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Persone: Aldo Tortorella, partigiano comunista

di Redazione - giovedì 6 febbraio 2025 - 464 letture

È morto il giornalista Aldo Tortorella, ex partigiano e dirigente del Partito Comunista

È morto a 98 anni il giornalista Aldo Tortorella, ex partigiano e per molti anni dirigente del Partito Comunista Italiano nella segreteria di Enrico Berlinguer. Nato a Napoli nel 1926, durante la Seconda guerra mondiale Tortorella partecipò alla Resistenza a Milano, dove si fece conoscere con il nome di “partigiano Alessio”: fu arrestato dai fascisti ma riuscì a fuggire dal carcere e continuò a partecipare alla Resistenza a Genova. Dopo la Liberazione divenne redattore capo dell’edizione ligure dell’Unità, il giornale del Partito Comunista, e dal 1970 al 1975 fu direttore dell’edizione nazionale. Venne eletto deputato per la prima volta nel 1972 e restò in parlamento fino al 1994: al contempo fu a lungo responsabile nazionale della cultura del PCI. Più di recente aveva fondato l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra e diretto il bimestrale Critica marxista assieme ad Aldo Zanardo.

Fonte: Il Post.


Morto a 98 anni Aldo Tortorella, storico dirigente del Pci

Partecipò alla Resistenza, ricordato come "il partigiano Alessio". Contrario alla svolta di Occhetto, rimase nel Pds, poi Ds che lasciò nel 1998 al tempo del governo D’Alema. L’Anpi: "Parlamentare e intellettuale di straordinaria levatura"

"Con infinito dolore annuncio la scomparsa del carissimo Aldo Tortorella, il partigiano Alessio, parlamentare, intellettuale di straordinaria levatura, un punto di riferimento per tutta l’Anpi e per tutte le antifasciste egli antifascisti. Un compagno". Lo annuncia il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.

A dare la notizia anche il Manifesto che ricorda così il percorso di Tortorella: "Era nato a Napoli nel luglio del 1926, partecipò giovanissimo alla Resistenza, i fascisti lo catturarono ma lui riuscì a fuggire. Giornalista, ha cominciato nelle pagine di Genova dell’Unità ed è stato negli anni Settanta direttore dell’edizione nazionale. Parlamentare per molti anni, responsabile nazionale della cultura per il PCI, è stato nella segreteria di Berlinguer. Contrario alla svolta di Occhetto, è rimasto nel Pds e poi Ds che ha lasciato nel 1998 al tempo del governo D’Alema e della guerra del Kosovo. Ha fondato e diretto negli ultimi 25 anni l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra. Con il manifesto e il gruppo delle sue fondatrici e fondatori, in particolare con Rossana Rossanda come racconta lui stesso nel pezzo a lei dedicato tratto dallo speciale per il centenario, ha sempre avuto un rapporto stretto di confronto, critiche e discussioni serrate. Confronto che continuava ancora. Lo piangiamo nel ricordo di una vita intensa. Ci mancherà".

Il cordoglio della politica

"È morto Aldo Tortorella. Un grande comunista italiano, combattente instancabile per la giustizia e la libertà in Italia e nel mondo. Mi inchino alla sua memoria". Così Goffredo Bettini, dirigente nazionale del Pd.

"Stanotte ci ha lasciato Aldo Tortorella. Partigiano, antifascista, giornalista e dirigente comunista. Fondatore e presidente dell’associazione per il rinnovamento della Sinistra. Aveva quasi 100 anni Aldo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di chiacchierare qualche volta con lui. Se ne va una personalità di primissimo piano della sinistra italiana. Uno di quelli che non hanno mai smesso di occuparsi con passione e tenacia delle cose del mondo, dalla parte della giustizia sociale, della pace del lavoro. Ricordo la sua ironia sempre tagliente e fulminante. Un abbraccio ai suoi familiari e a chi gli ha voluto bene. Ci mancherà", scrive sui social Nicola Fratoianni, leader di Avs .

