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“Papà come De Gaulle”

Dobbiamo sempre ricordare quanto il Cavaliere, da demagogo populista, ha fatto per l’Italia e cosa siamo diventati grazie a esso, in un progetto di progressiva inclusione ludica, fatto di illusioni, sogni e...

di Massimo Stefano Russo - sabato 13 luglio 2024 - 514 letture

Un politico - “passato ai Campi Elisi” - ammiccante, gigione e un po’ volgare, tra maldicenze evocate, insinuate ed espresse ad alta voce; i figli ne vanno sempre più fieri e alla titolazione in suo onore dell’aeroporto di Malpensa si lasciano andare a dichiarare: “Papà come De Gaulle”.

Quanta leggerezza accompagnata da magistrale e sgraziata ignoranza. Basta associare due nomi “altisonanti” per identificarli? Diversa la statura e la levatura politico-morale. L’italico de cuius si vantava nel sottolineare il corrispondere dell’anagramma del suo nome e cognome a “L’unico boss virile”: nomen omen. Già messo su un piedistallo (da elettori e simpatizzanti) verrà ricordato con discorsi di circostanza e sempre gli stessi nei prossimi decenni? Uno strazio indicibile che sacrifica la memoria, quale strumento indispensabile per riconoscere orrori ed errori, mentre con tanta retorica se ne esalta il ricordo.

Indubbiamente nel suo dichiararsi liberale “il Cavaliere”, col proprio credo politico più o meno forte, ha abbracciato il libero mercato, il libero commercio, la libertà di parola, lo stato minimo e l’individualismo radicale. Nel godere di una difesa su larga scala ha saputo nei fatti promuovere con efficacia la disuguaglianza.

Per i Francesi il Generale de Gaulle incarna la Resistenza e le istituzioni della quinta Repubblica; per gli Italiani il Cavaliere Berlusconi si presenta quale padre fondatore di “Forza Italia” e “Canale cinque”. Una differenza sostanziale e imprescindibile. Come descrivere l’ascesa e l’egemonia che hanno caratterizzato gli anni del berlusconismo, ricevendone ascolto e anche stima, nel riconoscere le qualità dell’imprenditore di successo, particolarmente abile e capace di generare ricchezza? Una diversità da cogliere per come si è manifestata e per ciò che ha significato nel tradursi in una nuova forma di agire politico.

Il Cavaliere, nel suo affermarsi e allargare il raggio d’azione, ha schiuso prospettive inaspettate per raggiungere il suo sogno di gloria e realizzarlo. Bisogna entrare nel merito per avere consapevolezza di ciò che ha lasciato: l’impressione che “il fare la bella vita” per lui sia stata solo un esilarante gioco scoppiettante. Una superficialità la sua, implicita di valori distorti e principi inediti, da soap opera: si fatica a prenderli in considerazione e accettarli. Uomo di mondo sempre convinto di saper scegliere la soluzione, da risultare la più convincente e soprattutto conveniente per lui.

Un impresario, più che un imprenditore, fattosi per necessità attore politico a salvaguardare i propri occulti interessi, nel political correct i suoi “porci comodi” di cui ha sempre goduto. Ha saputo intensificare a testa alta, con intelligenza e temerarietà, la propria attività e anche quando sull’orlo della catastrofe, ha fatto squadra e recitato un ruolo di primo piano legandosi alla vecchia guardia, per fare piazza pulita di avversari e potenziali nemici. In un’attività di lecita copertura diretta a garantire le proprie attività economiche e commerciali. Una fama la sua accumulata con le proprie imprese, tradotta in una ricca personalità, con l’aspirazione di riuscire a dettar legge persino ai magistrati.

Scaltro, mai sgarbato, raramente aggressivo, capace di ideare, organizzare e programmare, tra attendenti e fidi scudieri, qualsiasi attività utile a consolidare il proprio potere, spacciato per prestigio, ha ideato e predisposto (29 giugno 1993) l’associazione denominata “Forza Italia” di cui vita natural durante si è fatto amministratore unico. Ha saputo, con determinazione, costruire un connubio valido e potente per opporsi ai tanto temuti progetti della Sinistra, da sfidare e vincere nella prassi politica. La posta in gioco molto alta: perse le elezioni si perde il potere e si rischia di finire in prigione.

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Berlusconi e DeGaulle - due diversamente statisti

Negli anni il Cavaliere ha offerto e promosso una forma speciale di organizzazione e mobilitazione politica dei molti così da escludere l’opposizione. Con la calma e la distensione del garbato: “Mi consenta …” , nel dare voce alle discordie e alle contraddizioni della società, ha sempre cercato di avvolgere più che stordire. Attento alle attrattive del gergo comune, alle accuse solide e documentate ha sempre ribadito con linguaggio chimico: “Sono innocente al 100%”, sbandierando il suo “E’ tutto falso!”.

Il frutto del suo lavoro, il suo patrimonio, nel rimanere una convinta e distinta eredità, continua a caratterizzare le interazioni politiche, sociali, economiche e intellettuali. Quale la chiave del suo successo? L’aver attuato misure per aumentare significativamente la ricchezza dei pochi e porsi contemporaneamente come fonte di benevolenza per i molti. Se oggi nel perdere di centralità gli esponenti di Forza Italia rischiano di ridursi al rango di comprimari, la lotta per contenerli deve continuare nell’articolare e sostenere la democrazia quale conquista infinita da estendere, nel rendere sempre più partecipi.

Dobbiamo sempre ricordare quanto il Cavaliere, da demagogo populista, ha fatto per l’Italia e cosa siamo diventati grazie a esso, in un progetto di progressiva inclusione ludica, fatto di illusioni, sogni e speranza. Più che soddisfatti alla fine possiamo dire che ci ritroviamo delusi e disfatti? Che messaggio mandiamo all’Europa dedicando un aeroporto internazionale a un politico di tale levatura e grandezza?


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