Pena di morte: una punizione da consegnare alla storia
La pena di morte è una punizione crudele, disumana e degradante che ormai la maggior parte degli stati del mondo ha consegnato alla storia.
Fin dalla nostra fondazione nel 1961, abbiamo iniziato a fare pressione attraverso gli appelli per fermare le esecuzioni dei prigionieri di coscienza, vale a dire persone detenute solo per il pacifico esercizio dei propri diritti.
Negli anni, ci siamo impegnati sempre di più contro la pena capitale a prescindere dal reato commesso. A livello internazionale siamo, ad esempio, tra i membri fondatori della Coalizione mondiale contro la pena di morte. In Italia, dal 2014 collaboriamo con la Task force contro la pena di morte, istituita dal ministero degli affari esteri.
Ogni anno diffondiamo un rapporto sulla pena di morte nel mondo, fornendo dati e informazione dettagliate.
SFOGLIA IL RAPPORTO 2022
Il numero delle esecuzioni registrate nel 2022 è il più alto da cinque anni, a causa dell’aumento delle condanne a morte eseguite nell’area Medio Oriente – Africa del Nord. Nel mondo, 20 stati hanno eseguito condanne a morte, mentre il numero delle condanne alla pena capitale è rimasto sostanzialmente invariato: 2016 rispetto alle 2052 del 2021. Sono riprese le esecuzioni in cinque stati: Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore. Abbiamo assistito anche a un’impennata degli stati abolizionisti.
883 esecuzioni, record dal 2017
81 esecuzioni in un solo giorno in Arabia Saudita
20 stati hanno eseguito condanne a morte
6 stati hanno abolito del tutto o parzialmente la pena di morte
La pena di morte è stata abolita in più della metà degli stati del mondo: 112 stati sono totalmente abolizionisti, 23 stati sono considerati abolizionisti di fatto perché non eseguono condanne a morte da almeno 10 anni o hanno assunto l’impegno a livello internazionale a non ricorrere alla pena capitale; altri nove stati hanno cancellato la pena di morte per i reati ordinari. In totale, dunque, 144 stati hanno abolito la pena di morte nella legge o nella prassi; 55 stati la mantengono in vigore, ma quelli che eseguono condanne a morte sono un terzo.
Il 90 per cento delle esecuzioni registrate ha avuto luogo in soli tre paesi del Medio Oriente e Africa del Nord: in Iran sono salite da 314 nel 2021 a 576 nel 2022; in Arabia Saudita sono triplicate, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022, il più alto numero registrato da Amnesty International in 30 anni; e in Egitto, dove sono state messi a morte 24 prigionieri. Il dato non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina.
Il diritto internazionale dei diritti umani stabilisce che le esecuzioni dovrebbero limitarsi ai “reati più gravi”, ma gli illeciti per i quali è prevista la pena di morte sono molteplici e profondamente diversi da stato a stato: la maggior parte dei mantenitori la prevede per l’omicidio, altri per terrorismo o reati contro l’ordine costituito, altri ancora per apostasia o reati a sfondo religioso. In alcuni stati, si può essere condannati a morte per adulterio o per aver stretto una relazione omosessuale, anche se consensuale.
Esistono ordinamenti giuridici che prevedono la pena più crudele anche per reati comuni come il traffico di droga. Nel 2022, le persone messe a morte per reati di droga è più che raddoppiato rispetto al 2021.
Esecuzioni per reati di droga sono state registrate in Cina (sebbene non se ne conosca il numero), Arabia Saudita (57), Iran (255) e Singapore (11) e hanno costituito il 37 per cento del totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2022.
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