Palestina, continuano le morti innocenti

Sotto gli occhi del mondo e dei potenti forti della loro democratura si continua anche in questi giorni ad assistere al genocidio dei palestinesi.
Sotto gli occhi del mondo e dei potenti forti della loro democratura si continua anche in questi giorni ad assistere ad un continuo proseguire del genocidio dei palestinesi. L’ Olocausto parola forte che viene associata alle distruzioni di massa operate dal regime Nazista di Hitler nei confronti degli Ebrei. Ma oltre agli ebrei, altri gruppi furono perseguitati e uccisi, tra cui Rom, persone con disabilità, prigionieri di guerra sovietici e omosessuali.
Un termine, derivato dal greco che significa "sacrificio compiuto col fuoco", che rappresentò la persecuzione e lo sterminio sistematico di circa sei milioni di ebrei europei da parte del regime nazista e dei suoi collaboratori durante la Seconda Guerra Mondiale. Un termine adottato dagli Ebrei che oggi parlano di Shoah, che in ebraico significa "distruzione", parola usata come sinonimo di Olocausto.
Un parallelismo che molte volte viene associato a quello che sta succedendo con il popolo palestinese. Un tratto importante della storia dei nostri giorni che sarà ricordato nei decenni per la sua barbaria in azioni di guerra e sotto il dominio del fuoco delle armi che pongono il problema della dimenticanza della memoria (olocausto). Una condizione che non deve essere considerata come azione e valore di un antisemitismo strisciante nel mondo, ma come un dato di fatto che ad oggi ha visto la morte di circa 60.000 persone a Gaza di cui circa 20.000 bambini.
Gli attacchi aerei israeliani nell’ultimo periodo continuano oggi ad uccidere decine di persone a gaza con una violenza inaudita nei confronti della popolazione il cui valore umano è zero. Gli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza hanno ucciso decine di palestinesi, tra cui persone che cercavano cibo nei centri di distribuzione degli aiuti, mentre la situazione umanitaria, già catastrofica, nell’enclave assediata peggiora di giorno in giorno. Le fonti mediche riferiscono che domenica scorsa sono state uccise 45 persone tra cui 29 nella città di Gaza e nel nord del territorio. La controversa Gaza Humanitariam Foundation (GFH) a nord di Rafah ne ha uccisi cinque nei pressi della distribuzione.
La stessa da quando, a fine maggio e stata sostenuta da Stati Uniti e Israele, ha assunto il controllo delle consegne limitate di aiuti a Gaza, nel mezzo di un duro blocco israeliano, i soldati israeliani hanno regolarmente sparato contro i palestinesi nei pressi dei centri di distribuzione, uccidendo più di 500 persone e ferendone più di 4.000, secondo l’ufficio stampa del governo di Gaza. L’ordine dei militari Israeliani è quello di sparare nel mucchio verso persone disarmate ed in cerca di aiuto. Attaccate dai militari e sistematicamente Gaza centrale con la morte di due bambini nel quartiere Zeitoun di Gaza City. Diversi razzi hanno colpito anche Khan Younis meridionale, dove le forze israeliane hanno colpito una tenda improvvisata nella zona costiera di al-Mawasi, uccidendo cinque persone.
Una grave situazione quella di gaza che vede il cibo come fonte di morte. Sono i neonati a pagare il maggior prezzo sono morti 66 bambini per fame dall’inizio della guerra nell’ottobre 2023. Il ritmo della malnutrizione infantile sta aumentando secondo le Nazioni Unite ad un ritmo allarmante. Christy Black, un’infermiera australiana che fa volontariato a Gaza City da quattro settimane, ha comunicato ai media che l’ospedale in cui lavora è carente di forniture mediche, incluso il latte artificiale per le donne incinte che necessitano di alimentazione nasogastrica. Questo lascia molte di loro senza i nutrienti necessari per la produzione di latte, oltre al latte artificiale per neonati, ha aggiunto. La malnutrizione rende inoltre difficile la guarigione delle ferite, ha affermato, aggiungendo che si è registrato un aumento significativo delle malattie respiratorie a causa del numero di bombe sganciate su Gaza.
