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Parole Erranti 2011

Si è chiusa l’ottava edizione del Festival della Letteratura "Parole Erranti".

di Piero Buscemi - lunedì 1 agosto 2011 - 4131 letture

Vorremmo perderci ancora tra le vinedde lastricate di Cropani, a raccattare parole tra gli interstizi di ciottoli antichi. Cani che ci osservano, concedendoci un breve oltraggio al silenzio. Masnada Percorrere spazi immaginari cercando di seguire il ritmo di un tempo che sembra essersi smarrito nei ricordi.

Avremmo occasione di farlo nelle edizioni che seguiranno a questa ottava edizione del Festival della Letteratura, che ha salutato gli astanti il 31 luglio, dopo quattro giorni di miscellanea culturale, dove unire “genti diverse venute dal mare”, osando storpiare i versi di De André.

Perché questo festival è anch’esso un testamento, che rilancia ad un nuovo Duecento appuntamento con il quale riabbracciare sensibilità letteraria annidata nelle notti stellate, in attesa di una cometa che trascini via la stoltezza umana che continua a sparare, negli angoli del mondo, dove i bambini raccolgono la polvere per provare ad ovattare sibili assordanti che il mondo si ostina a chiamare democrazia.

E’ stata la guerra, uno degli argomenti scelto da MetaforeAndrea Giannasi, editore di Prospettiva Editrice, che in collaborazione con i ragazzi dell’Associazione culturale La Masnada, ha dato vita in questa edizione del festival al LabcoE, il laboratorio di contaminazioni enogastroletterarie, in collaborazione con lo Slow Food di Catanzaro.

Sabato 30, Girodivite ha partecipato a questo esperimento suadente che ha sequestrato le nostre menti apatiche, Cambogia disperdendole tra i vicoli di Cropani, a sfiorare la vita di osservatori severi, affacciati ai balconi o seduti sulle meste seggiole di vimini, a indicarci una strada già percorsa, che sa di storia, di un popolo che ha foggiato questa Storia, che altri provano a rinnegare, a plasmare, a resettare.

Come un sogno astruso e folle che puzza di identità rivendicate che si sgretolano davanti a questi occhi che ti giudicano in un silenzio avvolgente, dove riporre le armi e le arroganze e abbandonarsi ad un contatto umano tra volti sconosciuti, e spalancare le porte all’omertà, detonatore di ponti che conducono all’oblio, e debellarla via come un’aviaria sedativa da non sniffare più. Giullare Prendere coscienza, finalmente, che i potenti bramano la cecità della cultura per soffocare le “parole erranti” che liberano lo spirito ribelle e che non avranno mai il coraggio di ammettere, temono da sempre.

Lo abbiamo fatto unendoci alle variegate estrosità degli altri Laboratoriopartecipanti, sedendoci accanto assetati di versi ambrosi, tra racconti che attendono un epilogo, poesie di una sera da abbandonare su tavoli spazzati dallo scirocco. E disegni tracciati da emozione, come quello donatoci da Benedetta, Guerra ventenne pisana di San Miniato, un altro paesino toscano arrampicato sulla storia. O le citazioni indelebili di Giovanni, anche lui della provincia pisana, che ha macchiato il taccuino di sensibilità umana che unisce tradizioni, culture, latitudini, prendendo a prestito musicalità e versi di Mogol-Battisti, sotto uno stesso cielo, che tutti hanno diritto di vedere.

E noi ritorneremo a respirare scalinate che si affacciano su colline di mare, purificando i pensieri annaffiandoli di Cirò invecchiato, e miele che indora le coscienze, tra profumi bucolici, dipinti lignei, arpeggi di chitarra, versi improvvisati rubati a sguardi complici che abbiamo osato incrociare. E ancora mesti latrati di cani che ci hanno elemosinato le loro stanche nostalgie, per poterci illudere di vivere ancora un attimo di libertà letteraria.


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