"Con grande dolore ho appreso la notizia della scomparsa di Aldo Tortorella. Un comunista italiano. Un partigiano, dirigente politico di primissimo piano e intellettuale che con le sue idee e impegno ha contribuito a rendere più forte la democrazia italiana. Per tanti di noi, di un’altra generazione, è stato un esempio straordinario di come la politica può e deve essere passione, difesa di valori e ideali. Una missione per servire la Costituzione. Conservo per me bellissimi ricordi di lunghe chiacchierate dalle quali cercavo di assorbire tutta la forza del suo pensiero autorevole. Ciao Aldo", ha commentato Nicola Zingaretti sui social l’europarlamentare Pd.

Fonte: RaiNews.


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Aldo Tortorella, negli anni Settanta

Una intervista ad Aldo Tortorella su Berlinguer, L’Unità, 19 maggio 2024

Aldo Tortorella su Wikipedia.


Aldo Tortorella

Nato a Napoli il 10 luglio 1926, giornalista, filosofo, parlamentare e dirigente comunista.

Ha trascorso la giovinezza tra Liguria e Lombardia ed era ancora studente quando è entrato nella Resistenza a Milano. Responsabile degli studenti antifascisti con Gillo Pontecorvo, Tortorella si era trasferito a Genova alla fine del 1944 (dopo una rocambolesca evasione, travestito da donna, dall’Ospedale militare milanese dove era ristretto), per riorganizzarvi, col nome di battaglia di "Alessio", le file del Fronte della Gioventù. Per lunghi mesi "Alessio" organizza nel capoluogo ligure la propaganda e la lotta armata, soprattutto nelle zone operaie del Ponente della città, che il 24 aprile del 1945 vedrà la resa dei nazifascisti. Quando, il 25 aprile, l’Unità non più clandestina annuncia la Liberazione, è un ragazzo di 19 anni il redattore capo dell’edizione ligure del giornale del Partito comunista. Nella redazione di Genova Tortorella resta sino al 1957 con Gelasio Adamoli. Tra una missione nella Jugoslavia di Tito e un’altra nella Polonia di Gomulka, passando da Budapest appena "normalizzata" dalla repressione sovietica, Tortorella riesce a non trascurare gli studi filosofici e, nel 1956, a laurearsi con Antonio Banfi, con una tesi sul "concetto di libertà in Spinoza". È del 1957 il trasferimento a Milano, dove subentra a Davide Lajolo nella direzione de l’Unità. In seguito diverrà segretario della Federazione milanese del PCI e poi del Comitato regionale lombardo. Direttore nazionale de l’Unità dal 1970 al 1975, nel 1971 Tortorella è eletto per la prima volta deputato. Confermato sino al 1994, è stato responsabile della politica culturale del PCI durante la segreteria di Enrico Berlinguer e anche di quella delle "questioni dello Stato" con Alessandro Natta, col quale si oppose - insieme a Pietro Ingrao - alla "svolta della Bolognina" di Achille Occhetto. Esce dal PDS quando, durante la guerra del Kosovo, il governo D’Alema decide di appoggiare l’intervento della NATO. Oggi dirige, con Aldo Zanardo, il rinato bimestrale Critica Marxista e presiede l’ARS (Associazione per il rinnovamento della sinistra).

Fonte: ANPI.


Intervista ad Aldo Tortorella, Pandora, 17 aprile 2015.

La rivista Critica marxista, che dirigeva, ha ripubblicato un suo editoriale del 2023 (che trovate anche in pdf qui su Girodivite).

Il saluto della redazione di Critica marxista su fb:

Dobbiamo purtroppo dare la notizia della scomparsa del direttore di Critica Marxista Aldo Tortorella. Già partigiano, direttore dell’Unità dirigente del Pci, stretto collaboratore di Enrico Berlinguer negli ultimi anni di vita, direttore già negli anni 80 della prima serie della rivista, Tortorella dopo la fine del Pci decise, con altre compagne e compagni di rilevare la testata dando vita alla sua "seconda serie". Di cui è stato direttore, con Aldo Zanardo, fino all’ultimo, interpretando lucidamente coi suoi editoriali l’evoluzione della situazione politica e della sinistra, non solo italiana. Ciao compagno, grazie per tutto ciò che ci hai insegnato e trasmesso!


Il ricordo di Gianni Cuperlo

Alla data tonda del secolo mancava meno di un anno, ma il partigiano Alessio se n’è andato prima.