Molti i bambini che rovistano tra i rifiuti cercando qualcosa da mangiare... Bambini che potrebbero avere nove o dieci anni ma che sembrano per la malnutrizione bambini di due anni. La guerra ha aumentato la diffusione di discariche a Gaza con il rischio per l’ambiente e la salute causato dalla guerra. A gaza non si hanno più desideri e si comincia a odiare il cibo. Durante tre mesi di assedio e carestia, Israele inizialmente si è rifiutato categoricamente di far entrare il cibo e poi ne ha consentito la distribuzione solo attraverso un’organizzazione losca e militarizzata, con le forze israeliane che sparavano. Questa situazione ha portato i palestinesi a odiare il cibo. Il rapporto con esso è cambiato per sempre, tramutandosi in risentimento e amarezza oltre che in paura. E tutto questo ha generato la fame di due milioni di persone ed avviene nell’era dell’abbondanza alimentare globale. L’era dei dessert al pistacchio, dei cioccolatini di Dubai, delle cheesecake con strati di crema, degli hamburger gourmet, delle pizze, delle salse e delle creme e delle feste ricche di pietanza prelibate.
Un piano ben organizzato che si avventura anche nell’ultima scelta di morte degli Israeliani nei confronti dei Palestinesi gli Hunger Games. La serie televisiva che uscì dopo gli anni 2000 con un grande successo di pubblico diventa realtà. Da fine maggio la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Stati Uniti e Israele, ha avviato consegne limitate di aiuti alla Striscia. Da allora, i palestinesi sono stati costretti a una lotta mortale per assicurarsi un del cibo.
Le storie orribili avvengono nei punti di distribuzione del corridoio di Netzarim dove si immagina vi siano tende, code e ordine (Fonte media Gaza). Ma chi ha osato andarci ha trovato solo caos e morte. La distribuzione degli aiuti avviene in un’area recintata vicino a Salah al-Din Street, vicino al confine orientale di Gaza, in una zona così pericolosa che la gente del posto la chiama il corridoio della morte. È circondata dalla sabbia e sorvegliata da appaltatori militari stranieri. Ci sono carri armati e soldati israeliani di stanza nelle vicinanze.
Non esiste un programma preciso per la consegna degli aiuti. A volte il GHF apre i cancelli alle 4 del mattino, a volte anche più tardi. I palestinesi aspettano a partire dal tramonto della sera prima. Quando finalmente i cancelli si aprono, la folla si riversa dentro. Non ci sono code, né personale, né cartelli. Solo rumore, polvere e paura. In alto, i droni volteggiano come avvoltoi. Poi, una voce da un altoparlante grida: "Quattro minuti! Prendete quello che potete!".
Scatole di cibo vengono lasciate in mezzo alla sabbia, ma non ce ne sono abbastanza. Non sono mai abbastanza. La gente corre verso il mucchio, spingendosi e scavalcandosi a vicenda. Si spingono a vicenda. Spuntano coltelli. Scoppieranno risse. I bambini urlano. Gli uomini cadono. Le donne strisciano nella sabbia. Poche persone sono fortunate e riescono ad afferrare una scatola e a tenerla stretta. Poi iniziano gli spari. Il quadrato di sabbia diventa un campo di sterminio. La gente corre per salvarsi la vita. Molti vengono colpiti. Alcuni riescono a uscire feriti. Altri vengono trasportati da amici, parenti o persino sconosciuti. Altri ancora muoiono dissanguati nella sabbia.
I potenti oggi parlano di cessate il fuoco ma ad oggi per la popolazione non è cambiato niente e l’ombra di un olocausto di massa e il fantasma che entra nella mente del martoriato popolo palestinese .
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