 2024 - 860 letture

È morta a Roma Barbara Balzerani, scrittrice ed ex brigatista italiana: aveva compiuto 75 anni a gennaio. Tra gli anni Settanta e Ottanta Balzerani entrò a far parte delle Brigate Rosse (BR), un’organizzazione terroristica di estrema sinistra, e fu legata sentimentalmente a Mario Moretti, a capo della cosiddetta “colonna romana” dell’organizzazione. Nel 1978 Balzerani fu coinvolta nell’operazione con cui fu rapito Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, ucciso dopo 55 giorni di sequestro. Due anni dopo, nel 1980, partecipò all’omicidio del magistrato Girolamo Minervini; nel 1981 partecipò invece al sequestro del generale statunitense James Lee Dozier. Fu arrestata il 19 giugno 1985 e tornò in libertà 26 anni dopo, nel 2011.


Scriveva al termine del suo "Respiro" (edito da DeriveApprodi nel 2023) in un capitolo che si intitola "Sabotare e disertare":

"[...] Mi vengono in soccorso le immagini con cui Patricio Guzman ha saputo raccontare La memoria dell’acqua. Mi ci sono persa. Ne ho ricavato benessere e finalmente quiete, liberata dall’angoscia e dal senso di morte [...]. Siamo tutti ruscelli di una stessa acqua ha scritto il poeta cileno Raul Zurita [...]. Dall’oceano Guzman ha imparato il linguaggio poetico capace di sottrarre all’indicibile la memoria dell’umano patire e generosamente ce lo restituisce. È un regalo che riguarda la possibilità di tutti di pensare un futuro. Perché cedere al bisogno di dimenticare nell’illusione di alleggerirsi dal peso dell’orrore non è altro che un disarmo di fronte all’insaziabile sete di sangue che alimenta il potere. Soprattutto ora che ogni viaggio è finito. Che la polis ha perso la sua piazza in favore dei contatti virtuali che producono profitti e simulano il conflitto in un teatro delle ombre che parlano ognuno per conto proprio.

Resta il lutto. Per i tanti compagni persi nell’ultimo tratto di strada. Per quelli morti a consolare ci sono i ricordi e a mantenerli in vita il peso della mancanza. Per quelli andati in altre direzioni la ferita non rimargina e getta sale sul dolore dei vinti. Per quanto è andato perduto e persino trasfigurato nel racconto. Quello che può trovare lenimento se è capace di trasmigrare dai singoli alla pluralità degli ammutoliti mentre, al contrario, per poter continuare a vivere tutto sembra spingere nel saper dimenticare, uniformarsi, adattarsi. Orfani dell’arte di Guzman che ci ha donato la chiave per riaprire il forziere della memoria degli sconfitti. Nell’impossibilità di rendere verosimile persino il racconto del proprio vissuto. Non elaborare ma dimenticare. È una delle sofferenze che più rappresenta l’umano del nostro triste tempo, nello scenario che un famoso film tra i più riusciti ha mantenuto indelebile nella memoria. Perché c’è sempre una Hiroshima che brucia" (pp. 89-92).

Un abbraccio da Girodivite.

s.



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