Aldo Tortorella era del 1926, dieci luglio millenovecentoventisei, l’anno del congresso di Lione, quello che vide le tesi di Gramsci imporsi sul massimalismo di Bordiga uscito vincente dalla scissione livornese del 1921. Le date in quella storia e in quella vita contano, e molto.

Per quel ragazzo precoce nato a Napoli e cresciuto tra Genova e Milano aveva significato un’adolescenza e una giovinezza vissute sotto il ricatto e le violenze del regime più odiato.

Neppure diciottenne sarebbe stata la scuola filosofica di Antonio Banfi a consolidare una convinzione comunista maturata fino dal liceo. Stagioni drammatiche e decisive nel forgiare il carattere di tante e tanti. Lui, assieme a un giovane Gillo Pontecorvo, organizzava il Fronte della gioventù.

Di lì a pochi mesi sarebbe stato arrestato e dopo una fuga rocambolesca avrebbe ripreso la lotta partigiana.

Banfi voleva dire un “razionalismo critico” poco incline allo storicismo egemone nel ceto intellettuale dei dirigenti comunisti. Non un’eresia in senso letterale, ma il rifiuto di dogmi “eternamente validi” e la ricerca di una visione costantemente critica della realtà.

Aldo Tortorella quell’impronta ha portato sempre con sé riversandola nella lunghissima parabola di militante, giornalista, parlamentare, dirigente illuminato e illuminante per le generazioni venute dopo. Del quotidiano fondato da Antonio Gramsci diresse l’edizione di Genova e poi quella milanese, città dove fu ai vertici della federazione e poi del comitato regionale del Pci.

Conosceva Milano, e pure questo non paia dettaglio in una biografia che lo portò nel primo ciclo berlingueriano, dal 1970 al 1975, alla direzione de l’Unità, e più avanti a curare l’intero comparto culturale di quel partito entrando dopo il 1980 nell’ultima segreteria del leader più amato e rimpianto.

Dai banchi del Consiglio comunale a Palazzo Marino aveva difeso la storica messa in scena del Galileo di Brecht e Strehler con quel mostro di bravura di Tino Buazzelli a spiegare al giovane e incredulo Andrea i segreti dell’universo, metafora pedagogica sull’autonomia della scienza dal potere politico o religioso.

Con Berlinguer la collaborazione fu stretta, non senza distinguo di metodo come sul discorso dell’austerità all’Eliseo.

E con una sintonia profonda sull’alternativa democratica e sulla visione coraggiosa che dalla questione morale si sarebbe spinta ad aperture inedite verso istanze sino a quel punto estranee o marginali, dal movimento pacifista coltivato dalla Fgci di Marco Fumagalli alla coscienza ambientalista, dal pensiero femminista che ha saputo leggere nelle sue differenze e nella sua portata rivoluzionaria ai capitoli delle libertà e diritti civili per come impattavano i conflitti della modernità.

Quella impostazione avrebbe incontrato resistenze severe fuori e dentro il vertice comunista con Tortorella a testimoniarne la matrice in un conflitto che condusse Berlinguer negli ultimi mesi di vita in una condizione di minoranza dentro la direzione del suo partito.

Forse fu anche quella coda a motivare la sua opposizione ferma alla Svolta di Occhetto e al superamento del Pci.

Non certo per una fedeltà tardiva a miti che laicamente mai aveva coltivato. Quel suo “No” era per lui espressione di un timore trasformato presto in certezza su di una cultura politica della sinistra annacquata e dispersa. Con tono quasi paterno lo spiegò al segretario dei giovani comunisti in una rapida colazione, «qualunque scelta farete, ricordati che un partito senza un’identità non ha speranza né futuro».

Anni più tardi lo avrebbe ripetuto citando Mitterrand, «tagliare le proprie radici pensando di fiorire meglio può essere solo il gesto di un idiota». Figura integerrima, meno di un anno fa con una punta d’indignazione sul Corriere della Sera aveva smentito d’avere chiesto a Gorbaciov di porre un argine alla linea di Occhetto, e siccome parte integrante dell’uomo era un’ironia elegante e colta, al pari di Mark Twain non si era risparmiato una battuta sull’equivoco di un suo anticipato decesso.

Gli ultimi anni lo hanno visto ancora protagonista e presente, più spesso adoperando la tecnologia e intervenendo da quella casa dove con amorevolezza accompagnava sguardi e silenzi di Chiara Valentini, biografa, giornalista e ultima compagna di vita.

Ma lo faceva sempre con quello spirito curioso, analitico, pensante che in questo nostro tempo smagrito di lessico e radicalità continuava ad apparire come una preziosa eccezione.

Aveva perfettamente inquadrato la natura della nuova destra incistata al potere, «Si rispetta, almeno formalmente, la divisione dei poteri, purché la pubblica accusa non dia fastidio».

Qualche anno fa nel ricordare la figura di Rossana Rossanda aveva scritto così: «Vedo che è stato scritto del suo essere come di ferro. Non so se sia giusto. Penso che la sua forza fosse quella di essere una fermissima coscienza inquieta, senza illusioni sul genere umano ma senza smettere di amarlo tanto da volerlo cambiare».

Forse perché si erano conosciuti quando non avevano vent’anni, ma è impossibile trovare una sintesi diversa e migliore, credo se ne sia andato anche lui «senza illusioni sul genere umano ma senza smettere di amarlo tanto da volerlo cambiare».

Basterebbe questo a far calare il sipario nella convinzione che la storia migliore, al fondo, continuerà.

Buona giornata e un abbraccio

PS. Per chi volesse, la camera ardente sarà aperta oggi alla Camera (Sala Aldo Moro) dalle 10.00 alle 17.00. Domattina l’ultimo saluto al Tempietto Egizio del cimitero del Verano.

Fonte: Fb.


Addio al partigiano Alessio: è morto Aldo Tortorella / di Ilaria Romeo

Aveva 98 anni, se ne va un protagonista della storia del Pci È stato giornalista, parlamentare e membro della segreteria di Berlinguer. Dirigente rigoroso, ma aperto al rinnovamento

Ci ha lasciati questa notte Aldo Tortorella, partigiano, giornalista, filosofo, parlamentare e dirigente comunista. Nato a Napoli il 10 luglio del 1926 Aldo trascorre la sua giovinezza tra Liguria e Lombardia. Nel 1943 - a 17 anni - prende a giugno la maturità scientifica e a settembre quella classica. “Eh, sì - dirà - ero un saputello. Però non è che studiassi e basta, c’era stato il 25 luglio, le manifestazioni di piazza. E poi l’8 settembre”

Responsabile degli studenti antifascisti con Gillo Pontecorvo, si trasferisce a Genova alla fine del 1944 dopo una rocambolesca evasione (travestito da donna: da infermiera, qualcuno giura da suora) dall’Ospedale militare milanese dove era detenuto.

Ricorderà a proposito della sua esperienza universitaria: “Entravo in un’aula a gradoni dell’università e lei (Rossana Rossanda, ndr) stava qualche gradino sopra circondata da alcune compagne di studio, tutte con espressione dolente. Era la primavera del ’44, mi dissero che aveva ricevuto la notizia della fucilazione da parte dei fascisti di Salò dello zio che l’aveva cresciuta, l’ammiraglio Mascherpa, reo di aver resistito ai tedeschi in un’isola dell’Egeo. Lei aveva 19 anni e io 17 ma mi consideravo un maturo comunista perché già facevo qualcosa nel Fronte della Gioventù (e dopo qualche mese andrò in carcere). Non avevo esperienza del dolore, solo le grida di una contadina che aveva perso un figlio in guerra. Ma per essere rimasto indelebile nella mente quel dolore trattenuto deve aver fatto subito di Rossana una eroina ai miei occhi”.

A Genova, con il nome di battaglia di Alessio, Tortorella riorganizza le fila del Fronte della Gioventù dirigendo la propaganda e la lotta armata nel capoluogo ligure. Il 25 aprile 1945, quando l’Unità - ormai non più clandestina - annuncia la Liberazione, a soli 19 anni ne è caporedattore dell’edizione ligure.

“Io avevo diciott’anni - racconterà - e non avevo mai visto una tipografia: ma Buranello e Fillak erano stati uccisi, altri erano stati deportati; ero uno dei pochi universitari, e dovevo andare. Così mi sono ritrovato caporedattore, a preparare quello che, avrei imparato dopo, era l’articolo di spalla (…) sono molto fiero di quell’esperienza: ci sentivamo rivoluzionari di professione, prima che giornalisti. Avevamo grandi ideali e cercavamo di metterli in quello che scrivevamo. Con grande rigore e curando anche la forma, la scrittura: non dimentichiamo che in certe zone d’Italia, sul l’Unità i contadini o gli operai imparavano a leggere”

Nel 1957, si trasferisce a Milano, dove subentra a Davide Lajolo nella direzione del giornale del Partito. Diventerà poi segretario della Federazione milanese del Pci e del Comitato regionale lombardo. Direttore nazionale de l’Unità dal 1970 al 1975, nel 1972 viene eletto per la prima volta deputato.

Confermato in questa carica fino al 1994, sarà responsabile della politica culturale del Pci durante la segreteria di Enrico Berlinguer e anche delle “Questioni dello Stato’ con Alessandro Natta, con il quale si opporrà - insieme a Pietro Ingrao - alla svolta della Bolognina di Achille Occhetto.

Fedele ai suoi ideali, Tortorella esce dal Partito nel 1998 quando, durante la guerra del Kosovo, il Governo D’Alema decide di appoggiare l’intervento della Nato.

Così lo descriveva Bruno Ugolini:

Un dirigente rigoroso con profonde istanze di rinnovamento, ma non disposto a lasciare il partito rischiando di essere confuso con “altra parte”. Apertura e disciplina, insomma. Caratteristiche formate fin dall’inizio della sua attività politica, quando partecipa alla Resistenza in Liguria e deve lasciare il combattimento nelle strade per dirigere l’Unità. Sono le tappe “avventurose”, della sua lunga esistenza. Come quando travestito da infermiera riesce a fuggire dalle carceri fasciste. Lo ritroviamo a Milano, nel palazzo dei giornali in piazza Cavour, dove lo ha conosciuto anche il sottoscritto, insieme a Clemente Azzini, Piero Campisi, Anna Maria Rodari. Poi eccolo accanto a Berlinguer nella segreteria del Pci dopo essere stato responsabile della sezione culturale. Anche qui nel segno dell’apertura in campo musicale con Luigi Nono e nel campo delle arti figurative, per movimenti che andavano oltre il neorealismo. Vince anche i dubbi del Pci nei confronti di Pasolini organizzando una commemorazione con la drammatica impresa del trasporto del feretro lungo le scale di un palazzo romano. La storia scorre fino alla svolta di Occhetto, con la convinzione che non servisse cambiare il nome, ma che bisognasse innovare i contenuti. Osserva così che la mozione del No, da lui redatta con altri, contenesse proposte ben più innovative rispetto alla mozione del Sì. Aldo Tortorella, comunque, finita quella grande storia non ha aderito a nessuna altra formazione politica, ha fondato un’associazione “per il rinnovamento della sinistra” (oggi guidata da Alfiero Grandi) e ha continuato a dirigere una rivista di grande qualità come Critica Marxista”.

“Abbiamo imparato a capire - scriveva qualche tempo fa su proprio Critica Marxista - che la volontà soggettiva non basta a cambiare il mondo, come pure credettero, allo scoppio della rivoluzione d’ottobre, i protagonisti della sinistra del movimento socialista, tra cui il nostro Gramsci. Ma questo non significa dismettere quella volontà trasformatrice e non significa abbandonare il pensiero critico da cui nasce l’analisi della società in cui viviamo e delle sue irrisolte e irrisolvibili antinomie”.

E ancora: “Pur nelle asperrime condizioni della galera e di una malattia implacabile Gramsci continuò a cercare e così creò nuovi strumenti di comprensione e di lotta ben oltre il soggettivismo giovanile, ma potette farlo perché sapeva che i valori per cui aveva impegnato la vita erano degni e giusti. Era stato sconfitto ma non domato. Credo che a questo ci richiami la rivoluzione d’ottobre oggi come ieri. Non lo studio di una tattica per il potere. Non il sostegno per appoggiarsi a qualcosa di già avvenuto. Il richiamo è all’ininterrotto bisogno del pensiero critico ai fini della lotta per la libertà e l’uguaglianza, per la giustizia e per la pace. Qui sta la vera spinta propulsiva nel tempo presente”.

Anche per questo grazie, Aldo.

fonte: Collettiva.



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